La Spada spezzata. La morte di Marco Claudio Marcello (209 a.C.)

209 a.C.
La Seconda Guerra Punica si trascina da nove anni.

Marco Claudio Marcello ormai ha passato i sessant’anni.
La “Spada di Roma” è uno dei pochi comandanti romani in grado di tenere efficacemente testa ad Annibale.

Nel nono anno di guerra, come console, si trova tra Venusia e Bantia. Senza entrare in conflitto diretto con il condottiero punico, lo sta tormentando con veloci attacchi e ritirate.

Annibale risponde per le rime, organizzando un’imboscata e uccidendo 2500 uomini di Marcello.

A questo atto, la Spada di Roma decide irruentemente di reagire, avvicinandosi ad Annibale per affrontarlo.

Nota un’altura, non ancora occupata dai Cartaginesi. Un luogo perfetto dove accamparsi.

Nonostante gli auspici sfavorevoli ricevuti da poco, decide di andare personalmente in perlustrazione con il collega Crispino, il figlio e 220 cavalieri.

Urla dai boschi circostanti. Cavalieri numidi iniziano a sciamare intorno a Marcello da ogni parte.

A metà strada tra il loro campo e il colle, in campo aperto, il piccolo contingente di cavalieri è stato scorto da una vedetta punica…che ha avvisato i guerrieri nascosti tra i boschi dell’altura.

Circondati, chiusi alle spalle, l’altura è irraggiungibile…
Pur non essendo stata progettata per lui, Marcello è caduto in trappola.

Gran parte dei cavalieri di Marcello, italici, fugge…tranne quaranta uomini da Fregellae, che resistono e combattono insieme ai consoli.

Anche loro però alla fine fuggono, quando vedono una lancia piantata nel corpo di Marcello.
Il console, ferito a morte, crolla a terra.

I cavalieri di Fregellae sopravvissuti riescono a recuperare il figlio di Marcello, ferito, e a raggiungere l’accampamento.

Anche Crispino giace morto sul campo.
Un colpo terribile per Roma: mai due consoli erano stati uccisi nello stesso momento in azione.

Non è chiaro cosa viene fatto delle spoglie della Spada di Roma.
La maggior parte delle fonti dicono che Annibale, senza gioire per la morte del condottiero, avrebbe dato degne esequie al suo avversario, consegnandone poi le ceneri al figlio.

La morte di Marcello viene sì pianta a Roma…ma anche molto criticata.

Le fonti antiche insistono infatti sulla mancanza di prudenza dimostrata da Marcello in questa occasione, a fronte dell’esperienza maturata fino ad allora.

Nella smania di voler affrontare Annibale, aveva rinunciato alla strategia vincente, sia era lanciato all’inseguimento e aveva portato alla rovina sé stesso, il console suo collega e “quasi tutta la Repubblica”, come dice Tito Livio.

Polibio, uno dei grandi storici della Seconda Guerra Punica, è forse il più duro di tutti:
“Così cadde Marco Marcello, per un atto di sconsideratezza indegno di un generale”.

Fonti

Polibio, Storie

Tito Livio, Ab Urbe Condita


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