I cinquanta di Narsete (552). Eroico scontro alla battaglia di Tagina.

Tra VI e VII secolo, il soldato romano per eccellenza è un versatile arciere-lanciere a cavallo.
Tuttavia la fanteria, che oggi spesso si dice sia tenuta meno in considerazione, ancora costituisce il nerbo degli eserciti imperiali ed è perfettamente in grado di mostrare valore e disciplina sul campo.

Tra giugno e luglio del 552, si sta per consumare una delle ultime e decisive battaglie della guerra gotica, sul campo di battaglia di Tagina (o Busta Gallorum), oggi probabilmente nei pressi di Gualdo Tadino (in provincia di Perugia).

Il campo di battaglia dove si stanno per affrontare l’esercito romano, guidato da Narsete, e il più contenuto esercito del re ostrogoto Totila, è una zona costellata di basse alture e colline.

Una, in particolare, sulla sinistra dello schieramento romano, è di fondamentale importanza per il controllo del campo di battaglia. Infatti è costeggiata da un sentiero che aggira le truppe imperiali, e che le mette a rischio di un attacco alle spalle. Inoltre, Narsete, che conta numerosi arcieri nel suo esercito, lo considera un ottimo punto dal quale bersagliare il nemico.

Il comandante imperiale agisce per tempo, e invia nottetempo un contingente a occupare l’altura.
Nonostante la fondamentale importanza del colle, tuttavia Narsete ordina a un corpo veramente modesto di fanti di presidiarlo: cinquanta fanti, tra cui anche alcuni soldati di fanteria leggera, armati di arco.

Quando si fa giorno, Totila si rende conto di quanto accaduto, e ordina a una sua unità di cavalleria di sloggiare dal colle i cinquanta fanti. Non conosciamo bene la struttura dell’esercito ostrogoto, ma se in parte riflette la divisione per numeri dell’esercito imperiale, significa che probabilmente invia contro i cinquanta tra i 250 e i 500 cavalieri (su un totale di 2000 guerrieri a cavallo a sua disposizione).

Lo squadrone di cavalleria gotica si lancia velocemente all’attacco, incurante di mantenere anche solo una parvenza di schieramento ordinato: sono talmente tanti rispetti ai fanti romani, che li metteranno in fuga o li spazzeranno via al primo assalto.

Eppure, i cinquanta non solo non fuggono, ma stringono i ranghi e si preparano a ricevere il nemico.

Reenactors: Numerus Italorum
Ph. Martina Cammerata

I cinquanta dimostrano che la disciplina e l’addestramento sono bene ancora al centro della pratica militare romana:
“I cinquanta, opponendo gli scudi e vibrando con colpi spessi e sempre ordinati le aste, respingevano gagliardamente gli assalitori ed anche a bella posta facevano risuonare gli scudi, spaventando così i cavalli, mentre con le punte delle aste atterrivano gli uomini.”

I Goti, del tutto colti di sorpresa da una tale resistenza, ripiegano, si riorganizzano e provano una seconda volta a caricare, ma di nuovo senza successo.
Lo stesso squadrone tenta altre volte di far cedere i cinquanta di Narsete, ma senza successo.

Totila ben presto si accorge di quanto sta accadendo, e invia un’altra unità di cavalleria, e un’altra ancora, finché man mano non le manda dentro tutte. Ma i cinquanta tengono la posizione, battendosi con estremo coraggio, e resistono.
Alla fine, la cavalleria gota si ritira, sconfitta. L’altura è di Narsete, che si appresta a cogliere, quello stesso giorno, una delle sue più grandi vittorie.

Non solo: Narsete acquisisce nella sua schiera anche un nuovo bucellario. Proprio uno dei cinquanta.

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Infatti, per quanto si siano comportati tutti da valorosi, in particolare due fanti si segnalano per il grande coraggio e ardimento, Paolo e Ausila.
Nel corso dei combattimenti, dapprima sono usciti dalle file e hanno tirato d’arco contro i cavalieri goti, fino a esaurire i dardi.

Poi si sono fatti sotto con le spade e gli scudi, troncando le punte delle lance ostrogote che capitano loro a tiro.
A Paolo a un certo punto la spada si è piegata, diventando inservibile. Allora a quel punto ha iniziato ad afferrare a mani nude le lance nemiche, disarcionando i cavalieri goti o disarmandoli.

Ed è proprio Paolo, alla fine, a essere scelto da Narsete perché, col suo valore, vada ad arricchire la sua schiera di bucellari.

Fonti

Procopio di Cesarea, Le guerre


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