Anche se la oggi celebre locuzione 𝘩𝘪𝘤 𝘴𝘶𝘯𝘵 𝘭𝘦𝘰𝘯𝘦𝘴 (a volte anche 𝘩𝘪𝘤 𝘴𝘶𝘯𝘵 𝘥𝘳𝘢𝘤𝘰𝘯𝘦𝘴) ormai sappiamo essere di origine medievale, quando non di età moderna, spesso è ancora associata alle terre conosciute ma non esplorate dai Romani.
In alcune mappe del tutto contemporanee, spesso la troviamo scritta per l’Africa sahariana e subsahariana – al di sotto dei territori dominati dai Romani durante i secoli dell’impero.
In realtà, quelle terre che noi associamo all’anacronistico 𝘩𝘪𝘤 𝘴𝘶𝘯𝘵 𝘭𝘦𝘰𝘯𝘦𝘴 non solo erano ben conosciute dai Romani (come confermano i resti archeologici di monete, fibule, etc.), ma furono oggetto di numerose spedizioni esplorative, commerciali e militari – ne parleremo magari in futuri articoli.
Oggi ci limiteremo a trattare la prima di queste spedizioni, condotta nel 20-19 a.C. da Lucio Cornelio Balbo.
Un breve ritratto del personaggio è necessario, per capire che non siamo di fronte a un cittadino romano qualunque.
Si trattava infatti di un cittadino di prima generazione: un “principe” di Gades (oggi Cadice, nel sud-ovest della Spagna), di origine punica (il cognomen verrebbe dal dio Baal), che aveva acquisito la cittadinanza romana per i suoi meriti insieme allo zio solo nel 72 a.C., anche lui Lucio Cornelio Balbo e addirittura console nel 40 a.C.
Una famiglia insomma fuori dal comune, con i giusti agganci nel mondo romano e che, da quanto si può ricostruire, si impegnò a fondo per entrare a far parte a pieno titolo della compagine romana.
Lucio Cornelio Balbo (torniamo a parlare del “nostro”), che aveva seguito Cesare nelle sue campagne alessandrine e di Spagna, sparisce dalle fonti nel 44 a.C. e ricompare solo nel 21 a.C., come proconsole della provincia d’Africa – circa corrispondente all’odierna Tunisia e parte della Libia.
Ed è proprio in questa veste che Balbo organizzò un’impresa mai tentata da nessun altro romano prima di allora: una spedizione militare attraverso il deserto del Sahara.
La nostra fonte principale sulla missione di Balbo è Plinio il Vecchio, che tra l’altro definisce il proconsole come un 𝘦𝘹𝘵𝘦𝘳𝘯𝘰.
Letteralmente, uno “straniero”: un indice di come i Romani percepissero, almeno nel I sec. d.C., chi otteneva la cittadinanza da poco, ovvero non evidentemente dei Romani come loro, se non meramente per diritto.
Della spedizione di per sé non sappiamo molto, ma si può così tentare di ricostruire, anche grazie all’elenco di città e località fornito dallo stesso Plinio il Vecchio.
Partito da Sabrata con un esercito (Plinio non dice di quanti soldati), Lucio Cornelio Balbo mosse verso il territorio dei Garamanti, nel Fezzan, conquistando l’oasi di Cydamus (oggi Gadames) e la loro capitale Garama (Germa).
In quest’ultima località è ancora oggi presente il Mausoleo di Germa, attualmente il monumento romano più a sud dell’intera Africa.
Da qui, Balbo potrebbe aver inviato una forza esplorativa ancora più a sud, ma le risposte su dove effettivamente questa spedizione sarebbe arrivata sono ancora più incerte.
L’elenco di città e località fornito da Plinio (Naturalis Historia V, 5) relativamente alla missione di Balbo non è stato ancora del tutto identificato, e ciò impedisce di capire se tutta la spedizione si sia limitata al Fezzan (che per l’epoca era comunque un traguardo davvero inimmaginabile), o se addirittura, come propongono alcuni storici, la missione esplorativa dopo la sottomissione dei Garamanti si sia riuscita a spingere fino al fiume Niger, forse vicino alla moderna Timbuktu.
Quale che sia la spiegazione più corretta, per la sua impresa a Balbo venne concesso un trionfo a Roma, sempre nel 19 a.C., durante il quale furono esibiti i modelli e i nomi delle città dei Garamanti sottomessi da Balbo durante la sua spedizione (e da questo dettaglio forse dobbiamo limitare il tutto al Fezzan).
Con questo trionfo, Lucio Cornelio Balbo si aggiudicò inconsapevolmente anche altri due primati, oltre a quello di primo cittadino e militare romano nel Sahara.
Infatti, non solo fu l’unico 𝘦𝘹𝘵𝘦𝘳𝘯𝘰 al quale sia mai stato concesso un trionfo in età classica…ma fu anche l’ultimo privato cittadino romano a ricevere un simile onore, da lì in poi concesso solo agli imperatori.
Per un trionfo tributato a qualcuno che non fosse l’imperatore, si dovettero infatti aspettare più di cinque secoli, con il trionfo di Belisario sui Vandali nel 534 – tra l’altro, ironia della sorte, sempre per un’impresa militare in terra africana.
Fonti
Cassio Dione, Storia romana
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia
Svetonio, Vita dei Cesari
Tacito, Annales