La cinta muraria di Roma si sviluppa grosso modo in quattro fasi principali.
La prima, corrispondente alle mura massicce del progetto di Aureliano, la seconda, che la maggioranza degli studiosi fanno risalire al regno di Massenzio, una terza ristrutturazione sotto Onorio e infine successivi interventi nel corso del V-VI secolo.
Con questo breve articolo ci concentreremo sulla fase tradizionalmente attribuita a Massenzio: essa è caratterizzata dalla sopraelevazione costituita da gallerie coperte, alte in media otto metri, le quali presentano spesse mura verso l’esterno e lunghe arcate interne.
Sopra le gallerie, corrono i camminamenti di ronda, larghi poco più di 3 metri e bordati da parapetti merlati. Nella parte frontale delle gallerie, a intervalli irregolari, si aprono feritoie per il lancio delle frecce. L’altezza totale delle cortine murarie, dalla base alla merlatura, arriva a più di 15 metri e, in alcuni punti, a quasi 20 metri (Todd 1978, 49).
Il procedimento di costruzione delle nuove strutture di Massenzio aveva molto in comune con quello adottato per la fascia inferiore preesistente, anche se i mattoni e le tegole usate per i rivestimenti non furono scelti con altrettanta cura e in più mancavano i diatoni passanti. Questo lieve abbassamento degli standard qualitativi originali va attribuito con molta probabilità al fattore fretta, più che negligenza o a manodopera scadente, dato che nel giro di pochissimi mesi dalla sua elezione nel 28 ottobre del 306 Massenzio si trovò a dover fronteggiare la prima invasione, quella del tetrarca Flavio Severo con un esercito probabilmente di 30mila uomini, e, ancora fra la fine pericolosa questa volta da parte dell’Augusto d’Oriente Galerio.
Va comunque rilevato che, in linea di massima, la qualità dei lavori era ancora molto alta per un’impresa così impegnativa e svolta a ritmi serrati e in pochissimo tempo.
Ora la città disponeva di difese tali che solo un assedio molto aggressivo e prolungato avrebbe potuto sperare di abbatterle. Le gallerie permettevano a uomini e macchinari difensivi di raggiungere in fretta qualsiasi settore delle mura.
L’innalzamento delle cortine murarie comportò alcune modifiche alla struttura delle torri, che non potevano certo rimanere allo stesso livello delle mura. Alcune furono lasciate semplicemente con terrazze merlate, chiaramente alzate allo stesso livello dei parapetti, anch’essi merlati, delle cortine. Altre, invece, videro la rimozione della merlatura e la chiusura delle finestre sottostanti, con la costruzione di un ampio ambiente con tetto a padiglione sulla vecchia terrazza. Queste nuove camere coperte presentavano tre finestre ad arco sulla facciata, più una su ogni lato e due sul retro, con una porta che dava accesso al camminamento.
Un numero esiguo di torri, però, subì già sotto Massenzio una trasformazione radicale. Le precedenti sopraelevazioni furono abbassate al livello delle terrazze, al di sopra delle quali fu edificato un ulteriore piano, coperto da un tetto a padiglione come le altre torri rialzate.
Curiosamente, gli interventi più massicci della fase massenziana sulle Porte delle Mura si vedono su quattro porte “meridionali”, la Porta Appia, la Porta Asinaria (San Giovanni), la porta Latina e la Porta Ostiense (San Paolo).
Todd (1978, 56) fa notare che probabilmente Massenzio, se avesse avuto tempo, avrebbe esteso il progetto di trasformazione monumentale delle porte a tutto il percorso delle mura, ma gli eventi decisero diversamente.
Un’interpretazione possibile per la scelta di partire dalle porte meridionali per la sua ristrutturazione, fu probabilmente che Massenzio dovette temere di essere attaccato sia da nord, lungo il percorso obbligato della via Flaminia, ma anche da meridione, magari con uno degli eserciti nemici che dalle province di Epiro o Dalmazia avrebbe potuto essere sbarcato a sud di Roma e impegnare i suoi difensori da quel versante.
Di fronte all’ipotetico scenario di dover combattere a un tempo contro due eserciti, il potenziamento della cinta muraria a sud avrebbe permesso di dislocare lì un numero ridotto di difensori, che avrebbero potuto agevolarsi delle difese appena restaurate e potenziate, mentre il grosso dell’esercito avrebbe potuto essere dislocato a nord, per affrontare gli invasori che fossero discesi lungo la Flaminia, sfruttando in quel caso le difese naturali offerte dalla barriera del fiume Tevere.
[Leggi anche Maxentius Invictus. E se Massenzio avesse vinto a Ponte Milvio?]
Bibliografia
F. Coarelli 2008, Guida Archeologica di Roma
L. Cozzi 1968, Le Porte di Roma
M. Todd 1978, The Walls of Rome
P. Southern 2001, The Roman Empire from Severus to Constantine
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