
Fare ucronia non è semplice. Troppe sono le variabili da considerare, e la storia dell’uomo non è soltanto fatta di vittorie e sconfitte, ma anche di malattia, di morte, di imprevisti insondabili.
Se anche Massenzio avesse vinto a Ponte Milvio e avesse ucciso Costantino in battaglia, noi possiamo fantasticare sull’esito di quella vittoria, ma non possiamo considerare tutte le altre variabili.
Quanto sarebbe durata la vita di Massenzio? Avrebbe governato il tempo sufficiente per poter incidere politicamente come fece Costantino con il suo trentennale governo? O una morte prematura avrebbe vanificato i suoi sforzi?
Un’ucronia perfetta non può esistere, ma possono esistere infinite ucronie possibili, tutte imperfette.
In questo articolo proviamo a valutare uno scenario in cui Massenzio non soltanto vince e uccide Costantino in battaglia, ma governa lungamente e il suo regno incide anche sulle politiche dei suoi successori.
Il primato politico dell’Occidente
La sconfitta e morte di Costantino a Ponte Milvio avrebbero potuto avere due conseguenze immediate e chiaramente riconoscibili.
La prima e più ovvia: la città di Costantinopoli non sarebbe mai stata fondata, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
E’ vero che l’Oriente Romano non avrebbe avuto il suo baluardo, che gli consentì di sopravvivere per più di mille anni, ma altrettanto è vero che lo spostamento dell’asse politico da Occidente verso Oriente innescato da Diocleziano sarebbe stato con molta probabilità bruscamente invertito. Roma sarebbe tornata ad essere non solo la capitale simbolica, ma politica, dell’Impero, almeno nella sua pars Occidentis.
Il richiamo simbolico e morale di Roma, il suo primato di Città Fondatrice dell’Impero, avrebbe determinato una predominanza di fatto degli Imperatori d’Occidente, ivi risiedenti, su quelli d’Oriente.

La rivoluzione avviata da Massenzio a Roma avrebbe potuto finalmente compiersi: il Senato restituito alle sue prerogative politiche e militari; il ripristino di una imponente guarnigione di stanza a Roma e in Italia, composta di pretoriani, equites singulares, urbaniciani, come era al tempo dei Severi; il ritorno a piani urbanistici monumentali, che sottolineassero il privilegio dell’Urbe rispetto a tutte le altre città dell’impero; il ripristinato accento posto una mitologia pubblica tradizionale, fondata sul mito delle origini, della fondazione romulea, delle divinità ancestrali e dei leggendari antenati e capostipiti come Enea, Ercole, Evandro.
Il Cristianesimo: una religione come le altre
Marco Cecini è anche coautore di un recente studio sulla politica massenziana in materia religiosa: “Nota preliminare a due inedite epistulae dell’imperatore Massenzio nel quadro dei rapporti tra Cristianesimo e Impero. Riflessioni sulla cronologia del primo editto di tolleranza.“
Massenzio non fu mai un persecutore dei cristiani.
Egli ripristinò la libertà di culto, restituì le proprietà confiscate alla comunità cristiana durante la persecuzione del 304 d.C., pose fine alle diatribe fra le varie fazioni ed esiliò i vescovi facinorosi, imponendone altri di sua nomina. Mostrò per la prima volta il segno della croce, seppur timidamente, sul conio pubblico, e costruì la prima Basilica cristiana della storia, oggi nota come San Sebastiano Fuori le Mura.
Questo ci dà una misura di ciò che sarebbe stata la storia del Cristianesimo in un impero romano massenziano: le varie sette avrebbero continuato a esistere, senza che fosse forzata da parte dello Stato l’imposizione di un credo su tutti gli altri, dichiarati eretici e perseguitati.
Il cristianesimo sarebbe stato inserito nella pax deorum, quindi condividendo tutti i diritti di religio licita delle altre religioni dell’impero, ma al contempo senza godere di alcun privilegio, in contrasto radicale con quelle che saranno invece le politiche dei costantinidi.

