Recenti studi sulla condizione femminile nell’antichità hanno fatto chiarezza e mostrato un’immagine decisamente più diversificata e dinamica della donna romana. Come ha anche ben illustrato F. Cenerini, a partire dalla Tarda Repubblica e soprattutto nei primi due secoli dell’Impero, la donna romana appartenente a classi abbienti e politicamente significative, come il ceto equestre o senatorio, sia profondamente diversa dall’immagine tradizionale dell’imbecillis sexus conforme al Mos Maiorum.
Queste donne erano infatti in grado di ereditare, di disporre del proprio patrimonio, di agire autonomamente in assenza di un tutore, di compiere atti di evergetismo, di possedere e metter in affitto interi quartieri, e infine di gestire attività produttive. Si stima, ad esempio, che circa un terzo di produttori di laterizi fossero donne.
Al contrario, le donne attive nella produzione vetraria sembrano essere di estrazione libertina, che dobbiamo tuttavia immaginare facenti parte delle famiglie più facoltose di questo ceto. Siamo in possesso di ben sette testimonianze di donne legate alla produzione del vetro, che si distinguono per via della tipologia dei prodotti e dalle differenti aree geografiche, ma che son accumunate dalla destinazione d’uso dei manufatti, dalla posizione del bollo (impresso in fondo, tipo delle “produzioni in serie”), e dal suo significato.
Fra i contenitori prodotti da donne spiccano sicuramente le bottigliette mercuriali, una sorta di balsamari, recanti l’immagine o gli attributi del dio Mercurio, da catalogare come appartenenti al tipo Insings 84, prodotto soprattutto in area renana, in Gallia, e nel Nord Italia, e probabilmente destinati alla commercializzazione di sostanze medicinali.
E le bottiglie romane di vetro monoansate a base quadrangolare, riferibili alla tipologia Insings 50 e 90. Le numerose raffigurazioni di tale forma associata ad altri recipienti per il consumo del vino come coppe o bicchieri, fa supporre un utilizzo di questa tipologia di vetro come contenitore destinato a tale bevanda. Anche se l’analisi di alcuni residui abbiano dimostrato che poteva essere usata anche per il trasporto e la commercializzazione dell’olio.
Questo tipo di bottiglia ha una storia molto longeva, ed è attesta dal I al IV secolo d.C.

Ph. Martina Cammerata Photography
Fra i bolli rinvenuti e associabili a figure femminili, spiccano due marchi, databili alla prima metà del II secolo d.C., ritrovati a Letia (oggi Linz in Austria). Questi costituiscono un unicum nell’ambito dell’istrumentum iscritto per via delle ricchezza delle informazioni riportate. Entrambi i bolli sono pressoché identici, e recitano: Sentia Secunda facit Aquileiae vitra.
La gens Sentia riportata nel bollo sembrerebbe essere molto attiva nell’Italia Settentrionale, tanto che abbiamo testimonianza di rami diversi della stessa famiglia in area insubre (Mediolanum, Brixia, Comum) e in area veneta (Aquileia, Vicentia, Verona). Addirittura, una Sentia Secunda compare all’interno della necropoli veronese di Porta Palio, ma data l’enorme diffusione del gentilizio e la banalità del cognomen, non è da escludere che si tratti di un semplice caso di omonimia e non della succitata Sentia Secunda produttrice di vetri.
Inoltre, la scarsità di testimonianze epigrafiche ulteriori relative all’area aquileiese non aiuta certo l’identificazione. Ma, mentre in area insubre si hanno menzioni di membri della gens Sentia appartenti all’ordine equestre o senatorio, come nel caso del clarissimus vir C. Sentius Quadratus di III secolo d.C., i membri della famiglia del ramo dell’alto Adriatico sembrerebbero appartenere a ceti sociali più modesti e di estrazione libertina.
Data infine l’area e il contesto di ritrovamento (quello funerario) dei due bolli non si può tuttavia escludere l’esistenza di un centro di produzione nel Norico legato alla famiglia e in particolare alla figura di Sentia Secunda.
In conclusione, in attesa di ulteriori dati e ricerche sull’argomento, dobbiamo comunque riconoscere nei marchi di fabbrica e nella gestione femminile della produzione del vetro una certa peculiarità, soprattutto per la maggior “loquacità” dei bolli, unico modo per farsi riconoscere in un mondo di sigle e abbreviazioni prettamente maschili.
Letture consigliate (clicca i link per acquistare la tua copia del libro o leggere l’articolo)
M. C. Calvi 1968, I vetri romani del Museo di Aquileia
F. Cenerini 2013, La donna romana
F. Mainardis 2003, Sentia Secunda e le altre: le donne romane produttrici di vetro in “Donna e lavoro nella documentazione epigrafica. Atti del I seminario sulla condizione femminile nella documentazione epigrafica”, pp. 87 – 112
Sentia Secunda maestra vetraia (consultato nel Novembre 2022)