La leggenda di re Artù, mitico sovrano medievale dell’isola di Britannia, è forse una delle più famose, amate e di maggior successo di tutti i tempi.
Il ciclo arturiano, ovvero le opere e storie che ruotano intorno alla figura di Artù e dei suoi cavalieri, si è stratificato e ramificato in maniera incredibile nel corso dei secoli, con tanto di racconti, romanzi e film che vengono prodotti ancora oggi.
La figura di re Artù non è però completamente inventata.

Infatti, la leggenda di Artù prende il via da alcune fonti altomedievali che testimoniano l’esistenza di un condottiero con questo nome, sul quale poi si sarebbero stratificati talmente tanti racconti, miti e leggende da rendere quasi completamente irriconoscibile il personaggio originale.
Secondo queste fonti altomedievali, un comandante militare di nome Arthur (in alternativa Artur e Arturius, ma mai Artorius…tenetelo a mente che ci torniamo alla fine) avrebbe guidato in diverse battaglie e vittorie gli eserciti della Britannia subromana contro i Sassoni invasori, nonché contro i Pitti e gli Scoti d’Irlanda.
La prima fonte storiografica che menziona esplicitamente Arthur è l’𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘵𝘰𝘯𝘶𝘮, composta intorno all’anno 828 dal monaco gallese Nennio (non è probabilmente la prima vera menzione di Arthur, ma ci arriviamo più avanti).
Nennio riporta che Arthur è un 𝘥𝘶𝘹 𝘣𝘦𝘭𝘭𝘰𝘳𝘶𝘮, non un re, che combatte a fianco dei re dei Britanni (𝘤𝘶𝘮 𝘳𝘦𝘨𝘪𝘣𝘶𝘴 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘵𝘰𝘯𝘶𝘮) contro i Sassoni. Nennio attribuisce a questo Arthur il comando in dodici importanti battaglie, delle quali l’ultima è una grande vittoria presso Monte Badon.
La battaglia di Monte Badon sappiamo che è davvero avvenuta e soprattutto ne conosciamo anche la data (o meglio, le possibili date), grazie a una fonte quasi contemporanea all’evento, il 𝘋𝘦 𝘦𝘹𝘤𝘪𝘥𝘪𝘰 𝘦𝘵 𝘤𝘰𝘯𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘶 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘢𝘯𝘯𝘪𝘢𝘦 del monaco Gildas (che a onor del vero la chiama “assedio”) e agli 𝘈𝘯𝘯𝘢𝘭𝘦𝘴 𝘊𝘢𝘮𝘣𝘳𝘪𝘢𝘦 del X secolo.
Questa cruciale battaglia, che avrebbe imposto una battuta d’arresto alle conquiste sassoni per circa una generazione, si sarebbe svolta in un anno tra il 493 e il 516.

Artù, o meglio Arthur, è quindi esistito davvero?
Questa è una domanda alla quale da decenni, se non da secoli, si cerca di dare una risposta.
L’atteggiamento più diffuso tra gli storici, tra lo scettico e l’agnostico, è quello di considerare Arthur non tanto un preciso personaggio storico con questo nome, quanto la somma di diversi individui che hanno vissuto nella tarda antichità, le cui gesta gli sono state nel tempo attribuite.
Diversi di questi personaggi sono romani, o strettamente legati al mondo romano.
[Leggi anche L’abbandono (non calcolato) della Britannia]
Prima di vedere brevemente insieme chi sono i principali (ne tratterò approfonditamente anche in futuri post dedicati), vediamo quali sono alcune delle caratteristiche che possono possedere, non necessariamente tutte, che li accomunano ad Artù:
-è stato un famoso comandante militare attivo in Britannia tra il IV e il VI secolo
-ha combattuto popolazioni ostili come Sassoni, Pitti e Scoti…nonché altri Romani
-è sbarcato sul continente almeno una volta. Pochi lo ricordano ma Artù, a partire dalla tradizione del XII secolo di Goffredo di Monmouth nel suo 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘙𝘦𝘨𝘶𝘮 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘢𝘯𝘯𝘪𝘢𝘦, sarebbe anche sbarcato in Gallia due volte, in un’occasione combattendo i Romani e addirittura valicando le Alpi.
I primi due comandanti che hanno forse ispirato parte dell’Artù leggendario sono due imperatori romani, per quanto usurpatori: Magno Massimo e Costantino III.
Magno Massimo, il 𝘔𝘢𝘤𝘴𝘦𝘯 𝘞𝘭𝘦𝘥𝘪𝘨 del folklore gallese, è un comandante militare proveniente dalla Spagna. Combatte in Britannia tra 368 e 369, al comando di Teodosio il Vecchio e a fianco del figlio di questi, quel Teodosio che nel 379 diventerà imperatore in Oriente.

