Anche se il culmine della lotta per la porpora tra Costantino e Massenzio è rappresentato senza dubbio dalla celebre battaglia di Ponte Milvio nell’ottobre del 312, la guerra tra i due inizia in realtà qualche mese con una serie di battaglie nel nord Italia.
Dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano nel 306, il sistema tetrarchico come immaginato dal primo crolla su sé stesso, poiché tale sistema, per quanto equilibrato e ideale sulla carta, non aveva tenuto minimamente conto di un fattore umano non trascurabile: l’ambizione.
Anche se non sono soli, sono due i maggiori e più famosi protagonisti della lotta che segue.
Da una parte Costantino, figlio di Costanzo Cloro ed elevato prima a Cesare dalle sue truppe in Britannia nel 306 e poi ad Augusto da Massimiano, padre di Massenzio, nel 307. Dall’altra, Massenzio, elevato alla porpora a Roma, con l’appoggio del Senato e dei Pretoriani e già vittorioso contro chi aveva cercato di scalzarlo dal suo ruolo o di contrastarlo, negli anni tra 306 e 310.
Organizzato il suo esercito (le fonti forniscono cifre forse esagerate di circa 90.000 uomini), composto dalle truppe della Britannia e da ausiliari Alamanni e di altre popolazioni germaniche, nell’estate del 312 Costantino scende inaspettatamente dalla Gallia, dove ha finto di preparare una campagna contro i Germani del Reno, ed entra in Italia dai passi alpini del moderno Piemonte, assalendo la città fortificata di Susa.
Anche se l’avanzata di Costantino è avvenuta di sorpresa, Massenzio non è del tutto impreparato: un suo esercito infatti, probabilmente equivalente a quello avversario, è già stato posto a difesa delle Alpi occidentali, ed è pronto ad affrontare Costantino in battaglia.
La punta di diamante dell’esercito massenziano sono i suoi clibanari, con uomini e cavalli ricoperti dall’armatura. Il panegirista Nazario scrive: “Che spettacolo! […] Quanto era spaventoso vedere tanto i cavalli quanto gli uomini rinchiusi in una copertura di ferro!”
[Leggi anche Catafratti e clibanari. Qual è la differenza?]
I due eserciti si affrontano a ovest dell’odierna Torino, nella valle della Dora Riparia, forse vicino a Rivoli, identificata dallo storico Mario Attilio Levi nel 1934 come luogo della battaglia poiché coerente con le descrizioni a disposizione.
Infatti, nonostante l’area intorno a Torino sia quasi totalmente piatta, qui si trova un’altura che potrebbe corrispondere a quella menzionata dai panegiristi e occupata dalle forze di Massenzio.

Un altro luogo, vicino alla stessa località, identificato con parte del campo di battaglia è la Duna di Santa Maria di Grugliasco, dalla quale vennero rinvenute numerose ossa di cavalli – e la cavalleria è un elemento molto importante dello scontro.
Da quanto ne sappiamo, nonostante l’occupazione dell’altura, le forze di Massenzio punterebbero in realtà alla pianura, perfetta per schierare i clibanari e per lanciarli in una carica devastante contro le forze costantiniane.
Secondo il panegirico XII, che parla della battaglia, l’esercito massenziano si dispone a cuneo, per massimizzare l’efficacia di un attacco frontale, con i clibanari sulla cima del colle e le altre forze ai lati, sui pendii, pronte a entrare in azione dopo la carica della cavalleria pesante.
Una disposizione utile non sono a sferrare un attacco per il possibile devastante, ma anche a nascondere la reale entità delle forze a Costantino.
Tuttavia, o perché Costantino intuisce la trappola o perché i suoi informatori hanno lavorato decisamente bene, il piano dell’esercito di Massenzio non va affatto come previsto.
I clibanari caricano l’esercito di Costantino, e Nazario pone l’accento, molto credibile, sul terrore suscitato dalla carica di questa cavalleria pesante, completamente coperta di ferro e spesso dotata di maschere che, agli occhi dei contemporanei, li rendono simili a statue viventi (celebre è la descrizione di Ammiano Marcellino, che paragona i clibanari del più tardo Costanzo a statue di Prassitele).
Ma lo schieramento di Costantino, a mezzaluna con il centro arretrato, è comunque pronto ad accogliere la carica e a intrappolare i clibanari in una morsa letale. Smorzato l’effetto della carica, anche grazie all’apertura di varchi tra le linee, entrano in azione le truppe specializzate nel contrastare i clibanari, probabilmente fanti, armate di mazze dotate di punte di ferro acuminate: l’arma migliore per sfondare ciò che sta sotto le corazze dei cavalieri.
[Leggi anche Clave, mazze, lance pesanti. Le truppe anti-clibanario dell’impero romano]
Mentre il caos e la distruzione accompagnano la fallita carica dei clibanari di Massenzio, le altre truppe massenziane (che dobbiamo immaginare con il morale non molto alto a questo punto) tentano lo stesso una manovra di accerchiamento sui fianchi, ma la cavalleria di Costantino riesce a contenere la manovra.
Una volta eliminata definitivamente la minaccia dei clibanari, Costantino lancia un contrattacco su tutta la linea, mettendo così in fuga le truppe rimaste di Massenzio verso Torino.
Iniziata con la schiacciante vittoria di Torino, la campagna di Costantino prosegue con le vittorie di Brescia e Verona, per poi concludersi, prima della fine del 312, con la celebre battaglia di Ponte Milvio.
[Leggi anche Maxentius Invictus. E se Massenzio avesse vinto a Ponte Milvio?]
Letture consigliate
Aa. vv., Panegyrici latini
R. Cowan 2021, Ponte Milvio 312 d.C. La battaglia di Costantino per l’impero e per la fede
Se non fosse morto Costantino avrebbe conquistato anche la Persia sasanide mettendo fine alla spina nel fianco dell’ impero Romano ad oriente
LikeLike
Ho qualche dubbio a riguardo. Da una parte per l’età, per l’epoca, piuttosto avanzata di Costantino (aveva più di sessant’anni quando morì), dall’altra soprattutto sulla volontà di una conquista.
Nemmeno gli imperatori che lo avevano preceduto e che seguirono, tra quelli che per esempio arrivarono a Ctesifonte addirittura saccheggiandola, si sognarono mai di parlare di una conquista dei territori persiani – una faccenda troppo complessa.
In più, l’Eranshar (impero persiano) si estendeva fino alle propaggini dell’India…credo sarebbe stato troppo per qualunque imperatore romano, se mai gli fosse venuto in mente un simile progetto.
LikeLike
Purtroppo è vero che il territorio persiano era enorme ma i Romani battendoli avrebbero avuta un fronte in meno,lo so che gli imperatori si rendevano conto che non avrebbero potuto controllare l intero territorio persiano, ma almeno le legioni utilizzate in oriente potevano essere spostati in fronti comunque caldi come il confine renano e danubiano,quello che dice lei è giusto e persino nel periodo aureo dell’ impero Adriano rinuncio a continuare la campagna del suo predecessore Traiano
LikeLike