Non solo non avremmo dunque avuto mai né il concilio di Nicea, né quello di Tessalonica, ma non avremmo mai avuto la concessione dell’esenzione fiscale per i beni della Chiesa, né avremmo avuto lo Stato a farsi carico delle spese di spostamento di cose e uomini appartenenti alla comunità ecclesiastica, né ancora avremmo avuto il privilegium fori concesso ai chierici, ovvero sia la possibilità di sottrarsi ai tribunali romani per farsi giudicare da quelli ecclesiastici della diocesi.
Naturalmente non sarebbero state poste limitazioni di stampo persecutorio all’aruspicina e la divinazione domestica, ed anzi il culto tradizionale sarebbe stato rinvigorito e rilanciato.
Il numero straripante di conversioni al cristianesimo che si ebbe nel trentennio costantiniano, grazie al patrocinio imperiale e a misure che avevano reso “conveniente” il convertirsi per avere accesso a cariche e privilegi, probabilmente non avrebbe mai avuto luogo.
La crescita del cristianesimo sarebbe sì proseguita, ma proporzionalmente a quanto avvenuto nei secoli precedenti e quindi in maniera estremamente più lenta.
Spingendoci più in là con lo sguardo, è anche chiaro che il falso “testamento di Costantino” che giustificò per secoli la pretesa papale al potere temporale sui territori del fu impero romano d’Occidente, non sarebbe mai esistito. La Chiesa non si sarebbe mai trasformata in Stato, con ripercussioni inimmaginabili sulle evoluzioni politiche della penisola italiana e del continente europeo tutto.
Il Senato
Abbiamo visto come nel IV secolo Costantino fu determinante nell’impostare la strada poi seguita dai suoi successori per tutto il secolo. Allo stesso modo, è lecito pensare che una impostazione massenziana sarebbe stata seguita dai successori di Massenzio, che avrebbero continuato a governare da Roma dietro nomina senatoria, in una sorta di ricostituzione dell’antico Principato.
Anche il ruolo del Senato non va sottovalutato nella nostra ucronia. I Senatori del dominato costantiniano, privati ormai di qualunque effettivo ruolo politico e umiliati nel loro esilio in una città, Roma, ridotta a mero simulacro del passato, si concentrarono nell’accumulare egoisticamente le proprie ricchezze trasformandosi in potentissimi latifondisti e proprietari sempre più alienati dallo Stato.
Massenzio li aveva nuovamente coinvolti nella politica attiva, ripristinando per loro anche la possibilità della carriera militare e della conduzione di eserciti. Così come era stato per secoli, al fine di poter spianare la propria carriera politica, i senatori avrebbero fatto circolare innumerevoli quantità di denaro per comprare il proprio consenso, per finanziare giochi e portare avanti la propria propaganda politica.
Si avrebbe avuto un esito opposto a quello della concentrazione e dell’accumulo di ricchezze fondiarie, e la necessità endemica di liquidi per la propria attività politica avrebbe piuttosto spinto questi ricchissimi uomini a investire nel commercio piuttosto che nel latifondo.
Con una visione forse un po’ ottimistica, si può però ponderare in quest’ottica un rilancio dell’economia dell’Occidente, che invece per tutto il IV secolo non fece altro che contrarsi sempre di più, con drammatiche conseguenze sociali per tutta la popolazione. Come già detto, la città di Roma non sarebbe stata disarmata di fronte alle grandi invasioni del V secolo.

L’esercito e la guarnigione di Roma
Le riforme di Costantino, che spostarono gli eserciti dal limes per concentrarli nelle grandi città, non sarebbero probabilmente mai avvenute.
Non possiamo sapere le conseguenze che ciò avrebbe avuto sulle grandi invasioni della fine del IV e V secolo. Il limes, strutturato così come Diocleziano lo aveva concepito, avrebbe retto? Difficile dirlo.
