Quando si parla delle guardie degli imperatori romani attraverso i secoli, usualmente i primi esempi che vengono in mente sono quelli dei pretoriani e della cosiddetta guardia variaga – entrambi corpi di cui abbiamo parlato, in modo più o meno esteso, in altre occasioni.
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Tuttavia, ai più la situazione dei secoli tra la tarda antichità e alto medioevo è spesso poco chiara, se non sconosciuta.
Dell’alto medioevo e dei tagmata imperiali ci occuperemo in un futuro articolo breve, ma è impossibile comprendere questi corpi, fondati a partire dall’VIII secolo, senza prima sapere chi fossero i vari corpi della guardia imperiale nei secoli tra il IV e il VII.

Un lungo periodo che parte dalla sostituzione dei pretoriani nel 312, dopo tre secoli di servizio e la vittoria di Costantino a Ponte Milvio, e nel quale si assiste alla nascita di nuovi tipi e ruoli delle guardie imperiali, dei “prediletti dell’imperatore”.
Dobbiamo tuttavia partire da un periodo leggermente anteriore, nel bel mezzo della crisi del III secolo e delle riforme militari degli imperatori da Gallieno (260-268) in avanti.
I protectores
Per parlare delle guardie imperiali della tarda antichità, dobbiamo prima di tutto parlare dei protectores. Tra i corpi di guardie imperiali che vedremo nel corso dell’articolo (se di guardie si può parlare), sono infatti forse i più complessi da analizzare.
I protectores compaiono per la prima volta nel III sec., e non sono classificabili come guardie imperiali.
Infatti quello di protector è prima di tutto un rango, un’onorificenza concessa dall’imperatore a ufficiali e sottoufficiali, dal rango di centurione in su, che indica piuttosto la vicinanza e lo stretto contatto con l’imperatore e il suo stato maggiore (quando non ne fanno direttamente parte).

Essere un protector, nel corso del III secolo, è usualmente il primo gradino di una carriera militare che può poi portare, per esempio, al comando di una legione, o addirittura a destini ancora più alti: anche Massimino Daia e Costanzo Cloro, per esempio, sono protectores nel corso della loro carriera, così come lo sarà Valentiniano I.
Con il passaggio al IV secolo, il ruolo dei protectores resta di altissimo livello, ma si arricchisce di nuovi livelli di complessità.
In molti casi, i protectores possono essere assegnati, singolarmente o in piccoli gruppi, a incarichi speciali anche molto lontani dalla corte imperiale. Tra questi, che si ritrovano per esempio anche nel Codice Teodosiano: controllo dei porti, repressione del contrabbando, caccia a renitenti e disertori, controllo di traffici e commerci, scorta personaggi di rilievo o ambascerie straniere.
Tuttavia, proprio nel IV secolo, forse per via di questo sempre più ampio ventaglio di incarichi, si viene a creare un gruppo ancora più ristretto di questi protectores: i protectores domestici.
Questi ultimi non perdono le prerogative dei “normali” protectores, essendo infatti spesso destinati a incarichi di alto profilo e a fungere da comandanti di unità, ove necessario, in qualità di ufficiali esperti e capaci, scelti direttamente dall’imperatore.
Uno dei protectores domestici più famosi è certamente il grande storico del IV secolo Ammiano Marcellino.
Tra IV e V secolo, i protectores domestici sembrano poi venire organizzati anche in unità vere e proprie: questo è probabilmente attestato non solo dalla figura del comes domesticorum, il comandante dei protectores, ma anche dalla divisione in domestici equites e domestici pedites – rispettivamente, come dicono i nomi, cavalleria e fanteria.
Di questi domestici equites e domestici pedites, che esistono sia per l’imperatore in Oriente che quello in Occidente, abbiamo anche gli emblemi degli scudi, riportati nella Notitia Dignitatum – segno forse ancora più evidente della loro organizzazione, forse, anche come una sorta di unità militari vere e proprie.
Nonostante questa organizzazione, sembra tuttavia ancora maggiormente corretto indicarli, piuttosto che come guardie imperiali vere e proprie (anche se arrivano ad avere probabilmente anche questa funzione), come uomini di fiducia scelti dall’imperatore, destinati anche a grandi onori vicino al sovrano.
Un protector, per esempio, poteva infatti aspirare, tra le altre cose, a divenire praepositum labarum, ovvero a portare in battaglia il vessillo dell’imperatore, rappresentante usualmente il cristogramma.

