“Il Po […] è fatto deviare per fiumi e fosse tra Ravenna e Altino per un tratto di 120 miglia […] Con la 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘢 𝘈𝘶𝘨𝘶𝘴𝘵𝘢 è fatto deviare fino a Ravenna, dove ora viene chiamato Padusa, mentre una volta veniva denominato Messanico.”
[Plinio il Vecchio, 𝘕𝘢𝘵𝘶𝘳𝘢𝘭𝘪𝘴 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢, III, 119]
Tra le varie opere ingegneristiche operate dai Romani, numerose sono quelle per migliorare o aprire la viabilità, tanto marittima quanto terrestre.
Particolarmente impressionanti, e numerose, sono di certo le 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘢𝘦, ovvero grandi canali artificiali, che spesso rettificano corsi d’acqua già esistenti per consentire una più agevole e rapida navigazione, evitando usualmente lunghi peripli – un caso celebre è la 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘢 𝘋𝘳𝘶𝘴𝘪, in Germania, della quale parleremo in futuro.
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Uno di questi canali è la 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘢 𝘈𝘶𝘨𝘶𝘴𝘵𝘢, fatta realizzare, come suggerisce il nome, dall’imperatore Augusto, con la funzione di collegare Ravenna a uno dei numerosi rami del delta del Po.
Nel I sec. d.C., Ravenna assume un’importanza enorme, grazie anche al fatto di essere diventata sede di una delle due flotte militari romane, insieme a quella di Miseno in Campania.
Ravenna è ormai lo snodo fondamentale dei commerci tra Italia settentrionale, Dalmazia e Mediterraneo orientale.
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Per potenziarne il ruolo di cerniera tra navigazione padana, lagunare e adriatica, Augusto fa così realizzare la 𝘧𝘰𝘴𝘴𝘢 𝘈𝘶𝘨𝘶𝘴𝘵𝘢, un canale lungo circa una trentina di km che da Ravenna arriva presso l’antico sito di Spina, oggi Baro Zavelea.
Qui, negli anni ’70, vengono scavati i resti di una torre in laterizi costruita a cavallo tra I sec. a.C. e I sec. d.C.: si tratta di quanto rimane di un faro che stava all’imbocco settentrionale del grande canale augusteo.

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Plinio il Vecchio, Naturalis Historia
