Quando parliamo di eserciti romani e battaglie, siamo automaticamente abituati a pensare solamente ai legionari – i soldati con la piena cittadinanza.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che, in egual numero e non con meno valore, vi furono moltissimi non Romani che diedero il sangue e la vita per Roma: ausiliari e alleati.
Tra questi, uno di quelli colpevolmente forse meno ricordato è Cariovaldo, comandante dei Batavi alla battaglia di Idistaviso.
Il giorno prima della battaglia di Idistaviso, l’esercito romano e quello di Arminio sono schierati sulle due rive opposte del fiume Visurgis (l’odierno Weser).
Qui, ha luogo il celebre scambio tra Arminio e suo fratello Flavo, rimasto fedele a Roma.
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Germanico, comandante dell’esercito romano, sa bene che attraversare il fiume senza prendere le necessarie misure sarebbe oltremodo rischioso per i suoi uomini.
Come da prassi, andranno costruiti dei ponti mobili per facilitare l’attraversamento e, una volta raggiunta l’altra sponda, ogni ponte dovrà essere provvisto di un avamposto, a difesa del ponte stesso e delle truppe che lo attraversano.
Bisogna trovare i punti migliori dove attraversare.
Un’operazione rischiosa, in piena vista del nemico, che Germanico affida alla sua cavalleria (composta da ausiliari e alleati).
Questa si divide in tre colonne.
Due sono guidate rispettivamente da Stertinio e da un centurione primipilo di nome Emilio, che attraversano il Visurgis in due guadi molto distanti tra loro, per cercare di dividere le forze nemiche.
La terza colonna è quella dei cavalieri batavi di Cariovaldo, che attraversa “là dove è più violenta la corrente”, come ricorda Tacito – l’attraversamento dei fiume in questo modo resterà sempre una delle peculiari specializzazioni dei Batavi all’interno dell’esercito romano.
Alla vista delle truppe di Cariovaldo, i Cherusci si ritirano, sembrano fuggire.
I Batavi, presi forse da troppo entusiasmo, inseguono i nemici…ma è una trappola.
I Cherusci conducono i Batavi in una radura, dopodiché li assalgono sbucando dal fitto della foresta.
I cavalieri batavi si chiudono a cerchio (dalla descrizione di Tacito, rimanendo in sella) e si difendono tenacemente, cercando intanto di ritirarsi. Le perdite, provocate da cariche e giavellotti dei Cherusci, sono molto pesanti.
Cariovaldo, che “regge a lungo la furia nemica”, deve mettere in salvo i suoi uomini: “esorta i suoi a sfondare, in gruppi serrati, le schiere che li investono.”
Nella mischia che segue questa tattica, il cavallo di Cariovaldo viene abbattuto, trafitto al ventre.
Il capo dei Batavi si rialza e continua a combattere, ma viene subito investito dai giavellotti cherusci e, infine, cade – “e attorno a lui cadevano molti nobili”, ricorda Tacito.
Una fonte molto evidente di come il servizio tra alleati e ausiliari di cavalleria, specie all’inizio, coinvolgesse specialmente le élite dei popoli amici o sudditi di Roma.
Combattendo valorosamente, il resto dei Batavi riesce infine a rompere il blocco e a salvarsi, mentre arriva finalmente in soccorso anche la cavalleria di Stertinio ed Emilio.
Per i Batavi è un duro colpo, ma il loro sforzo non è stato vano.
Grazie al sacrificio dei loro alleati, che hanno involontariamente distratto il nemico, ora tutto l’esercito romano può approntare i ponti e attraversare il fiume.
I Batavi vendicheranno i loro compagni nelle battaglie dei due giorni successivi – la battaglia di Idistaviso e la battaglia del Vallo Angrivariano.
[Leggi anche La battaglia del Vallo Angrivariano (16 d.C.). L’ultima battaglia tra Germanico e Arminio]
Bibliografia essenziale
Tacito, Annales
U. Roberto 2018, Il nemico indomabile. Roma contro i Germani
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