Troviamo le ultime tracce dei protectores domestici nel VI secolo, menzionati da Procopio di Cesarea – indicati, in lingua greca, come domestikoi te kai protiktores. Di questi, una parte è di stanza fissa a Costantinopoli (i domestici praesentales), mentre il resto in altre località.
Superiori in rango e trattamento alle scholae, delle quali parleremo nel successivo capitolo, gli ultimi protectores, secondo lo storico giustinianeo, sono ridotti a elementi da parata, senza un’effettiva operatività sul campo come nel IV secolo – e tanto che una delle prerogative di questi nuovi protectores, il cui ingresso in questa cerchia è spesso stato comprato, è l’esenzione dal servizio militare.
Le scholae palatinae. Le nuove guardie imperiali
Dopo la vittoria alla battaglia di Ponte Milvio del 312, Costantino scioglie i corpi della guardia pretoriana e degli 𝘦𝘲𝘶𝘪𝘵𝘦𝘴 𝘴𝘪𝘯𝘨𝘶𝘭𝘢𝘳𝘦𝘴 𝘈𝘶𝘨𝘶𝘴𝘵𝘪, che hanno combattuto per Massenzio – anche se alcuni indizi fanno supporre che almeno i soldati migliori di questi reparti siano stati mantenuti in attività, seppur in altri corpi.
Tuttavia, Costantino ha comunque bisogno di una nuova guardia imperiale, che gli sia fedele.
Il nucleo di questa nuova guardia imperiale, interamente a cavallo, è probabilmente da identificarsi con la guardia personale di Costantino.
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Nascono così i reggimenti delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 𝘱𝘢𝘭𝘢𝘵𝘪𝘯𝘢𝘦, forti probabilmente di circa 500 uomini l’una. Dalla Notitia Dignitatum, composta a cavallo tra fine IV e inizi V secolo, troviamo cinque 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 per l’imperatore in Occidente e sette per quello in Oriente.
Le 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 𝘱𝘢𝘭𝘢𝘵𝘪𝘯𝘢𝘦 non rientrano sotto il comando di nessuno dei 𝘮𝘢𝘨𝘪𝘴𝘵𝘳𝘪 𝘮𝘪𝘭𝘪𝘵𝘶𝘮, ma ricadono sotto le competenze del 𝘮𝘢𝘨𝘪𝘴𝘵𝘦𝘳 𝘰𝘧𝘧𝘪𝘤𝘪𝘰𝘳𝘶𝘮, una carica ai vertici delle gerarchie burocratiche imperiali ma slegata da ruoli militari.