Certamente la vittoria di Massenzio avrebbe modificato qualcosa se non altro per quanto concerne l’Italia.
La guarnigione di Roma sarebbe stata ripristinata al suo status severiano, così come le flotte pretorie, che non sarebbero state smantellate da Costantino, ma presumibilmente rafforzate. Del pari sarebbero state ulteriormente rafforzate le mura di Roma che, opportunamente difese da un esercito poderoso e con la supremazia navale a garantire rifornimenti e supporto logistico, sarebbe stata molto difficilmente espugnabile da qualsiasi esercito, fosse esso di invasori o usurpatori.
Imperatore dell’Occidente
Dire se Massenzio avrebbe voluto riunificare tutto l’Impero sotto di sé o se si sarebbe accontentato di governare l’Occidente è ancora più difficile.
Probabilmente una vittoria contro Costantino, che andava a sommarsi a quelle già conseguite contro Severo, Galerio, Domizio Alessandro e Licinio, che dal 308 al 312 tentò invano di recuperare l’Italia senza mai riuscirci, avrebbe accresciuto il prestigio di un Massenzio Invictus ad un livello tale che diverse province dell’Occidente gli si sarebbero votate senza neanche bisogno per lui di invaderle.
Probabilmente la stessa cosa sarebbe avvenuta nell’Illirico, dove sappiamo dalle fonti che Massenzio era già in contatto con gran parte dello stato maggiore di Licinio, il quale forse avrebbe colto una sua vittoria contro Costantino come casus per allinearsi al nuovo regime.
Forse, Massenzio a questo punto si sarebbe fermato.
Egli aveva trovato l’alleanza di Massimino Daia, avrebbe riunificato l’Occidente sotto di sé allargandolo all’Illirico, e ciò gli avrebbe dato il controllo di tutti i mari che circondavano la penisola italica nonché il possesso del miglior bacino di reclutamento di tutto l’impero.
Il fatto di risiedere a Roma gli dava inoltre una sorta di primato morale rispetto al collega Massimino Daia, cui avrebbe volentieri lasciato l’Oriente e la responsabilità di gestire il sempre annoso problema persiano. Entrambi erano pagani, entrambi sembravano volersi accontentare dei propri territori senza l’ambizione di essere gli unici regnanti.
Nulla esclude che l’Impero si sarebbe potuto riunificare poi per cause di forza maggiore successivamente: la morte prematura e senza eredi di uno dei due, oppure un matrimonio fra i rispettivi figli.
Ma non c’è alcuna ombra di dubbio che una vittoria di Massenzio a Ponte Milvio avrebbe bruscamente interrotto il processo di spostamento dell’asse di potere da Occidente verso Oriente, il ripristino della supremazia politica, simbolica e morale di Roma sopra tutte le altre città dell’Impero, e una robusta inversione di tendenza a livello militare ed economico in Italia.
L’Occidente sarebbe stato presumibilmente un pochino più forte di quanto lo sarà nei centocinquant’anni successivi, e l’Oriente parecchio più debole – almeno da un punto di vista politico.
Sulle conseguenze di questo “riequilibrio” di forze ci sarebbe da scrivere un altro articolo, ma è lecito immaginare che le conseguenze per il mondo che noi oggi siamo abituati a conoscere e per la storia che siamo abituati a studiare, sarebbero potute davvero essere gigantesche.

Letture consigliate
S. Corcoran 1996, The Empire of the Tetrarchs: Imperial Pronouncements and Government, 284-324 AD.
M. Cullhed 1994, Conservator Urbis Suae: Studies in the Politics and Propaganda of the Emperor Maxentius.
J. Curran 2002, Pagan City and Christian Capital: Rome in the Fourth Century.
De Decker D. 1969, La politique religieuse de Maxence.
