Kusayla, l’Artù berbero

Negli anni ’80 del VII secolo, la provincia imperiale d’Africa, riconquistata da circa un secolo e mezzo, sembrava avere i giorni contati.

Già soggetti a continui moti scissionisti da parte di comandanti dell’esercito imperiale, i territori romani del Nord Africa avevano subito le prime invasioni arabe a partire dal 647-648. L’esarca secessionista Gregorio era stato pesantemente sconfitto e ucciso in battaglia dagli Arabi a Sufetula, a poco più di 200 km da Cartagine, e il territorio della Tripolitania (l’odierna costa libica) era stato ormai irrimediabilmente perduto.

Dopo una battuta di arresto all’invasione di poco più un decennio, per disordini interni al califfato, gli Arabi tornarono finalmente all’offensiva nel 665, sotto le direttive del califfo Muawiyah (colui che, non ancora califfo, aveva riportato una vittoria navale contro i Romani alla battaglia di Phoenicus, ponendo fine al controllo assoluto romano del Mediterraneo).

Approfittando del caos venutosi a creare con la morte di Costante II e delle difficoltà del figlio di questi, Costantino IV, nel mantenere il potere, Muawiyah per primo lanciò un raid in Sicilia nel 669, e inviò il generale Uqba ibn Nafi a proseguire la conquista dell’Africa, estendendo i domini arabi a grossa parte della Bizacena (odierna Tunisia).

Nel 670 Uqba ibn Nafi fondò la città di Kairouan, a circa 180 km a sud di Cartagine, nuova base operativa per l’espansione verso occidente e destinata a diventare un importante centro della futura Ifriqiya araba.

Dopo essere stato scalzato dalla sua posizione, intorno al 675, da Abu al-Muhajir Dinar, che proseguirà l’opera di conquista ma con il quale non avrà mai buoni rapporti, Uqba tornerà a essere l’amir dell’Ifriqiya solo nel 682, deciso più che mai a portare sotto il controllo arabo tutta l’Africa nord-occidentale.

In tutto questo, dalle fonti sembra evincersi solo che i Romani assistettero impotenti all’avanzata araba. Le truppe imperiali rimaste, senza supporti dall’esterno, non avevano la forza per poter affrontare direttamente il nemico, che oltre ad avere eserciti numerosi stava iniziando ad aumentare le sue fila grazie alla conversione di numerose tribù berbere dell’entroterra, che avrebbero dovuto in realtà fungere da supporto ai Romani. In terra d’Africa, all’impero non rimanevano che le città costiere (Cartagine, Hadrumetum, Hippo Regius, Hippo Diarrhytus) e diversi fortilizi dell’interno.

È in questo clima di disfatta e di crollo inevitabile, che emerse un uomo capace per quasi un decennio di riunire Romani e Berberi e di respingere, almeno temporaneamente, l’offensiva araba: Kusayla.

Le origini, il nome, la religione: tre problematiche

Delle origini di Kusayla abbiamo ben poche notizie certe, anche a causa del fatto che le fonti che parlano di lui, redatte tra IX e XIV sec., sono tutte decisamente più tarde rispetto a quando visse il personaggio.

Secondo lo storico di XIV sec. Ibn Khaldun, Kusayla sarebbe stato nativo di Tlemcen, nell’attuale Algeria, mentre fonti precedenti associano il condottiero alla regione del massiccio dell’Aurés, decisamente più a est.

Sempre secondo le fonti arabe medievali, Kusayla non sarebbe stato solo un semplice capotribù. Sebbene infatti fosse a capo della tribù degli Awreba, nella zona di Tlemcen, quest’ultima si trovava in posizione dominante all’interno di una più ampia federazione di tribù berbere.

Visto il legame con la regione dell’Aurés nelle fonti più antiche, secondo alcuni studiosi, Kusayla sarebbe stato nientemeno che l’ultimo sovrano del regno di Altava.

Quando pensiamo alle vicende che coinvolgono i territori degli odierni Marocco e Algeria durante la tarda antichità, siamo abituati a figurarci l’intero Nord Africa occidentale in mano alternativamente all’impero romano, ai Vandali e poi nuovamente sotto l’autorità imperiale, dopo la riconquista giustinianea. La realtà è, naturalmente, più complessa.

