I giannizzeri, come è noto, sono le unità di élite e la guardia personale dei sultani ottomani, presi da bambini tra la popolazioni cristiane balcaniche e trasformati in temibili e fedeli combattenti.
Tuttavia, curiosamente, tra 1438 e 1439 nel seguito dell’imperatore Giovanni VIII Paleologo, temporaneamente in Italia per partecipare al Concilio di Ferrara, compaiono proprio dei giannizzeri.
Come è possibile?
In primo luogo, togliamo il campo da ogni dubbio: la nostra fonte in lingua greca principale, le “Memorie” di Silvestro Syropoulos, cita per tre volte degli 𝘪𝘢𝘯𝘪𝘵𝘻𝘢𝘳𝘰𝘪/𝘨𝘪𝘢𝘯𝘪𝘵𝘻𝘢𝘳𝘰𝘪 nel seguito di Giovanni VIII, e questo è proprio lo stesso termine adoperato in altre fonti di lingua greca del periodo per indicare i giannizzeri del sultano.
Nelle “Memorie”, gli 𝘪𝘢𝘯𝘪𝘵𝘻𝘢𝘳𝘰𝘪, una ventina in tutto, accompagnano Giovanni VIII nelle sue battute di caccia e a un certo punto sono in uno stato di tale indigenza, non ricevendo paga da tre mesi, da dover vendere le proprie armi e parte degli indumenti.
In tutto questo, non viene mai specificato chi siano effettivamente questi “giannizzeri dell’imperatore”, e ciò ha causato un certo dibattito.
Una prima teoria aveva identificato questi giannizzeri con dei 𝘫𝘪𝘯𝘦𝘵𝘦𝘴 (parola che avrebbe creato il greco 𝘪𝘢𝘯𝘪𝘵𝘻𝘢𝘳𝘰𝘴, quindi slegato dalla parola turca) cristiani, ovvero con soldati di cavalleria leggera. Tuttavia, ciò non spiegava come mai dovessero essere distinti dagli altri 𝘴𝘵𝘳𝘢𝘵𝘪𝘰𝘵𝘢𝘪 al seguito di Giovanni VIII, in gran parte presumibilmente proprio cavalleggeri (i cavalieri pesanti spesso sono noti come 𝘬𝘢𝘷𝘢𝘭𝘭𝘢𝘳𝘪𝘰𝘪) e con un equipaggiamenti ormai piuttosto simile a quello turco.
[Leggi anche Gli ultimi eserciti romani (XIII-XV sec.). Dalla Quarta Crociata alla fine dell’impero]

La spiegazione più esaustiva e convincente alla questione è stata data nel 2010 dal prof. Andrea Babuin, che analizzando le fonti a disposizione ha concluso che la soluzione giusta sia anche quella, per così dire, più semplice: gli 𝘪𝘢𝘯𝘪𝘵𝘻𝘢𝘳𝘰𝘪 di Giovanni VIII sono a tutti gli effetti soldati turchi – e la presenza di truppe turche in seno agli ultimi eserciti romani è una circostanza tutt’altro che nuova o rara.
Tuttavia, pur facendo parte del suo seguito armato, questi 𝘪𝘢𝘯𝘪𝘵𝘻𝘢𝘳𝘰𝘪 non sono da accostare, né tanto meno da identificare, con i giannizzeri veri e propri, la guardia del sultano.
Come mai sono allora chiamati così?
L’analisi del prof. Babuin fornisce una risposta eccellente.
Sappiamo infatti che all’assedio di Tessalonica di pochi anni prima, nelle fila dei difensori sono presenti dei 𝘵𝘴𝘦𝘵𝘢𝘳𝘪𝘰𝘪 turchi – parola che deriva dal turco 𝘤̧𝘦𝘵𝘦, che a sua volta deriva dallo slavo 𝘵𝘴̌𝘦𝘵𝘢, col significato di “banda di irregolari/predoni”.
Questi stessi 𝘵𝘴𝘦𝘵𝘢𝘳𝘪𝘰𝘪 sono quasi sicuramente i combattenti che, nelle fonti veneziane dello stesso assedio, sono chiamati 𝘫𝘢𝘯𝘯𝘪𝘴𝘴𝘦𝘳𝘪, 𝘫𝘢𝘯𝘪𝘴𝘱𝘦𝘳𝘪 e 𝘻𝘢𝘯𝘪𝘻𝘢𝘳𝘪.
E nelle fonti di lingua greca, se da poco prima della metà del XV secolo gli 𝘪𝘢𝘯𝘪𝘵𝘻𝘢𝘳𝘰𝘪 identificano ormai sempre la guardia del sultano, precedentemente a questa data nelle fonti imperiali ha un più generico significato di “soldato turco di fanteria” – probabilmente perché allora, per Romani e Latini, la parola turca per “giannizzero” non era ancora stata associata, evidentemente, ai soldati della guardia del sultano.
Letture consigliate
A. Babuin 2010, Per i giannizzeri di Giovanni VIII Paleologo, in “La parola del passato”, CCCLXX, pp. 15-33
M.C. Bartusis 1997, The Late Byzantine Army. Arms and Society
S. Kyriakidis 2011, Warfare in Late Byzantium 1204-1453

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