Le scholae palatinae dovevano avere un armamento pesante piuttosto simile a questo.
Illustrazione di Christa Hook.
I nomi delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 attestate nella Notitia Dignitatum spesso permettono di capire quali fossero alcune delle specializzazioni di queste unità: per la parte orientale troviamo infatti una 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢 𝘴𝘢𝘨𝘪𝘵𝘵𝘢𝘳𝘪𝘰𝘳𝘶𝘮 e una 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢 𝘤𝘭𝘪𝘣𝘢𝘯𝘢𝘳𝘪𝘰𝘳𝘶𝘮, mentre per quasi tutte le unità troviamo epiteti come 𝘢𝘳𝘮𝘢𝘵𝘶𝘳𝘢𝘳𝘶𝘮 e 𝘴𝘤𝘶𝘵𝘢𝘳𝘪𝘰𝘳𝘶𝘮, che pur rimandando ad alcuni armamenti in realtà potrebbero non essere legati a questi ma, per esempio, a specifici addestramenti individuali, come l’armatura.
[Leggi anche La scherma dei Romani (VIII sec. a.C. – XV sec.). (II) Gli strumenti e l’addestramento individuale]
Troviamo inoltre anche delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 𝘨𝘦𝘯𝘵𝘪𝘭𝘪𝘶𝘮, composte, come dice il nome, prevalentemente da elementi barbarici (𝘨𝘦𝘯𝘵𝘪𝘭𝘦𝘴, 𝘭𝘢𝘦𝘵𝘪, 𝘥𝘦𝘥𝘪𝘵𝘪𝘤𝘪𝘪). Del resto, in realtà la componente germanica delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 in genere deve essere stata piuttosto elevata, come si evince dai nomi di diversi tribuni di queste unità nelle fonti.
In particolare, gli elementi germanici delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 sembrano provenire più che altro dai Germani del Reno, come Franchi e Alamanni – questo almeno per l’Occidente.
Secondo alcune fonti antiche, col passare del tempo l’importanza e l’effettiva efficienza delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 𝘱𝘢𝘭𝘢𝘵𝘪𝘯𝘢𝘦 sembrano scemare.
Secondo Procopio di Cesarea e Agazia Scolastico, al tempo di Giustiniano entrare nelle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 è un privilegio che si può ottenere pagando, e gli 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘳𝘦𝘴 si sarebbero trasformati in “civili in splendide uniformi” – il loro ruolo effettivo di guardia imperiale verrebbe preso dal più piccolo corpo degli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴, che tratteremo più avanti.
Anzi, Giustiniano in almeno un’occasione sarebbe riuscito a ottenere denaro dai facoltosi membri delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 minacciandoli di mandarli in guerra.
Tuttavia, sia quelle di Procopio che di Agazia, due storici non esattamente favorevoli all’imperatore, pur contenendo qualche verità, potrebbero essere esagerazioni, come suggeriscono alcune prove indirette.
Nell’Italia esarcale del VI-VII secolo, si trovano per esempio alcune attestazioni epigrafiche di soldati appartenenti alle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦. Secondo studiosi come il prof. Ravegnani, potrebbe trattarsi di parte di quelle truppe mandate da Tiberio II in Italia alla fine del VI secolo, prese da quei soldati “che aveva a disposizione” – e se non fossero state una forza combattente, ciò avrebbe poco senso.
[Leggi anche Baduario e la campagna contro i Longobardi (576)]
Inoltre, con la riforma dell’esercito e l’istituzione dei tagmata imperiali nel corso dell’VIII secolo da parte di Costantino V, uno dei tagma è proprio quello delle 𝘚𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘪, creato a partire dai componenti delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 𝘱𝘢𝘭𝘢𝘵𝘪𝘯𝘢𝘦, che da quanto si può ricostruire ancora esistono in questo periodo.
Anche se ciò non esclude un loro ruolo quasi esclusivamente da cerimonia nei secoli tra V e VIII, sembra difficile credere, viste le evidenze, che tale corpo non sia rimasto una realtà combattente, almeno in potenza, per ben tre secoli.
Anche se lo sappiamo da fonti più tarde, è molto probabile che dalle truppe delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 𝘱𝘢𝘭𝘢𝘵𝘪𝘯𝘢𝘦 vengano selezionati anche i 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪, in numero di quaranta, che vanno a formare una guardia imperiale ancora più vicina all’imperatore, sia nella vita di corte che sul campo di battaglia – quelli di Valente, per esempio, muoiono con lui ad Adrianopoli nel 378.
I candidati. La guardia del corpo degli imperatori
Come accennato, proprio tra i ranghi delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 viene selezionato un pugno di uomini, sia tra i più valorosi che tra coloro che hanno gli agganci migliori, per andare a formare la più stretta guardia del corpo degli imperatori: sono i 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪.
Sappiamo abbastanza poco in realtà sull’organizzazione dei 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪, che del resto non costituiscono un corpo militare a parte (come saranno poi gli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴, con i quali dalla seconda metà del V sec. condividono la protezione personale dell’imperatore), se non usualmente da fonti piuttosto tarde rispetto alla loro istituzione.