Se infatti i Vandali e poi i Romani da Giustiniano in avanti avevano il dominio sull’odierna Tunisia e di alcuni insediamenti costieri di Algeria e Marocco, nell’entroterra i berberi si erano riorganizzati in diversi regni tra loro indipendenti. Durante il VI secolo, questi regni non conducevano politiche unitarie nei confronti dell’impero romano, come si evince dalle vicende della campagna di Giovanni Troglita del 546-48 contro Antalas. Infatti, seppure la coalizione mauro-berbera che combatteva i Romani fosse vasta, vi furono diverse tribù che rimasero neutrali o che si batterono a fianco delle forze imperiali.

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I principali regni berberi e romano-berberi tra V e VI sec. 1. R. di Altava – 2. R. di Ourasenis – 3. R. di Hodna – 4. R. dell’Aurés – 5. R. Nemencha – 6. R. di Capsus – 7. R. della Dorsale – 8. R. di Cabaon

Il nome del condottiero berbero è fonte di ulteriori problemi. Secondo le teorie di alcuni storici, il nome Kusayla sarebbe stata la traslitterazione in berbero del nome latino “Caecilius”, facendo pensare quindi a una origine romana, o romano-berbera, del condottiero.

Per quanto suggestiva, questa ipotesi è tuttavia piuttosto debole. Infatti la struttura consonantica KSL si trova in modo piuttosto diffuso sia nell’onomastica berbera antica che in quella moderna (es. Aksil, Aksel etc.), rendendo quindi il nome di Kusayla ben inquadrabile in un contesto culturale completamente berbero.

Un ultimo aspetto sul quale non si hanno certezze è l’orientamento religioso di Kusayla. Mentre secondo le fonti più tarde si sarebbe convertito, almeno in una prima fase, all’islam, le fonti più antiche lo descrivono senza dubbio come un cristiano.

La guerra contro gli Arabi: la battaglia di Vescera e l’occupazione di Kairouan

A causa delle contraddizioni tra una fonte e l’altra, è decisamente difficile capire esattamente quali furono le azioni di Kusayla che portarono alle prime vittorie contro gli Arabi.

Il resoconto delle fonti più tarde è piuttosto dettagliato ma, sebbene contenga senz’altro anche informazioni veritiere, vista la sua distanza cronologica con gli eventi va preso con estrema cautela.

Secondo Ibn Khaldun e Ibn Idhari, che scrivono nel XIV sec., Kusayla circa nel 678 si convertì all’islam grazie a un incontro amichevole con Abu al-Muhajir Dinar, con il quale avrebbe avuto da lì in poi un ottimo rapporto. Sotto Abu al-Muhajir Dinar, durante le campagne di conquista verso occidente, il condottiero berbero avrebbe anche militato con le sue truppe.

Le cose sarebbero poi peggiorate con il ritorno come amir di Uqba ibn Nafi, che non solo avrebbe trattato con eccessiva durezza Kusayla e i suoi uomini, ma addirittura secondo altre fonti (Ibn al-Athir e Al-Nowairi, rispettivamente di XIII e XIV sec.), durante una campagna nel Maghreb tra 682 e 683, avrebbe fatto sfilare in catene il capo berbero, trattandolo alla guisa di un trofeo vivente. Questo oltraggio avrebbe naturalmente fatto scattare in Kusayla il desiderio di vendetta.

Il racconto fornitoci dalle fonti più tarde è di sicuro affascinante e suggestivo, ma sembra piuttosto improbabile, sicuramente per quanto riguarda il trattamento personale di Kusayla. Se infatti il capo berbero era già alleato degli Arabi, non si capisce perché Uqba avrebbe dovuto trattarlo come un prigioniero di guerra.

Le fonti più antiche, di IX secolo, ci forniscono un quadro più semplice e quasi sicuramente ben più veritiero. Come già accennato, Kusayla sarebbe infatti stato un cristiano, e soprattutto non avrebbe avuto alcun rapporto, se non direttamente sul campo di battaglia, né con Abu al-Muhajir Dinar, né con Uqba ibn Nafi.

