Nonostante la fanteria resti ancora la parte preponderante degli eserciti romani del VI-VII sec., in questo periodo storico il soldato romano per definizione non è un fante, ma un cavaliere.
Per la precisione, a farla da padrone sui campi di battaglia di questo periodo sono gli arcieri a cavallo (𝘩𝘪𝘱𝘱𝘰𝘵𝘰𝘹𝘰𝘵𝘢𝘪), che negli eserciti romani cooperano con i lancieri a cavallo o, spesso, sono armati sia di lancia che di arco.
Non sappiamo quando avvenga di preciso la “rivoluzione” dell’arciere a cavallo – i Romani già facevano uso di unità di arcieri montati, come mostra anche la Notitia Dignitatum (specie tra i limitanei), ma non si è mai trattato nel nerbo degli eserciti imperiali.
Se certamente il passaggio è da individuarsi da qualche parte nel corso del V sec. d.C. (periodo del quale abbiamo pochissime informazioni su come sia effettivamente composto l’esercito romano), il campo si può forse restringere alla seconda metà del secolo.
Infatti è abbastanza evidente come questo cambiamento sia stato quasi certamente dettato dal brusco incontro con gli Unni di Attila e le sue vittorie devastanti. E come spesso è accaduto, i Romani hanno preso dai loro avversari, hanno implementato e perfezionato.
[Leggi anche La battaglia del fiume Utus (447). La vittoria totale di Attila.]
L’impatto dell’onda unna ha certamente un effetto su gran parte del mondo mediterraneo, nel quale si cerca in tutti i modi di avere eserciti composti solo, o in gran parte, da cavalieri, ma sono i Romani a sublimare l’insegnamento unno al meglio – molte delle battaglie delle guerre di Giustiniano contro Vandali e Goti, per esempio, sembrano essere scontri principalmente di cavalleria, ma le popolazioni germaniche in questione sono totalmente carenti di arcieri montati.
Se questo cambiamento avviene nella seconda metà del V secolo e si dimostra tremendamente vincente sui campi di battaglia, chi è lontano dal fronte però non sembra vederne l’efficacia, e disprezza questo “nuovo modello” di soldato romano proprio perché un arciere, paragonandolo agli arcieri omerici che si dovevano coprire usando gli scudi dei compagni o lapidi.
Questo è il motivo per cui la più grande opera storiografica del VI sec. d.C., le “Guerre” di Procopio di Cesarea (per un periodo, segretario di Belisario), si aprono prima di tutto con quella che è una vera e propria apologia al nuovo soldato romano, l’arciere-lanciere a cavallo, che lo storico ha visto in azione più e più volte con i suoi occhi.
“Adesso invece i nostri arcieri vanno in battaglia indossando la corazza e protetti da schinieri fino al ginocchio.
Al loro fianco destro pende la faretra e a quello sinistro la spada. Ve ne sono inoltre di quelli che portano una lancia e sulle spalle un piccolo scudo […]
Per di più cavalcano benissimo e sono anche capaci, facendo voltare rapidamente il cavallo, di lanciare senza difficoltà i dardi da ambedue le parti, e di inseguire i nemici colpendoli mentre fuggono.
Tendono poi il nervo dell’arco all’altezza della fronte, fin presso l’orecchio destro, e scoccano la freccia con una forza tale da uccidere sempre chi si trova a tiro, nè vi è scudo o corazza in grado di sostenerne l’urto”
[Guerre I, 1, 6-17]
La grande importanza del nuovo soldato romano a cavallo è ben esplicata nelle fonti.
La narrazione delle battaglie di questi periodi mostra come questi soldati possano davvero fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta, anche quando in enorme inferiorità numerica – il caso più eclatante è l’assedio di Roma del 537-538 -, e grandissimo rilievo è dato ai bucellari, veri e propri corpi di élite che sublimano l’arte del combattimento a cavallo.
[Leggi anche I bucellari: le truppe d’élite di Giustiniano]
Anche la manualistica militare mette proprio i cavalieri i primo piano.
L’esempio più importante in questo caso è lo 𝘚𝘵𝘳𝘢𝘵𝘦𝘨𝘪𝘬𝘰𝘯 dell’imperatore Maurizio (582-602).
Dei dodici libri di questo trattato militare, infatti, almeno quattro sono dedicati in modo molto specifico all’armamento, organizzazione e tattiche delle forze di cavalleria romane, divise in 𝘤𝘶𝘳𝘴𝘰𝘳𝘦𝘴 (coloro che vanno principalmente all’attacco, gli arcieri a cavallo) e 𝘥𝘦𝘧𝘦𝘯𝘴𝘰𝘳𝘦𝘴 (i lancieri propriamente detti, armati di lancia e scudo, che cooperano con i primi).
[Leggi anche I Romani e le staffe]
Bibliografia essenziale
Fonti
Maurizio imperatore, Strategikon
Procopio di Cesarea, Guerre
Studi
G. Breccia 2018, Lo scudo di Cristo. Le guerre dell’impero romano d’Oriente
G. Cascarino 2012, L’esercito romano. Armamento e organizzazione. Vol. IV