Che i 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪 siano un’emanazione delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 ci è riferito in modo diretto e indiretto da fonti del VI e VII secolo.
Nel Chronicon Paschale troviamo infatti la notizia che Gordiano III e Filippo l’Arabo avrebbero creato due 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 di 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪, aggregandoli poi ad altre 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 𝘱𝘢𝘭𝘢𝘵𝘪𝘯𝘢𝘦 – ma essendo entrambi gli imperatori vissuti nel pieno del III secolo, quando nemmeno esistevano le 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦, la notizia, se vera, è senz’altro retrodatata.
Ancora più dirimente riguardo a questo legame una legge del Corpus Iuris Civilis di Giustiniano, nella quale sono impediti i doppi incarichi, con l’eccezione proprio degli 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘳𝘦𝘴 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪.
Da una fonte ancora più tarda, il 𝘋𝘦 𝘊𝘦𝘳𝘦𝘮𝘰𝘯𝘪𝘪𝘴 di Costantino VII Porfirogenito, che descrive la procedura della nomina dei 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪 per come avveniva nel VI secolo, sappiamo che questi sono solo quaranta, e che il massimo rango raggiungibile all’interno di questa ristretta cerchia è quello di 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘪𝘤𝘦𝘳𝘪𝘶𝘴.
La procedura descritta per la nomina del 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘶𝘴 – che non sappiamo se sia applicabile già anche al IV e V secolo, anche se certamente è possibile – è la seguente.
Una comandante delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 consegna al 𝘮𝘢𝘨𝘪𝘴𝘵𝘦𝘳 𝘰𝘧𝘧𝘪𝘤𝘪𝘰𝘳𝘶𝘮 un torque (𝘮𝘢𝘯𝘪𝘢𝘬𝘪𝘰𝘯 in greco), che viene poi consegnato a sua volta all’imperatore. Quest’ultimo lo porge poi al 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘶𝘴 designato, vestito con una tunica rossa sopra una bianca, il quale si inginocchia, bacia i piedi del sovrano e si rialza, con il nuovo attributo di 𝘱𝘳𝘢𝘦𝘴𝘦𝘯𝘵𝘢𝘭𝘪𝘴 (“in presenza”).
La descrizione del colore rosso ha permesso di identificare, con un alto grado di probabilità, proprio come un 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘶𝘴 uno dei palatini che fanno da scorta all’imperatore Giustiniano nel celebre mosaico della basilica di S.Vitale a Ravenna – quello in verde, secondo lo stesso studi, sarebbe invece un 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳 (su questa figura torniamo però più avanti).
Sebbene con il tempo il ruolo delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 sembri declinare – anche se gli indizi e la continuità suggeriscono un loro continuato uso operativo -, i 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪 nelle fonti del IV secolo sono frequentemente presenti non solo durante le campagne militari, ma sul campo di battaglia.
Sono infatti per esempio i 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪 di Giuliano il Filosofo (meglio noto come Giuliano l’Apostata) che tentano di dissuaderlo dall’inseguire i guerrieri sasanidi dell’Eranshar alla battaglia di Samarra del 363 (nella quale trova la morte), così come sono dei 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪 a trasportare Valente ferito in un casolare dopo la battaglia di Adrianopoli del 378 – anche se la storia di per sé probabilmente non corrisponde a verità, è però indicativo il ruolo dato ai 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪.
Da quanto ci è dato sapere, i 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪 restano una guardia del corpo imperiale solo nei secoli della tarda antichità.
In fonti più tarde, del X sec., si trovano ancora dei 𝘬𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘰𝘪, ma ormai non è che un mero titolo onorifico, completamente separato dal reggimento che intanto è diventato il 𝘵𝘢𝘨𝘮𝘢 delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘪.

