Narsete e i Longobardi (552). Da alleati a predoni

Quando nel 551 Narsete è incaricato da Giustiniano di portare finalmente a termine la guerra contro gli Ostrogoti in Italia, il generale si assume l’incarico di reclutare un grande esercito da portare nella Penisola.

Tra i vari contingenti che si uniscono alla sua spedizione, c’è anche un nutrito contingente di Longobardi – 5.500 guerrieri, per la precisione -, da quanto ne sappiamo in buona parte costituito da cavalieri.

Non si tratta di truppe mercenarie o assoldate, né di 𝘧𝘰𝘦𝘥𝘦𝘳𝘢𝘵𝘪 come gli Eruli, ma di alleati. Infatti il re di allora, Audoino (padre del celebre Alboino), invia questo nutrito contingente di guerrieri per sdebitarsi con Giustiniano, che all’epoca è suo alleato, per il supporto avuto contro i Gepidi qualche anno prima.

Il contingente longobardo è tra le truppe germaniche schierate al centro alla battaglia di Tagina del 552. Sappiamo proprio dalla descrizione fatta da Procopio Cesarea di questa battaglia che la gran parte dei guerrieri di Audoino devono essere cavalieri…perché viene loro ordinato di combattere a piedi.

“Nel centro Narsete collocò i Longobardi, gli Eruli e tutti gli altri barbari, e li fece scendere tutti da cavallo e stare a piedi, per impedire che, impauriti nella pugna e perfidamente negligenti, avessero troppa facilità nel fuggire”.

Al di là dello stereotipo e delle parole di Procopio, molto probabilmente i Longobardi vengono fatti combattere a piedi, essendone perfettamente in grado, probabilmente per necessità tattiche di rinforzare proprio quest’area dello schieramento – sappiamo infatti che la battaglia di Tagina si risolve con la fallita carica della cavalleria ostrogota proprio al centro della linea romana.

Immagine tratta dal docufilm “Langobardi. Alboino e Romans”, dell’associazione Invicti Lupi

Con la vittoria di Tagina, la guerra contro gli Ostrogoti non è ancora finita, ma i Longobardi sono assenti dalla battaglia finale del conflitto, presso i Monti Lattari nel 553.
Sono infatti stati nel frattempo riaccompagnati (o per meglio dire, sorvegliati) fino alla frontiera dell’Italia, unico tra tutti i contingenti di alleati e mercenari dell’esercito di Narsete.

Procopio lo narra molto bene:
“[Narsete] dava ordine alle cose più urgenti. In primo luogo volle redimersi dalla brutta licenza dei Longobardi, suoi seguaci, i quali, oltre alle altre indegnità del viver loro, incendiavano quanti edifici incontrassero e facevano violenza alle donne che si erano rifugiate nei templi [nelle chiese].”

Narsete, dopo aver dato loro una ricca somma di denaro per il servizio reso e per tenerli buoni, li fa scortare dall’ufficiale Valeriano verso le frontiere orientali della Penisola perché tornino in Pannonia “perché, lungo il cammino, non avessero a fare male alcuno.”

Esiste poi la leggenda, non veritiera e tramandata da Paolo Diacono, che per difendersi dalle trame di corte, Narsete avrebbe inviato dei frutti dall’Italia (a dimostrazione della ricchezza della terra) invitandoli lui stesso a invadere la Penisola.

Si tratta naturalmente di una Storia oggi giustamente considerata inattendibile. Se il dubbio resta riguardo alla modalità di entrata dei Longobardi in Italia – se un’invasione o un 𝘧𝘰𝘦𝘥𝘶𝘴 finito male -, è evidente che i guerrieri longobardi presenti a Tagina abbiano potuto raccontare, in patria, ciò che avevano visto (e saccheggiato) di persona.

Sono stati i Longobardi stessi, insomma, a rendere forse “appetibile” l’idea di scegliere l’Italia come loro nuova, futura sede.

[Leggi anche Baduario e la campagna contro i Longobardi (576)]

[Leggi anche Droctulfo, il Longobardo che diventò Romano]

Fonti e letture consigliate

J. Jarnut 1995, Storia dei longobardi

Procopio di Cesarea, Guerra Gotica


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