R. Donciu 2012, L’Empereur Maxence.
J. Fabiano 2013, Roma, Auctrix Imperii? Rome’s Role in Imperial Propaganda and Policy from 293 CE until 324 CE.
H. Gračanin 2009, The Role of Illyricum in the Tetrarchic Wars, in Diocletian, in “Tetrarchy and Diocletian’s Palace on the 1700th Anniversary of Existence”, a cura di N. Cambi
E. Marlowe 2010, Liberator Urbis Suae: Constantine and the Ghost of Maxentius, in “The Emperor and Rome: Space, Representation and Ritual”, a cura di B.C. Ewald e C.F.Noreña
C. Olariu 2012, Senatorial Aristocracy in the 4th Century; a Case Study: the Ceionii Rufii, in “Tradizione e innovazione fra Antichità e Medioevo: prosopografia-biografia-epigrafia”, a cura di N. Zugravu
Ottimo articolo e scenario ucronico per me inedito.
Sono d’accordo che il processo di spostamento del potere da Occidente ad Oriente avrebbe avuto una brusca frenata (è interessante notare che nella teoria della translatio imperii da oriente ad occidente Costantino è l’unico a fare un percorso contrario, partendo dalla lontana York per arrivare sul Bosforo!). Sarebbe stato sufficiente a salvare la parte occidentale dell’impero? Non è facile dirlo, ma lo credo anch’io possibile. C’è un po’ il pregiudizio che l’oriente sia sopravvissuto perché più ricco e popoloso dell’occidente, in parte vero, ma in generale quest’ultimo aveva una posizione strategica superiore perché non doveva combattere su due fronti (come poi sarebbe sempre stato per l’oriente); fattore non da poco se ben sfruttato.
Sono invece più scettico sulla possibilità di far rivivere l’élite senatoriale e il mondo di valori che essa esprimeva. Il processo di espropriazione del potere era cominciato agli inizi del III secolo e aveva trovato compimento con Gallieno e le sue riforme. Le capacità di Massenzio si sarebbe misurata soprattutto su questo fondamentale aspetto. Il rischio di una rivolta militare da parte della élite non senatoriale (il blocco dei generali illirici che aveva dominato negli ultimi decenni) sarebbe stato altissimo, perché costoro occupavano molte leve del potere militare. Forse avremmo avuto un’accentuazione della conflittualità, con province di frontiera che si sarebbero proclamate indipendenti com’era stato per l’impero delle Gallie. D’altra parte, c’è anche il rischio che senza Costantinopoli, la sua posizione strategica e le sue mura, l’impero avrebbe potuto crollare nella sua interezza al tempo degli Unni…
Il discorso religioso richiederebbe davvero un saggio, perché poi il dualismo chiesa-stato che nasce in questo periodo poteva venire meno e la storia d’occidente sarebbe stata davvero un’altra.
Ottime riflessioni e grazie per gli spunti.
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Ti ringrazio Vladimiro, il tuo apprezzamento è sempre un grande onore. Quello senatoriale (e conseguentemente economico) è il punto più delicato e debole dell’ucronia. La mia è una scommessa, ma che presenta moltissime incognite in più rispetto agli altri punti dell’articolo. Sicuramente Massenzio aveva innescato una controrivoluzione rispetto a quella di Gallieno: i senatori erano tornati a guidare eserciti, non solo, erano arrivati persino ad appaltare la più alta espressione del cursus honorum equestre, vale a dire la Prefettura del Pretorio, l’Imperatore era tornato a vivere stabilmente nell’Urbe e conseguentemente a discutere collegialmente la politica dell’Impero proprio con il Senato, etc. Non molti lo sanno ma Massenzio fu anche il primo a imporre ai senatori delle “donazioni” forzose affinché essi finanziassero non solo l’esercito ma le opere pubbliche, la macchina dello stato, etc. In qualche modo dunque si andava innescando un meccanismo che da decenni si era perso: ovvero sia la partecipazione diretta dell’élite aristocratica al mantenimento della macchina dello Stato, come contraltare per una quantità di potere restituito e di prerogative ripristinate.
