Recensione: “The War of the Three Gods”, di Peter Crawford

Titolo: “The War of the Three Gods. Romans, Persians and the Rise of Islam”

Autore: Peter Crawford

Anno di pubblicazione: 2013

Editore: Pen & Sword Military

Un saggio incalzante, avvincente ed emozionante, che potrebbe tranquillamente essere intitolato “La fine del mondo antico”.

The War of the Three Gods è una lunga cavalcata dall’inizio del VII secolo alla metà dell’VIII, che vi trasporterà, con un ritmo che vi terrà incollati alla pagina, nel bel mezzo dell’ultima guerra romano-persiana, nella nascita e nella straordinaria espansione dell’Islam, nella nascita di un mondo totalmente nuovo e diverso rispetto a prima.

Non fatevi ingannare dal titolo: di religione si parla davvero poco in questo saggio. Ma è stata una scelta più che azzeccata devo dire, poiché ha attirato subito la mia attenzione e mi ha fatto scoprire questo saggio fenomenale.

Il saggio di Peter Crawford è prima di tutto un saggio storico, e di Storia militare. La maggior parte dell’attenzione e del dettaglio è focalizzata sul VII secolo, in particolare sulla prima metà: il periodo che vide davvero la fine del mondo antico.

Protagonisti di questa fine: l’impero romano, l’impero persiano sasanide e il neonato califfato islamico.

Dopo una breve introduzione che tratta sinteticamente impero romano e sasanide (tanto i loro secolari rapporti quanto la loro organizzazione), si entra nel vivo. Un buon terzo del testo è occupato dalla narrazione avvincente dell’ultima guerra romano-persiana (602-628), la cui portata e magnitudo furono ben al di là di qualunque altro precedente conflitto tra le due potenze.

L’impero romano prossimo davvero al suo completo annientamento, la riscossa e l’audace piano dell’imperatore Eraclio, il fallito assedio àvaro e persiano di Costantinopoli, la marcia di Eraclio fin nel cuore dell’impero persiano, la vittoria finale romana.

Senza lesinare in dettagli e in dubbi posti alle fonti, per la prima parte del libro Crawford ci trasporta egregiamente in quel conflitto che i due grandi imperi dovettero davvero considerare come uno scontro epocale, che avrebbe per sempre trasformato il loro mondo.

Completamente ignari che il mondo nuovo che si apriva non era destinato a loro, ma alla nuova potenza emergente che avrebbe stravolto tutto il mondo antico: l’Islam, sotto la cui insegna gli eserciti del neonato califfato avrebbero conquistato in poco più di cento anni un territorio per un’estensione che i Romani non avevano conquistato in secoli.

In due brevi capitoli Crawford delinea la Storia della nascita dell’Islam e della conquista musulmana dell’Arabia, per poi passare ad analizzare l’organizzazione sociale e militare del nuovo califfato, fin dove le fonti lo consentano.
Dopodiché, inizia la narrazione, se possibile a ritmo ancora più incalzante e rapido, dell’incredibile espansione araba iniziata nel 633.

Crawford è molto accorto nelle sue riflessioni su come gli Arabi abbiano avuto un tale successo contro i due enormi imperi.
Il fatto che impero romano e sasanide fossero stremati dalla devastante guerra da poco conclusa fu certo un fattore importante, ma non basta a spiegare come nessuna delle due potenze sia stata in grado di contenere gli Arabi.

Oltre a un fattore di fortuna da parte dei musulmani, che si ritrovarono ad avere tra le loro fila tra le più fini menti tattiche del loro tempo (ci torneremo a breve), Crawford trova determinante anche un aspetto che solitamente non viene tenuto in considerazione.
Visti i secolari rapporti di Romani e Sasanidi con i loro vicini e a volte vassalli arabi, in una prima fase entrambe le potenze non guardarono forse con eccessiva preoccupazione alla nuova minaccia, considerandola l’usuale incursione in grande scala che, una volta ottenuto bottino, se ne sarebbe andata.

Quando Romani e Persiani si resero conto che si trattava di una vera e propria invasione, era ormai tardi – anche se ciò non dovrebbe sminuire le vittorie degli Arabi nei confronti di avversari che, in generale, sarebbero dovuti essere molto più preparati e organizzati di loro.

Sarà inoltre facile criticare, col senno di poi, che entrambi gli imperi non si fecero trovare militarmente preparati ai nuovi invasori. Ma, come anche Crawford fa notare, entrambe le potenze erano più impegnate a rimettere insieme i pezzi e a ricostruire, dopo una guerra ventennale, e soprattutto l’emergere della nuova potenza musulmana era assolutamente imprevedibile.

Un altro buon terzo del libro è dedicato alla prima, incredibile e devastante fase di espansione araba tra Levante, Mesopotamia, Egitto, Iran. Anche qui Crawford non tralascia nulla, e soprattutto dà lo stesso peso tanto alla guerra con i Romani, tanto a quella con i Persiani.

Un intero capitolo è dedicato all’anno 636.
Chi conosce un po’ il periodo, ricollegherà sicuramente l’anno con la battaglia di Yarmuk. Ma il 636 fu anche l’anno di una battaglia altrettanto decisiva per l’esito futuro della conquista della Persia: la battaglia di Qadisiya.
Crawford dedica lunghe descrizioni, giorno per giorno, delle due battaglie: Yarmuk durò sei giorni, mentre Qadisiya quattro, ed entrambe furono vittorie arabe schiaccianti, nonostante siano state aspramente combattute.

Almeno per me, questo capitolo dedicato al 636 è il più affascinante e bello del libro.

Così come altrettanto affascinante è la figura di Khalid ibn al-Walid, la “Spada dell’Islam”: condottiero imbattuto, uno dei più grandi comandanti militari e di cavalleria della Storia, in ultima analisi il vero fautore della vittoria araba a Yarmuk. Una figura che ci accompagna in gran parte delle pagine di questa parte del libro e alla quale, se siete appassionati di Storia militare, non potrete non appassionarvi.

L’ultima parte del libro, nel quale il ritmo comprensibilmente rallenta, vede il riassestamento dell’impero romano e della definizione del nuovo confine romano-arabo sui monti del Tauro, la lenta e definitiva scomparsa dell’impero sasanide (i cui ultimi regnanti de iure vivranno da protetti e da vassalli alla corte imperiale cinese), e le ulteriori conquiste arabe fino alla metà dell’VIII secolo.

Leggi anche La battaglia di Phoenicus (655): gli Arabi invadono il Mediterraneo. e Kusayla, l’Artù berbero

Ma già con la metà del VII secolo, leggendo il libro si ha davvero la sensazione del repentino e brusco cambiamento del mondo appena avvenuto. Come detto in principio, la fine del mondo antico, e l’inizio di un mondo nuovo.

Una nota finale: il libro è pieno di mappe, dedicate tanto alle campagne militari che alle singole battaglie. Un aiuto fondamentale (e una gioia per gli occhi) nel comprendere appieno le dinamiche e gli eventi raccontati nel libro.

Io ho letto questo libro tutto d’un fiato in pochi giorni, e credo che anche voi non potrete che fare lo stesso.

Un eccellente saggio di un periodo fondamentale della Storia non solo romana, ma del mondo, che non può assolutamente mancare nella vostra libreria.

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