La battaglia di Singara (344). Duro scontro tra Romani e Sasanidi

Nel 344, in risposta alla cattura dell’Adiabene (alta Mesopotamia, al di là del fiume Tigri) da parte delle truppe di Costanzo II, il 𝘴̌𝘢̄𝘩𝘢̄𝘯 𝘴̌𝘢̄𝘩 (“Re dei Re”) Shapur II si prepara a lanciare un massiccio attacco alle forze romane.

Dopo aver raccolto un poderoso esercito – che comprende arcieri a piedi e a cavallo, frombolieri, fanteria pesante, cavalleria pesante e catafratta -, il re sasanide, accompagnato dal figlio, il principe Narsete, muove contro Costanzo II, marciando verso ovest e cercando di finire alle spalle del suo avversario, per tagliarli eventuali vie di ritirata.

L’imperatore, ben consapevole delle mosse di Shapur e con un esercito più vasto a disposizione, decide di attirare il nemico in una trappola e di provocarlo a battaglia nei pressi di Singara. Ordina alle sue truppe di frontiera di attraversare il Tigri per tornare verso ovest, lasciando incustodito il fiume.

Non trovando resistenza, le truppe persiane costruiscono tre ponti di barche ed entrano in territorio romano, costruendo poi un campo fortificato, con tanto di cisterna, sul terreno sopraelevato di Eleia, per tagliare le vie di rifornimento romane.

Proprio come Costanzo II, anche Shapur spera di attirare i Romani in una trappola: il suo piano è quello di lanciare un primo attacco con la cavalleria, per spingere i Romani a inseguirlo con una lunga marcia e per farli arrivare, esausti, fino al suo campo e al terreno sopraelevato sul quale è stato costruito, per bersagliarli con i suoi arcieri.

Quando il re persiano fa la sua mossa, questa riesce, contro le previsioni di Costanzo II – che non riesce a bloccare i suoi soldati, troppo sicuri di sé.
I legionari inseguono i Persiani per una distanza, a seconda delle fonti, che va dai 18 ai 30 km, e come previsto questi arrivano assetati ed esausti di fronte al campo nemico, a tiro di freccia.

Attaccati nel contempo dalla cavalleria pesante sasanide, i soldati romani anti-cavalleria, armati di mazze e clave, cercano di respingere il nemico, supportati da parte della fanteria pesante.

È il caos più totale: Costanzo II ha perso il controllo dei suoi uomini, e ora la battaglia si sta svolgendo su un terreno a lui niente affatto favorevole – e in ogni caso, non quello che lui aveva scelto, più vicino alla fortezza di Singara.
Per cui cerca almeno di salvare il salvabile, mandando in supporto delle truppe in prima linea il resto della fanteria, che può usare come riserva.

Dall’altra parte del campo di battaglia, anche per Shapur la situazione non volge favorevolmente. Fatta formare una formazione a testuggine da alcuni dei suoi fanti, sale sugli scudi per poter osservare il nemico: si rende finalmente conto che le forze romane lo superano di gran lunga di numero.

Shapur II decide quindi di iniziare a ritirarsi. Lui precede il resto dell’esercito verso il fiume Tigri, lasciando a comando delle operazioni sul campo il figlio Narsete.

Il re dei re pagherà cara questa scelta. I Romani riescono a pressare in avanti, mettendo il nemico in fuga, distruggono il campo nemico e catturano il principe, che verrà torturato e poi ucciso.
Tormentati dalla sete, i legionari si dissetano usando la cisterna del campo sasanide.

La battaglia non è però finita. I Persiani, approfittando della pausa presa dai Romani, si riorganizzano e tentano un attacco notturno.
Utilizzando a loro favore le torce e i fuochi da campo romani, i Sasanidi scagliano nugoli di frecce, invisibili nell’oscurità, sulle forze di Costanzo II.

I Romani subiscono perdite devastanti, ma riescono a organizzare un contrattacco e, infine, respingono i Persiani una volta per tutte.

Viste le perdite devastanti per entrambe le parti, e non avendo ottenuto nessuno dei due contendenti il risultato sperato, si può ben dire che la battaglia di Singara sia stata una battaglia senza vincitore.

Ironicamente, è anche uno dei pochi scontri campali descritti nel dettaglio, se non l’unico, nell’ambito della guerra più che ventennale (337-361) tra Costanzo II e Shapur II.

Lettura consigliata

I. Syvanne 2018, Military History of Late Rome 361-395


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