La Storia militare, è noto, è colma di aneddoti che raccontano di come molte battaglie non siano state vinte grazie a una raffinata preparazione tattica, ma grazie al caso o all’equivoco.
Nella Storia romana, uno degli episodi più peculiari in questo senso riguarda la seconda battaglia di Bedriaco, combattuta nei pressi di Cremona il 24 ottobre del 69 d.C. tra le forze di Vespasiano e quelle di Vitellio.

La seconda battaglia di Bedriaco, una delle battaglie meglio descritte dell’antichità, grazie a Tacito, è uno scontro durissimo: praticamente tutti i soldati coinvolti sono veterani, e il primo giorno di confronto prosegue anche durante la notte – lo svolgimento e gli episodi eroici che avvengono sono troppi per essere efficacemente riassunti in un singolo articolo.
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Nonostante a un certo punto della nottata i flaviani siano favoriti dalla luna, alle loro spalle, l’alba non vede ancora nessun vincitore chiaro del tremendo scontro.
A un tratto però, quando sta sorgendo il sole, un clamore si leva da una parte delle schiere flaviane.
Anche grazie alla voce fatta circolare dal comandante dell’esercito di Vespasiano, Marco Antonio Primo, i vitelliani credono si tratti di grida di giubilo, in saluto dei rinforzi per il nemico. Demoralizzati, i soldati di Vitellio si rifugiano a Cremona.
Si tratta, in realtà, di un colossale equivoco (ma sfruttato ad arte da Antonio).
Infatti non sono in arrivo rinforzi…ma, semplicemente, il sole.
A provocare il clamore è infatti la Legio III Gallica, che è stata di stanza in Siria per quasi un secolo, e che aderendo ai costumi locali ha iniziato ad adorare il sole – non sappiamo se in una forma che precede quella, ben più famosa, del più tardo Sol Invictus.
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All’alba, quando sorge il sole, in osservanza alle loro nuove abitudini, i legionari della Legio III Gallica salutano l’astro nascente.
“Si leva da ogni parte un clamore immenso: i legionari della Terza, come d’uso in Siria, salutano il sole che sorge”, sintetizza Tacito.

Anche se lo scontro non è ancora finito, è proprio grazie a questo fraintendimento che i vitelliani, esausti per lo scontro durato tutta la notte, si ritirano a Cremona.
La Legio III Gallica, che era stata tra l’altro agli ordini dell’antenato di Antonio Primo, il famoso Marco Antonio, si riesce comunque a distinguere per il valore e il coraggio in battaglia, al di là dell’equivoco del saluto al sole.
Cremona è infatti difesa non solo da una cinta muraria, ma anche da un poderoso vallo con fossato. Insieme alla VII legione, la III Gallica si lancia all’assalto del settore orientale, con l’appoggio di reparti ausiliari e combattendo con “impareggiabile asprezza”.
I legionari vitelliani, non riuscendo a sfondare le formazioni a testuggine delle due legioni, avversarie presi dalla disperazione finiscono per scagliare su di loro direttamente una catapulta, provocando molti morti ma danneggiando il loro stesso trinceramento.
La VII si scaglia a cuneo nella breccia creatasi, ma è la III Gallica la prima legione a penetrare finalmente le difese, sfondando una delle porte con spade e scuri.
Gaio Volusio, legionario altrimenti anonimo della III Gallica, si lancia quindi sugli spalti del terrapieno falciando via quanti ancora dei vitelliani sono ancora lì presenti e, facendosi ben vedere da tutti, urla a pieni polmoni: “Il campo è preso!”.

Di nuovo, la battaglia non è ancora finita.
Ma si può ben dire che è anche grazie alla Legio III Gallica, sia per l’equivoco che per il suo valore, che la seconda battaglia di Bedriaco si concluderà con una grande vittoria per i soldati di Vespasiano.
Fonti
Tacito, Annales
