5 giochi dell’antica Roma

Oltre a costituire una fonte di svago, per i Romani il gioco aveva un forte valore educativo, sin dall’infanzia. Grazie ad esso, infatti, si imparava a interagire ed entrare nella società del tempo e a rispettare le regole.

I Romani ci hanno lasciato testimonianza, diretta e indiretta, di una grande varietà di giocattoli e giochi da tavolo: vediamone alcuni.

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Pupae: i giocattoli delle bambine

I bambini si divertivano con giochi adatti alla loro età, tra cui giocattoli (tra i quali figurine antenate dei nostri “soldatini”, animaletti con ruote, etc.).
Di sicuro, il giocattolo preferito dalle bambine era la bambola, o pupa. Queste antenate dell’odierna Barbie potevano essere realizzate in diversi materiali, a seconda della disponibilità economica e ceto sociale.

Le pupae rappresentavano sempre donne in età adulta, nude (anatomicamente dettagliate, e con acconciature alla moda), e disponevano dei più svariati accessori: vestiti, gioielli, lettini, stoviglie, sedie, ecc.
Gli esemplari più comuni avevano il tronco e la testa fissi, mentre gli arti superiori e inferiori erano snodabili, permettendo di poter mimare i gesti ed i movimenti reali.

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Ph. Martina Cammerata Photography

La pupa più famosa, di sicuro, è quella di “Crepereia Tryphaena”, realizzata in avorio, e risalente al II secolo d.C. Questa bambola di straordinaria fattura è stata rinvenuta in un sarcofago romano, assieme al un corredino, che comprendeva abiti, due pettini in avorio, piccoli specchi in argento, e gioielli (tra cui anche orecchini, come dimostrano anche i fori sui lobi). Al pollice della mano destra aveva un anellino con una piccola chiave, che forse era appunta destinata ad aprire il cofanetto del corredino, anch’esso con inserti in avorio. L’acconciatura della bambola, che probabilmente aveva i capelli biondi (colore amato tra le Romane), era identica a quella di Faustina Minore.
La presenza di questo manufatto infantile all’interno di un sarcofago, ci fa capire che la giovane è morta in tenera età, prima di contrarre matrimonio (cosa che spesso accadeva, per i ceti elevati, attorno ai 12 anni d’età, anche se, in questo caso, la ragazza ne aveva 18).
Il sarcofago, semplice ed elegante, fu rivenuto nel Maggio del 1889, mentre si svolgevano i lavori del palazzo di Giustizia, a Roma. Fatto curioso è che, all’apertura del sarcofago, gli studiosi pensarono che la fanciulla avesse ancora dei folti capelli lunghi, che si rivelarono essere in realtà delle alghe.

Duodecim scripta

Questo gioco faceva parte della categoria delle tabulae lusoriae (ovvero, i giochi da tavolo), ed era adatto sia ai bambini che agli adulti.
Questo era costituito da una tavola, sulla quale vi erano scritte due parole, ognuna composta da sei caratteri, disposte su tre righe, per un totale di trentasei lettere.
Per giocare, si necessitava di tre dadi e trenta pedine (quindici bianche e quindici nere). Ogni casella poteva contenere più di una pedina.
Il giocatore poteva muovere più di una pedina per turno, in base al risultato dei dadi.
Vinceva chi faceva uscire per primo dalla tavola da gioco le proprie pedine, seguendo un certo percorso.

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Ph. Martina Cammerata Photography

Navia et capita

È l’antenato del nostro “testa o croce”, nel quale si doveva lanciare una moneta, ed indovinare da quale parte cadeva.
Sembra che questo gioco prendesse nome dalle monete emesse a partire dalla Prima Guerra Punica, su cui da un lato vi era la testa della divinità (es. Giano o Roma), e sull’altro una nave: fu proprio in quel periodo, infatti, che i Romani misero in campo per la prima volta una flotta militare.

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Fonte: https://www.cointalk.com/threads/ancients-the-evolution-of-roman-coinage-aes-grave.251602/, immagine modificata.

Latrunculi

Il gioco dei latrunculi, o ludus latrunculorum, era molto popolare tra i Romani, tanto da esser insegnato nelle scuole, e praticato anche tra i legionari.
Il gioco sembra molto simile all’odierna dama. Ha una scacchiera, che però può variare per numero delle caselle a seconda della grandezza della superficie a disposizione. Le caselle, inoltre, possono essere tutte delle stesso colore. Le pedine, invece, si possono spostare solo in linea retta, in tutte le direzioni, per un numero di caselle a scelta. ( Ovidio ci ricorda che le pedine possono anche retrocedere).

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Si tratta di un gioco di strategia il cui scopo è quello di circondare le pedine avversarie, per poterle catturare. Il giocatore che riesce a “mangiare” più pezzi, vince la partita.
Come gran parte dei giochi del mondo antico, è difficile rintracciare delle regole, considerato che non si hanno delle fonti scritte precise a riguardo, ma solo delle vaghe citazioni.
Ad esempio, racconta Seneca che lo storico Giulio Cano, giocatore di altissimo livello, era stato imprigionato e condannato a morte dall’imperatore Caligola e che, per passare il tempo in cella, giocasse spesso ai latrunculi. Un giorno, un centurione andò a prelevarlo per condurlo al patibolo, ma il suo ultimo pensiero fu solo per la partita: Giulio Cano fece infatti promettere all’avversario di non mentire e barare, e nominò il centurione testimone della partita, che stava per vincere!

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Ph. Martina Cammerata Photography

Astragali

Col termine “astragalo” si indica l’osso del piede sotto il piedistallo tibiale nella zona malleolare.
Nell’antichità, questi ossi (di capre o montoni, a volte di maiale, ma potevano anche essere riprodotti artificialmente con altri materiali) erano usati, analogamente ai dadi, come gioco.
La tradizione fa derivare questa usanza dai Lidi. Di sicuro è davvero molto antico, e se ne hanno testimonianze, in area ellenica, già dal IX – VIII secolo a.C.
In epoca classica, questo gioco si diffuse anche a Roma.
Con gli astragali si potevano fare cinque diversi tipi di giochi:
1. Pari e Dispari, che consisteva semplicemente nell’indovinare il numero.
2. Il Cerchio, nel quale i giocatori erano posti a una distanza convenuta da un cerchio disegnato, sul quale ognuno doveva scagliare i suoi astragali, spostando quelli avversari.
3. La Fossetta, che consisteva solo nel gettare gli ossi in un buco.
4. Le Cinque Pietre, prediletto dalle donne, e comune ancora oggi in Grecia e Francia, consisteva nel gettare astragali per aria, riprendendoli sul dorso della mano destra.
5. Il Gioco Originario; purtroppo, di questo ancora non sappiamo bene le regole, ma, sicuramente, ad ogni faccia era dato un valore, e si giocava con quattro astragali. Il peggior colpo (quattro 1) era detto “cane”, mentre il migliore, ovvero quattro facce di differente valore (1, 3, 4, 6) era detto di “Venere”.
Quest’osso aveva anche una funzione apotropaica, e ciò spiegherebbe il perché molti di quelli rinvenuti avessero delle cavità (forse venivano portati come ciondoli).
Inoltre erano usati anche per la divinazione, almeno fino al periodo altoimperiale. Detta la preghiera, si iniziava il gioco dinnanzi all’idolo della divinità.

astragali[1]
Fonte: https://www.laceramicaantica.org/

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