Dopo la IV Crociata nel 1204, i Romani, in lotta tra loro, stabiliscono varie enclavi dalle quali reclamare la porpora e il trono di Costantinopoli.
Una di queste entità è il cosiddetto “impero di Trebisonda”, retto dalla dinastia dei Comneni – e il cui imperatore ha il titolo di 𝘔𝘦́𝘨𝘢𝘴 𝘒𝘰𝘮𝘯𝘦𝘯𝘰̀𝘴 (“Grande Comneno”) – e che controlla parte della costa settentrionale dell’Anatolia, con capitale appunto a Trebisonda, nonché della Crimea.
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Anche se la corona sarà sempre retta dai Comneni, una delle più importanti e significative vittorie dei Romani di Trebisonda è ottenuta durante il regno dell’unico imperatore non appartenente alla famiglia: Andronico I Gidos.

Sin dal 1214, l’impero di Trebisonda è vassallo dei Turchi di Iconio (il sultanato di Rum), che ancora per qualche tempo, prima della sua totale disgregazione e dell’ascesa della dinastia ottomana, sarà la principale potenza dell’Asia Minore.
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Nonostante il rapporto di sudditanza e il tentativo di mantenere buoni rapporti, i Turchi e Trebisonda si contendono Sinope, uno dei maggiori porti sul Mar Nero – e di fondamentale importanza per i Turchi, costituendo il loro principale sbocco settentrionale al mare.
Nel 1222, da poco asceso al trono, Andronico stipula un trattato di amicizia col sultano. Tuttavia, i rapporti e le buone intenzioni si incrinano subito: il 𝘳𝘢𝘪𝘴 turco di Sinope saccheggia infatti una nave trapezuntina carica del denaro delle tasse di Cherson, e cattura l’arconte Alessio Paktiares.
La risposta di Andronico è rapida e vittoriosa: probabilmente nella primavera del 1223, viene immediatamente inviata una flotta con un corpo di spedizione che saccheggia le vicinanze di Sinope e arriva a catturare diverse navi ed equipaggi, rilasciati solo in cambio del bottino turco e dell’arconte.
Il sultano, venuto a sapere della notizia a Iconio, decide di non poter permettere che un attacco sul suo porto principale, raduna un esercito e lo invia a Trebisonda, al comando di un certo Melik.
“Melik” è in realtà un titolo, che significa grosso modo “regnante”, e non ci chiarisce la vera identità dell’uomo in questione (che senz’altro non è il sultano, Kayqubad), sulla quale sono state avanzate diverse proposte. Una possibilità è che si tratti di un figlio del sultano stesso.
Oltre alla vera identità di Melik, purtroppo non conosciamo nemmeno la consistenza e la composizione esatta del suo esercito.

Non conosciamo del resto nemmeno il numero e le truppe che Andronico può mettere in campo. Sappiamo solo che l’imperatore di Trebisonda è già preparato alla guerra, probabilmente prevedendo la risposta del sultano al suo attacco contro Sinope.
L’esercito turco, probabilmente intorno a settembre, avanza verso Trebisonda da un luogo note come Passo Stretto, forse da indentificare con le Porte Pontiche (oggi, passo di Zigana).
Qui avvengono le prime schermaglie con le forze trapezuntine, guidate da Teodoro Polemarca, che era stato incaricato proprio di sorvegliare il passo.
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Teodoro fa recapitare all’imperatore la notizia dell’arrivo dell’esercito del sultano di Iconio. Andronico, che è raggiunto dalla notizia mentre è in chiesa, finisce di ricevere l’eucarestia, dopodiché si pone personalmente al comando di cinquecento soldati a cavallo e galoppa contro l’avanguardia turca.
Nonostante siano inferiori di numero di quattro a uno, i cavalieri di Andronico vincono il primo scontro contro i guerrieri di Melik.
Tuttavia, l’imperatore si rende ben presto conto della disparità delle forze in campo, e ripiega con le sue forze dietro le mura di Trebisonda, attendendo l’inizio dell’assedio.
Melik pone il suo campo principale sul Monte Minthrion, presso il monastero di S.Eugenio, vicino alla parte sud-est di Trebisonda alla sua cittadella.
Dopo aver esaminato personalmente le difese (e schivando le frecce dei difensori), Melik ordina un primo assalto, che viene però respinto.
Valutando che le mura più vicine alla costa siano più basse e vulnerabili, parte dell’esercito si sposta quindi più a nord, e tenta un assalto da quella parte.
Questo tuttavia lascia maggiormente sguarnito il campo principale presso il monastero di S.Eugenio. Dalla cittadella, Andronico sente che le truppe turche lì presenti abbiano il morale basso.
Mentre è in corso l’attacco contro le mura costiere, l’imperatore ordina una veloce e devastante sortita di cavalleria contro il campo turco, portando il caos e costringendo Melik a deviare il suo assalto principale.

Come all’inizio delle ostilità, dopo uno scontro tra le avanguardie, Andronico riporta i suoi al sicuro delle mura di Trebisonda in buon ordine, lasciando il comandante selgiuchide a sbollire la rabbia per lo smacco subìto.
Un altro attacco il giorno successivo viene respinto, sia dal tiro degli arcieri sulle mura che da una nuova sortita della cavalleria.
Andronico, il giorno ancora seguente, accetta di ricevere un’ambasceria di Melik, che ha richiesto formalmente alla città di arrendersi (nonostante non abbia, secondo le fonti, ancora vinto davvero nemmeno uno scontro).
Ai delegati turchi vengono mostrate le grandi scorte di vettovaglie presenti in città – un vecchio trucco di guerra psicologica, che ha il potere di abbattere il morale di Melik.
A peggiorare la situazione, la popolazione delle campagne, vedendo come stanno andando le operazioni e non ritenendo i Turchi un avversario così temibile, organizzano un attacco notturno al campo selgiuchide, rubando cavalli, portando via prigionieri e bottino e riuscendo a darsi alla macchia.
Infine, un violento nubifragio si abbatte sulla regione (secondo una delle fonti, scatenato da Sant’Eugenio), con tempeste e allagamenti che fanno annegare o disperdere gran parte delle forze assedianti.

Forse anche attaccato dai Romani di Trebisonda, Melik tenta la fuga con alcune guardie del corpo, ma viene catturato e portato prigioniero nella capitale, dove viene però ricevuto da Andronico con tutti gli onori.
L’imperatore e i suoi consiglieri decidono di lasciarlo andare, a patto che il legame di vassallaggio con il sultano, e il conseguente obbligo di tributi e servizi militari, abbia finalmente termine.
Secondo una delle fonti, Melik sarebbe stato tanto impressionato da tanta moderazione e generosità da inviare annualmente cavalli arabi in dono ad Andronico, nonché denaro al monastero di S.Eugenio.
Dopo la vittoria sui Turchi Selgiuchidi del 1223, l’impero di Trebisonda manterrà la sua indipendenza fino alla conquista da parte ottomana, nel 1461.
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Fonti
Giovanni Lazaropoulos, Synopsis
(tradotto in J.O. Rosenqvist 1996, The Hagiographic Dossier of St. Eugenios of Trebizond in Codex Athous Dionysiou 154. A Critical Edition with Introduction, Translation, Commentary and Indexes)