Gli excubitores. Da guardia imperiale a tagma
Durante il V secolo alle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 si affianca un nuovo reggimento, che, seppur molto più contenuto nei numeri, avrà una grande importanza nei due secoli successivi: gli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴.
Il loro nome significa letteralmente “quelli fuori dal letto”, ed è esattamente indicativo del loro ruolo: sono infatti le guardie preposte alla difesa del palazzo imperiale (cioè, delle stanze da letto dell’imperatore), e sono evidentemente vicini al sovrano tanto quanto i 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘪 provenienti dalle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦.
L’origine di questo corpo non è chiarissima.
Degli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 sono menzionati già da Svetonio nella vita di Nerone, e nel VI secolo Giovanni Lido sostiene che siano stati fondati da Tiberio.
Inoltre, la parola 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 comparirebbe anche in fonti tardo antiche del IV secolo (es. Ammiano Marcellino).
Tuttavia, nel primo caso gli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 potrebbero essere semplicemente dei generici soldati di guardia (prima del V sec., il termine ha anche questo significato), per quanto di stanza a palazzo, mentre nel secondo caso non si tratta sicuramente di un corpo: è infatti menzionato un 𝘤𝘰𝘮𝘦𝘴 𝘥𝘰𝘮𝘦𝘴𝘵𝘪𝘤𝘰𝘳𝘶𝘮 che ha, come nome proprio, Excubitor.
Non si può inoltre non notare come nella Notitia Dignitatum gli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 come reggimento non compaiano mai – al contrario, per esempio, delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦.
La prima reale attestazione degli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 come corpo di guardie imperiali risale invece al 460, quando l’imperatore a Costantinopoli, Leone I, li istituisce per contrastare il potere del 𝘮𝘢𝘨𝘪𝘴𝘵𝘦𝘳 𝘮𝘪𝘭𝘪𝘵𝘶𝘮 Aspar e dei suoi soldati – e non potendo evidentemente fare affidamento sulle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦.
Questi primi 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 sono per la stragrande maggioranza Isauri, feroci guerrieri provenienti dall’Asia Minore, e che da questo momento saranno sempre più, anche per tutto il VI sec., un formidabile bacino di reclutamento per l’esercito romano.
Lo stesso 𝘤𝘰𝘮𝘦𝘴 𝘥𝘰𝘮𝘦𝘴𝘵𝘪𝘤𝘰𝘳𝘶𝘮 di Leone I, Tarasicodissa, meglio noto come Zenone e suo futuro successore al trono, è proprio di origine isaurica.
Degli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 non sappiamo in realtà molto.
La loro reale organizzazione interna ci è ignota, così come il loro numero originario. Durante il VI sec., sappiamo che il loro numero è di trecento, e che sono a tutti gli effetti un’unità pronta al combattimento, apparentemente al contrario delle ormai degenerate 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦 – anche se, come abbiamo già visto in precedenza, che questa potrebbe essere un’esagerazione.

La loro originale composizione isaurica probabilmente si diluisce e perde nel tempo, come dimostrano almeno i nomi che conosciamo di diversi di comandanti di questa guardia, i 𝘤𝘰𝘮𝘪𝘵𝘦𝘴 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘶𝘮.
Chi ricopre la carica di 𝘤𝘰𝘮𝘦𝘴 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘶𝘮, molto ambita, ha un enorme potere, nonché ulteriori prospettive di carriera molto incoraggianti: diversi dei 𝘤𝘰𝘮𝘪𝘵𝘦𝘴 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘶𝘮 del VI sec., infatti, dopo aver usualmente anche ricoperto in precedenza altre cariche militari, sono diventati poi imperatori.
Basti menzionare Giustino I, Tiberio II, Maurizio Tiberio.
Inoltre, chi deteneva tale posizione poteva usualmente disfare e fare imperatori quasi a suo piacimento – tra VI e VII secolo, diversi imperatori riescono a salire al trono o a mantenere il potere solo con l’appoggio degli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴.
[Leggi anche Giustino vs Giustino. La successione di Giustiniano]
[Leggi anche Martina (613-641). Un’imperatrice odiata]
Giovanni Lido e Corippo, nel descrivere l’armamento degli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴, ci dicono che erano equipaggiamenti a imitazione dell’antica tradizione romana e delle guardie di Romolo- o, come è assai più probabile, come i Romani di quel periodo immaginavano il loro passato.
Ci viene menzionato un equipaggiamento ricchissimo: elmi di bronzo, lance o giavellotti dorati, scudi tondi e asce.
Non è improbabile, come è stato ipotizzato dal prof. Salvatore Cosentino, che la guardia vestita in verde sul grande mosaico di Giustiniano a S.Vitale (Ravenna) possa rappresentare proprio un 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳.
Degli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 si perdono le tracce dopo la metà del VII sec., per ricomparire nell’VIII come uno dei nuovi 𝘵𝘢𝘨𝘮𝘢𝘵𝘢 (reggimenti di soldati professionali a diretta disposizione dell’imperatore, usualmente cavalieri) costituiti da Costantino V.
Come abbiamo ipotizzato in precedenza per le 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦, delle quali esiste anche per loro un 𝘵𝘢𝘨𝘮𝘢, è assai probabile che gli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 siano continuati a esistere, per poi essere riformati (non sappiamo quanto gradualmente) in uno dei nuovi reggimenti professionali.
Nella loro nuova forma, gli 𝘦𝘹𝘤𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 (traslitterato 𝘦𝘹𝘬𝘰𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 in greco) sono comandati dal 𝘥𝘰𝘮𝘦𝘴𝘵𝘪𝘬𝘰𝘴 𝘵𝘰𝘯 𝘦𝘹𝘬𝘰𝘶𝘣𝘪𝘵𝘰𝘯, e li troviamo partecipi ad alcune delle maggiori battaglie e campagne militari tra IX e X sec. – es. la battaglia di Pliska e la conquista di Creta.
Come per le 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦, la loro ultima attestazione è all’XI secolo, sotto i Comneni- anche se in questo caso si tratta invece quasi certamente di reparti creati ex-novo, usando il glorioso nome di un reggimento più antico.
[Leggi anche Le riforme militari dei Comneni (XI-XII sec.). Ricostruire l’esercito romano]
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Lo scudo col cristogramma: lo scudo dei candidati?
Abbiamo accennato al fatto che la guardia imperiale vestita in rosso sul mosaico di San Vitale potrebbe essere un candidatus. Oltre alla tunica rossa, è impossibile non notare lo scudo ovale con il cristogramma, adornato di quelle che senz’altro sono pietre preziose.
Il cristogramma è una prerogativa dei candidati?
Non possiamo stabilirlo con certezza, ma gli elementi a disposizione sembrano poter indicare una risposta affermativa.

