Il ruolo delle donne all’interno dell’economia del mondo romano è quasi del tutto sconosciuto, o comunque poco noto, a causa del silenzio delle fonti, soprattutto quelle epigrafiche in cui si aveva la tendenza a esaltare le virtù domestiche e familiari. Ma la realtà è molto più complessa.
Infatti, durante l’ultimo periodo dell’età repubblicano, molte matrone avevano avuto di arricchirsi con eredità, donazioni, e investimenti in attività produttive.
Per quanto riguarda i primi due secoli dell’epoca imperiale al contrario le testimonianze epigrafiche e archeologiche testimoniano l’importanza del ruolo economico ricoperto dalle donne, soprattutto di quelle legate alla casa imperiale.
Nelle iscrizioni funerarie, i mestieri riferiti a delle donne sono trentacinque, mentre per gli uomini più di duecento.
Recenti studi su tali epigrafi hanno messo in luce i settori in cui le donne erano impiegate, come ad esempio: la produzione e il commercio di generi alimentari, filatura e tessitura, ovvero attività che trasportano verso l’esterno quelle tradizionalmente associate al mondo muliebre; ma anche la produzione e lavorazione del vetro e quella laterizia.
Ci siamo già occupati del vetro e della lana, cerchiamo ora dunque di capire come l’analisi dei bolli laterizi ci aiutano a completare il quadro del ruolo delle donne nell’economia. I marchi di fabbrica dell’opus doliare attestano una notevole presenza femminile nelle figlinae, settore in ampio sviluppo durante l’età imperiale per via dell’edilizia pubblica urbana.

I bolli riportano molti nomi di donne della casa imperiale: mogli, madri, e parenti di imperatori. Tra loro, a partire dalla seconda metà del II secolo d.C., spiccano i nomi di Faustina Minore e Lucilla Minore, le quali concentrano nelle loro mani la proprietà di importanti figlinae, come le Caninianae, le Domitianae maiores e minores, le Ponticlanae, e le Terrentianae.
Ma le donne appartenenti ai ceti elevati della popolazione non solo le uniche a ricoprire un ruolo nell’industria laterizia. Per il periodo compreso tra il II e il III secolo d.C. siamo a conoscenza di nomi di donne che furono le prime nella loro famiglia a occuparsi di produzione laterizia, come Valeria Urbica, Magia Marcella, Fabia Aeliana, Flavia Pelagia, Neratia Quartilla, Ulpia Accepta. Un esempio di imprenditrice di successo, e prima produttrice di mattoni della sua famiglia, è sicuramente Flavia Seia Isaurica, che tra il 115 d.C. e il 141 d.C. possedeva sei figlinae.
Grazie ai bolli, sappiamo che le donne non ricoprivano solo il ruolo di dominae, ma in alcuni casi detenevano la gestione delle figlinae. Conosciamo ben venti officinatrices, come Valeria Nice, Procilia Phila, Statia Primula, Procillia Gemella, Cassia Doris, ed Aemilia Romana, una liberta. Interessante il caso di questa e Calventia Maxima, i cui signa rimandano a Ercole, culto molto popolare a Roma, ma dal quale le donne erano escluse. Sui signa di Calventia Maxima ( o Maximina ) si nota la figura di Ercole che compie un sacrificio, poi mutato in Ercole vincitore; mentre in quelli di Aemilia Romana vi è Ercole con la clava.
Probabilmente, i signa non richiamavano a un significato personale, ma identificavano un’unità di produzione.
[Leggi anche I Romani e la lana]
[Leggi anche Donne romane produttrici di vetro]
Bibliografia essenziale
AA.VV. 2002, Donna e lavoro nella documentazione epigrafica. Atti del I seminario sulla condizione femminile nella documentazione epigrafica. Atti del I seminario sulla condizione femminile nella documentazione epigrafica
A. Balielo 2016, Il lavoro delle donne nella produzione laterizia: tracce dal silenzio in Made in Roma. Marchi di produzione e di possesso nella società antica in pp. 24 – 25
F. Cenerini 2013, La donna romana

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