Questo andava in controtendenza con la politica degli Imperatori soldati, i quali preferivano lasciare che i Senatori accumulassero liberamente le proprie ricchezze purché non si intromettessero nella lotta per il potere.
La questione di una perdita di potere da parte delle élite militari e di una loro eventuale ribellione è interessante, c’è tuttavia da rimarcare che nei suoi 6 anni di regno sono i soldati degli altri a passare con Massenzio, e non viceversa. Inoltre rivolte e usurpazioni da parte di generali e governatori provinciali continueranno ininterrottamente per tutto il IV e V secolo (quindi evidentemente non era il Senato la causa, ma la perdita totale di una certa moralità ed etica di fondo, di quel Mos Maiorum che Massenzio si sforzò di ripristinare e che poteva rappresentare l’unico argine contro la deriva emergente), e saranno in fondo la causa scatenante del crollo dell’Occidente, spossato dalle continue guerre civili e dall’autodistruzione dell’esercito.
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Ti ringrazio per la precisa e puntuale risposta!
L’indizio che mostra l’acume di Massenzio è proprio nell’aver colto qual era stata, nel III secolo, la profonda trasformazione “sociologica” dell’impero e aver cercato di porvi rimedio…
Farò tesoro della preziosa bibliografia che hai allegato!
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Scenario coinvolgente e appassionante. Grazie per questa proposta ucronica.
Fermo restando la mia personale concordanza con le valutazioni positive relative alla coesione del Corpus Senatoriale e ai valori rimessi in campo da una rinnovata fiducia nell’Impero Occidentale, mi sento quindi di proporre questa ulteriore valutazione che avrebbe comunque comportato un cambio radicale della storia così come è andata. Analizziamo cosa sarebbe avvenuto in caso di vittoria di Massenzio con una ipotesi ancora più riduttiva. Ammettendo che il cristianesimo sarebbe comunque cresciuto in maniera esponenziale, ammettendo che probabilmente nei secoli successivi il mantenimento di tutta l’Illiria e delle Gallie sarebbe stato problematico, ebbene rimane comunque il terzo importantissimo scenario che ci avrebbe consegnato la vittoria di Massenzio. La vittoria avrebbe generato una pace con il mantenimento del potere a Roma e questo e inoppugnabile. Nel tempo successivo sarebbe servita a percepire maggior consapevolezza nel valutare gli scenari futuri e prendere coscienza delle forze sempre più minoritarie poste a difesa dei territori dell’impero. I successivi eredi Imperatori quindi, si sarebbero orientati nel porsi l’obiettivo strategico della salvaguardia del territorio italico che, partendo da La Turbie,(oggi Francia), passando per il Canton Ticino (Svizzera), fino alla penisola d’Istria (Slovenia e Croazia), includendo anche la Corsica (Francia). sarebbe stato difeso come una fortezza inespugnabile, ciò avrebbe spostato la linea del tempo di dissoluzione dal V° all’VIII° secolo e forse anche più. Molto probabilmente non ci sarebbe stata dissoluzione così come la conosciamo, ma un cambio graduale della percezione e quindi delle necessità di regnare sulla penisola che sarebbe divenuto a tutti gli effetti uno dei potenti regni d’Europa. Ciò sarebbe avvenuto nei tempi non sospetti che la storia stessa ci suggeriva e ci avrebbe consegnato: VIII° Secolo… . ( invece si è atteso fino al 1870) Un regno siffatto poteva ben vantare la sua più antica dinastia d’Europa che sarebbe derivata dall’Imperiale, Pensate a tutte le conseguenze successive: un anticipato Rinascimento e illuminismo italico con un ruolo da protagonisti nelle nuove esplorazioni della terra, Ovvero uno scenario completamente cambiato nei successivi 1500 anni.