Che sia stato per un improbabile desiderio di vendetta o più semplicemente per tentare di porre un freno alla inarrestabile avanzata araba, le notizie certe a noi note sulle azioni di Kusayla partono proprio dalla fine della campagna di Uqba ibn Nafi del 682-683.

Secondo almeno una delle fonti tarde, Uqba avrebbe smobilitato gran parte delle sue truppe alla fine della campagna, rimanendo solo con un piccolo contingente di trecento uomini. Non è possibile stabilire la veridicità della fonte, ma pare ad ogni modo che le forze che accompagnavano Uqba fossero in inferiorità numerica rispetto alle truppe che Kusayla aveva radunato.

Kusayla aveva riunito sotto il suo stendardo una forza di 5000 uomini, non solo berberi ma anche parte di quanto restava delle truppe romane sul territorio (dobbiamo supporre in accordo con l’esarca di Cartagine in carica), dato sul quale tutte le fonti sono d’accordo, e preparò un’imboscata alle forze di Uqba sulla via del ritorno verso Kairouan.

Il condottiero della coalizione romano-berbera fece scattare la sua imboscata a Thabudeos, vicino alla città di Vescera (odierna Biskra). Non sappiamo quale fu l’esatto andamento dello scontro, se non che per Kusayla fu un completo successo, con l’annientamento del corpo di spedizione arabo e alla morte dello stesso Uqba ibn Nafi.

La battaglia di Vescera fu un successo tale da bloccare ed espellere gli Arabi dal Maghreb e dalla Bizacena per quasi un decennio. Dopo la vittoria, Kusayla marciò su Kairouan, facendone de facto, secondo le fonti tarde, la sua capitale (o almeno la sua base operativa).

È difficile capire davvero quali fossero i rapporti tra Kusayla e l’esarca di Cartagine. Certamente alleati, la supremazia militare e nel controllo territoriale si può affermare con pochi dubbi che fossero nelle mani del condottiero berbero.

La morte di Kusayla: la battaglia di Mammas

La vittoria di Vescera non sancì naturalmente la fine delle mire espansionistiche del califfato. Una nuova spedizione, guidata da Zuhair bin Qais Al Balawi, fu inviata in Bizacena nel 688 per riconquistare l’Ifriqiya e porre fine alla questione berbera.

Le notizie sulla spedizione araba e sullo svolgimento della campagna sono fumose, per cui anche in questo caso sappiamo molto poco.

Molto probabilmente Kusayla decise di prendere una posizione difensiva presso il massiccio dell’Aurés mentre gli Arabi posero il campo presso Kairouan (evidentemente riconquistata). Si può supporre che i romano-berberi, vista la decisione di Kusayla, si trovassero in inferiorità numerica.

Infine, in un momento non chiaro tra 688 e 690, si giunse allo scontro tra le forze di Kusayla e quelle arabe nella valle di Mammas, a est di Thamugadi (odierna Timgad).

Come per Vescera, non sappiamo nulla dello svolgimento dello scontro, se non che per la coalizione romano-berbera fu un totale disastro. Kusayla stesso, infatti, rimase ucciso in battaglia.

Nonostante lo sbarco, ormai tardivo, di truppe imperiali che inflissero una sconfitta agli Arabi e uccisero lo stesso Zuhair, ormai il completamento della conquista dell’Africa romana era solo questione di tempo.

Nel 693 un’imponente spedizione araba di 40.000 uomini fu inviata in Africa, per porre fine in modo definitivo alla presenza romana: la Bizacena fu definitivamente conquistata, un altro esercito romano-berbero sconfitto e, nel 698, Cartagine fu finalmente occupata dai conquistatori.

La resistenza berbera, però, era ben lungi dall’essere piegata. Pochi anni dopo la morte di Kusayla, i berberi si riunirono infatti sotto una figura che, agli inizi dell’VIII secolo, seppe ancora tenere testa agli Arabi per alcuni anni: la leggendaria regina Kahina.

Bibliografia selezionata

Diehl C., “L’Afrique byzantine”, Paris 1896.

Camps G., “Rex gentium Maurorum et Romanorum. Recherches sur les royaumes de Maurétanie de VIe et VIIe siècle”, in “Antiquités africaines”, 20, pp. 183-218.

Modéran Y., “Koceila”, Encyclopédie berbère, nos 28-29 “Kirtēsii – Lutte”.