Se vi parlo di guerrieri con protesi metalliche, ai più esperti e appassionati non potrà che venire in mente il cavalieri di XV secolo Götz von Berlichingen, del quale sono arrivate fino a noi ben due delle sue protesi di ferro, indossate anche in combattimento.
Tuttavia, esiste un precedente già nel mondo romano, che curiosamente ai più è oggi ancora meno noto di Götz von Berlichingen: Marco Sergio Silo.
La vicenda di Marco Sergio Silo ci è nota dalla 𝘕𝘢𝘵𝘶𝘳𝘢𝘭𝘪𝘴 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 di Plinio il Vecchio, il quale ci riferisce che ha estrapolato le notizie che riporta dalla trascrizione di un discorso di Silo stesso – e vedremo, alla fine dell’articolo, i motivi dietro tale discorso.

Marco Sergio Silo è un illustre antenato del famoso Catilina (il quale, secondo Plinio, “offuscò l’onore del suo nome”).
Da quanto ci racconta Plinio, che non ci fornisce purtroppo grandi dettagli sulle imprese di Silo e di quando queste hanno luogo, il Romano avrebbe perso la mano destra partecipando alla sua seconda campagna militare.
Ci viene anche detto che nel corso di altre due campagne viene ferito ben ventitré volte, potendo a malapena usare la mano rimasta e i piedi, ma che ciò non lo avrebbe fermato dal proseguire a fare il soldato, per quanto invalido (sappiamo solo che è assistito da un suo schiavo).
Non sembra improbabile che queste prime ferite e la perdita della mano abbiano avuto luogo nel corso della Seconda Guerra Punica.
Infatti, sempre da Plinio sappiamo che viene catturato da Annibale ben due volte, e che in altrettante occasioni riesce a fuggire – anche se sembra meno chiara la specifica relativa a venti mesi ininterrotti di prigionia.
Sembra probabile pensare che il primo tentativo di fuga sia andato male, portandolo di nuovo in catene.

La parte che più nello specifico descrive le imprese di Marco Sergio Silo e la sua protesi è come segue:
“In quattro occasioni combatté solo con la mano sinistra, con due cavalli abbattuti sotto di lui. Si fece una mano destra di ferro, fissata al moncherino, spezzò l’assedio di Cremona, difese Piacenza e catturò dodici accampamenti nemici in Gallia [Cisalpina].”
Purtroppo i dettagli delle imprese di Silo non sono facilmente collocabili nel tempo, considerando anche che nessun altro autore antico menziona questo personaggio.
Inoltre, senz’altro non conosciamo tutto nemmeno da Plinio il Vecchio: non sappiamo quando viene catturato da Annibale, né quali siano le “altre campagne”, menzionate da Plinio, alle quali partecipa il Romano con la mano di ferro.
L’unico dato certo è che abbia quindi partecipato alla Seconda Guerra Punica, probabilmente combattendo alle battaglie del Ticino e della Trebbia del 218 a.C. e partecipando alle successive azioni militari – come la difesa di Piacenza, durante la quale Annibale viene tra l’altro ferito.
Tuttavia, nel corso di queste operazioni non è menzionato esplicitamente un assedio punico alla città di Cremona, principale base delle operazioni romane nel nord Italia insieme a Piacenza.
[Leggi anche La ferita di Annibale. Battaglia per il porto di Piacenza (inverno 218-217 a.C.)]

Un’altra possibilità è che Marco Sergio Silo possa aver preso parte alla soppressione della rivolta gallica, guidata (secondo Tito Livio) dal cartaginese Amilcare, del 197 a.C., poiché sappiamo che in quell’occasione un esercito romano spezza l’assedio di Cremona.
Non può aver tuttavia, in questa occasione, aver partecipato alla difesa di Piacenza, che viene infatti saccheggiata e data alle fiamme dai Galli sfruttando il fatto che sia quasi del tutto indifesa.
[Leggi anche L’ombra di Annibale. Amilcare e l’insurrezione della Gallia Cisalpina (200-197 a.C.)]
Vi è anche la possibilità che abbia preso parte a entrambe le guerre, a molti anni di distanza l’una dall’altra.
Tuttavia, al di là, come accennato, di prendere atto che Silo abbia preso parte alla Seconda Guerra Punica, il resto sarebbe purtroppo solo mera speculazione.
Come accennato all’inizio, Plinio il Vecchio afferma di aver ricavato le informazioni su Marco Sergio Silo e la sua mano di ferro dalla trascrizione di un’orazione di quest’ultimo.
Mentre è pretore, quasi certamente proprio nel già menzionato 197 a.C., Marco Sergio Silo è infatti costretto a ricordare i suoi meriti e le sue imprese, ai suoi colleghi, che lo vorrebbero escludere dai riti sacri proprio a causa della sua menomazione.
Una menomazione che non gli ha impedito tuttavia di distinguersi come uno dei soldati più eroici di Roma e, nelle parole di Plinio il Vecchio, di “conquistare persino la Fortuna stessa.”
Fonti
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia
