Quando studiamo la Storia a scuola, spesso ci sfugge quanto il mondo antico fosse ben collegato e di quanto ciò che leggiamo sui libri di testo spesso non è in successione, ma in sovrapposizione.
Un esempio chiaro è il fatto che il regno di Alessandro il Grande fosse contemporaneo alla repubblica romana. Anzi, il grande re macedone era ovviamente perfettamente a conoscenza dell’esistenza della città di Roma…ma non esattamente per motivi proprio lusinghieri.
[Leggi anche Alessandro Magno vs Roma. L’ucronia di Tito Livio]
Infatti, in un qualche momento del suo regno (purtroppo non specificato), Alessandro invia un’ambasceria al Senato romano esponendo una lamentela: pirati che si possono ricondurre ai Romani continuano a saccheggiare le coste greche.
Chi sono questi pirati?
Come abbiamo avuto modo di vedere in precedenti articoli brevi, i Romani, al contrario di quanto a volte ancora si crede, nel IV sec. a.C. non sono affatto estranei alla navigazione, anche di ambito militare – o, come in questo caso, a scopo di razzia.
[Leggi anche Miti da sfatare. La prima flotta di Roma]
Infatti, nel 338 a.C., sette anni prima della grande vittoria di Alessandro a Gaugamela, i Romani conquistano la città di Anzio e, con essa, la sua flotta. Non solo: agli Anziati, anche se in teoria è impedito di navigare, viene concessa la cittadinanza romana.
Sembra molto probabile – e anzi, è proprio la nostra fonte, Strabone, a dircelo – che il divieto non sia molto rispettato, e che anzi i Romani facciano uso dell’esperienza dei marinai di Anzio.
L’atteggiamento dei Romani, nonostante le lamentele del re macedone, non cambia, come dimostra il fatto che anche un suo successore, Demetrio Poliorcete (il cui regno inizia nel 294 a.C.) non si limita a inviare lamentele, ma fa consegnare al Senato dei pirati che ha catturato. Fa inoltre recapitare, tramite i suoi ambasciatori, parole piuttosto dure.

Vale la pena riportare il passo di Strabone per intero:
“[…] gli abitani di quella città [Anzio] possedevano navi, e si associarono con i Tirreni in atti di pirateria, sebbene fossero già soggetti ai Romani.
Per questo dapprima Alessandro inviò le sue rimostranze; e Demetrio, dopo averne catturati alcuni li mandò a Roma, dicendo che perdonava loro la vita in ragione della parentela che vi era tra Romani ed Elleni, ma che non di meno gli sembrava una cosa indegna che un popolo che controllava gran parte dell’Italia mandasse per mare dei predoni;
e che mentre nel foro in un tempo dedicato adoravano i Dioscuri, noti come i Salvatori, mandassero poi razziatori nell’Ellade che ne saccheggiassero la patria.”
Dopo la seconda rimostranza macedone, secondo Strabone i Romani mettono fine alla pratica della pirateria verso la penisola ellenica, certamente anche per non guastare troppo le relazioni diplomatiche con Demetrio.
Nota:
Diversi lettori mi hanno fatto notare che, a detta di alcuni, l’Alessandro di cui parla Strabone sarebbe Alessandro d’Epiro (detto anche Alessandro il Molosso).
Tuttavia, Strabone parla solo di “Alessandro”. La notizia io, ad ora, l’ho trovata solo in Strabone, ed è così come l’ho citata.
L’identificazione, considerando che la fonte parla semplicemente di “Alessandro”, è certo possibile per entrambi i regnanti, ma personalmente trovo più sensato che sia Alessandro il Grande il primo rimostrante.
Sia perché è l’interpretazione che ho trovato maggiormente diffusa, sia perché poi Strabone menziona un altro regnante della Macedonia, sia infine perché Strabone dice, appunto, semplicemente “Alessandro”.
E credo che ancora oggi esista un solo “Alessandro” che non ha bisogno di specificazioni.
Fonti e letture consigliate
Strabone, Geografia
G. Cascarino 2021, Navi di Roma. L’arte del dominio del mare

One thought on “Alessandro il Grande e i pirati di Roma”