Lo stesso simbolo si trova infatti anche sullo scudo del probabile 𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘥𝘢𝘵𝘶𝘴 rappresentato sul missorio di Kerch (detto anche “di Costanzo II”), nonché su alcuni scudi di soldati presenti sui frammenti della oggi perduta Colonna di Teodosio, e di alcuni soldati della Colonna di Arcadio (figlio maggiore di Teodosio).
Questi soldati hanno un equipaggiamento di notevole valore, considerato che indossano corazze anatomiche ed elmi con alta cresta metallica – è però anche vero che non li identifica di per sé né come guardie imperiali, né quindi come candidati.


In ogni caso, possiamo supporre, seppure non ne abbiamo le prove definitive, che il cristogramma sia almeno un simbolo condiviso, forse, più corpi di guardie imperiali, e che sia in ogni caso una loro esclusiva.
Infatti, nonostante per esempio la celebre vulgata racconti come i soldati di Costantino, a Ponte Milvio nel 312, abbiano dipinto il cristogramma sui loro scudi, non si può non notare come nelle fonti iconografiche sia quasi del tutto assente, adoperato in questo senso (fatta esclusione per i casi menzionati sopra), e che sia del resto del tutto assente anche tra gli scudi dei reggimenti della Notitia Dignitatum.
Che i soldati della Colonna di Arcadio siano presumibilmente guardie imperiali, oltre alla loro vicinanza con l’imperatore, lo potrebbe confermare del resto un confronto indiretto con un mosaico di V sec. da Faenza.
Vi è raffigurato un uomo in nudità eroica assiso in trono, da alcuni identificato come Achille e da altri come l’imperatore Onorio (figlio minore di Teodosio e fratello di Arcadio).
Ai fianchi del trono, in secondo piano, sono rappresentati due soldati (due guardie?) che sono armati in modo estremamente simile, se non quasi identico, a quelli della di poco precedente Colonna di Teodosio.

Purtroppo l’identificazione sicura come guardie imperiali (membri delle 𝘴𝘤𝘩𝘰𝘭𝘢𝘦?) non è possibile, anche considerando che, nell’unico pannello musivo da Faenza dove si vede la parte frontale di uno scudo, è rappresentato un simbolo diverso dal cristogramma, non facilmente identificabile.
Dobbiamo però anche notare come siano presenti scudi diversi affiancati a quelli con il cristogramma anche sulla Colonna di Arcadio, e di come la stessa guardia imperiale in verde sul mosaico giustinianeo (ricordiamo, possibilmente identificata però come un excubitor) regga, seppur seminascosto, uno scudo che non reca il simbolo in esame.

Inoltre, i soldati con lo scudo recante il cristogramma, sulla colonna di Arcadio, sono in netta minoranza (solo due) e rappresentati vicini alle figure imperiali: una possibile conferma che si potrebbe trattare proprio di due candidati.
Per concludere, se possiamo insomma assegnare con una certa sicurezza l’uso del cristogramma sugli scudi esclusivamente alle guardie imperiali, è però impossibile stabilire con certezza se questo sia appannaggio di uno specifico gruppo di soldati, ovvero i candidati – anche se, come visto, gli elementi a disposizione sembrano far propendere per questa ipotesi.
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