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Ti ringrazio tanto Gianmarino, mi fa molto piacere che tu abbia apprezzato l’ucronia. Ovviamente resta un mero esercizio speculativo, la storia è una e ce la teniamo stretta, però se viaggiare un po’ con la mente può aprirci nuove riflessioni perché no? 😉
Il tuo commento è interessante, già nel V secolo (penso all’epoca di Onorio e Stilicone, ad esempio) la difesa strategica dell’Italia era divenuta una priorità assoluta. Al tempo purtroppo l’esercito imperiale era ridotto a poco più di 30mila uomini, assolutamente insufficienti persino per difendere la sola Italia di fronte a orde di 40-50mila guerrieri come quelli di Alarico, per esempio, che infatti saccheggiò Roma indisturbato.
L’Impero semplicemente non poteva rischiare di vedere annientato l’unico esercito che gli restava intatto, pertanto a volte era preferibile “contenere” le orde barbariche e lasciare che le scorrerie facessero il loro corso e i barbari defluissero poi via dai territori italiani così come vi erano entrati, anziché opporre una resistenza strenua ma a costo di non avere più alcun esercito a disposizione per successive invasioni.
Certo se dal 312 e per i successivi 100 anni non si fosse fatto altro che potenziare il sistema difensivo italico, ripristinando il controllo assoluto del Mediterraneo e il collegamento con l’Africa e le sue granaglie, probabilmente si sarebbe arrivati alle grandi invasioni del V secolo con un grado di preparazione sufficiente a ridurre magari le perdite occidentali alla sola Britannia e Gallia, forse.
Non possiamo saperlo, ma è una delle tantissime opzioni possibili.
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In realtà il falso “testamento di Costantino” confermò (non giustificò) una “pretesa” più teorica che pratica: confermando innanzitutto la giurisdizione religiosa che il Papa di Roma aveva ufficialmente quale Patriarca d’Occidente (+ l’Illiria). Occidente che il Papa non aveva mai preteso se non per affidarlo all’Imperatore dell’Occidente da lui rinnovato (S.R.I.) in quanto Pontifex Maximus (dopo rinuncia di Graziano).
Inoltre, circa l’Italia, il Papato rivendicò l’eredità bizantina dopo la liberazione dai Longobardi per mano franca, in quanto massima autorità bizantina in Italia dopo la caduta dell’Esarcato (v. Pentarchia). Prima sul territorio dell’ex Esarcato e poi sul Meridione quando tolto ai Bizantini dai Normanni. Mentre per la Toscana, etc. ci fu poi il testamento di Matilde di Canossa (avocato dal parente Imperatore dopo la sua morte).
Quanto al Ducato Romano (divenuto progressivamente Patrimonio di S. Pietro, cioè del Papato romano, con esautoramento del duca bizantino, già dipendente dall’Esarca) nulla ebbe a che fare col documento. Fu la persecuzione imperiale contro papa e patriarchi per la lotta iconoclasta che indusse il Papato a liberarsi della tutela, lontana quanto scomoda, per appoggiarsi ai vicini Franchi. Considerando che già dei re longobardi avevano fatto delle donazioni, riconoscendone l’indipendenza dall’Esarcato. In sostanza lo Stato pontificio (751) sarebbe esistito anche senza il documento, con o senza il resto dell’Esarcato (756), se questo fosse rimasto longobardo o franco.
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Purtroppo non sono un grande esperto di storia bizantina (uso questo termine per comodità non in senso dispregiativo) quindi non sono in grado né di confutare né di smentire quanto dici. Credo che se la confutazione del Testamento da parte di Lorenzo Valla ebbe una eco così vasta nel 1517, probabilmente l’esistenza del testamento non era poi di così poco peso come mi sembrerebbe di comprendere dal tuo post. Mi pare un po’ una forzatura, inoltre, asserire che il Papa avrebbe preteso dai normanni il vassallaggio in nome dell’Imperatore romano di Costantinopoli…….
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Congetture storiche molto interessanti.
Come sarebbe stato tutto diverso se Costantino non avesse vinto!
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