Di nuovo al comando di Teodosio il Vecchio in Africa nel 373, nel 380 sarà assegnato nuovamente alla Britannia, dove combatterà vittoriosamente contro Pitti e Scoti. Nel 383 le sue truppe lo acclameranno imperatore, spingendolo all’azione contro l’imperatore Graziano.
Magno Massimo sbarca così sul continente (provocando il primo ammanco importante di truppe sull’isola), sconfigge e fa uccidere Graziano. Nel 387 si muove verso l’Italia per spodestare il suo giovane figlio, Valentiniano II, e valica le Alpi per raggiungere Milano.
Tuttavia in pochi mesi, tra 387 e 388, Magno Massimo sarà infine sconfitto dal suo vecchio compagno d’armi, l’imperatore Teodosio, e messo a morte presso Aquileia.
Se Magno Massimo ha avuto una lunga carriera militare prima di essere acclamato imperatore, Costantino III è solamente un soldato che ha avuto la fortuna di avere il nome giusto.
Tuttavia, mostrerà capacità decisamente superiori alle aspettative.

Costantino III è acclamato imperatore dalle truppe in tumulto della Britannia agli inizi del 407, dopo due effimeri usurpatori elevati e deposti dai soldati stessi nei mesi precedenti.
Costantino III scende così sul continente (provocando il secondo, grave ammanco di truppe sull’isola) con due obiettivi: reclamare la porpora imperiale occidentale spodestando Onorio, il figlio minore di Teodosio, e cercare di porre un freno alla grande invasione di Vandali, Suebi e Alani che ha attraversato il Reno ghiacciato il 31 dicembre del 406 e che sta devastando la Gallia.
Nonostante sia stato un semplice soldato prima dell’acclamazione, per diverso tempo Costantino III riesce a sbaragliare le forze che Onorio gli manda contro e mette al sicuro il fronte renano contro le popolazioni germaniche.
A un certo punto, nel 410, valica anche le Alpi per reclamare finalmente la porpora, ma è presto costretto a tornare indietro.
[Leggi anche Perché Alarico saccheggia Roma? (410). Le ragioni di una sciagura evitabile.]
I successi di Costantino III sono temporanei. Le sue truppe sono sconfitte dai popoli germanici invasori del 406, che intanto hanno raggiunto i Pirenei, e viene tradito da alcuni dei suoi ufficiali.
Nel 411 infine si arrende al futuro imperatore Flavio Costanzo, venendo messo a morte.
Costantino III entra nell’elenco dei sovrani di Britannia dell’𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘙𝘦𝘨𝘶𝘮 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘢𝘯𝘯𝘪𝘢𝘦, col nome però di Costantino II di Britannia e diventando il padre del quarto personaggio di cui parleremo, nonché del leggendario Uther Pendragon e nonno di Arthur.
Con il terzo personaggio storico, che personalmente reputo uno dei più affascinanti, ci avviciniamo al periodo del supposto Artù storico e troviamo un condottiero che in molti hanno identificato come il vero Artù.
Stiamo parlando di Riothamus.

Riothamus (anche Riothimus) è chiamato 𝘳𝘦𝘹 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘵𝘰𝘯𝘶𝘮 dallo storico di VI secolo Giordane.
Qualcuno ha supposto che il suo nome sia in realtà un titolo, poiché effettivamente si potrebbe tradurre come “grande re”.
Questo però non è possibile: infatti, la fonte più antica nella quale compare è una lettera del celebre Sidonio Apollinare, che viene indirizzata a “il suo amico Riothamus”, indicando con chiarezza che si tratta di un nome proprio.
Da questa lettera, che riguarda disordini creati da soldati britanni dell’Armorica (l’attuale Bretagna), veniamo indirettamente a sapere che questa regione era quasi certamente sotto il controllo di Riothamus – del resto l’Armorica, a partire dal V secolo, diventa anche rifugio di diversi abitanti della Britannia che vogliono fuggire dalle invasioni sassoni.
Non sappiamo se Riothamus combatta in Britannia (come è probabile), ma siamo certi che tra 469 e 470 sbarchi sul continente.

L’imperatore Procopio Antemio, ultimo imperatore energico dell’Occidente, lo chiama in aiuto per combattere contro i Visigoti, e Riothamus risponde.
Secondo Giordane, il 𝘳𝘦𝘹 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘵𝘰𝘯𝘶𝘮 sbarca sul continente con ben 12.000 uomini (numero forse esagerato) e marcia verso sud. L’obiettivo è forse prendere i Visigoti di re Eurico in una tenaglia, con l’esercito di Antemiolo, figlio di Antemio, che procederà dall’Italia verso nord.
Riothamus avanza e occupa Biturica (Avaricum, l’odierna Bourges, nella Francia centrale), ma viene probabilmente tradito e i Visigoti riescono a sorprenderlo.
Ricacciato da Biturica, Riothamus è poi pesantemente sconfitto in battaglia presso il 𝘷𝘪𝘤𝘶𝘴 di Dol, oggi Déols.
Riothamus, con gli uomini rimasti, fugge presso i Burgundi, foederati e alleati dei Romani, insediati allora nella valle del Rodano.

Questo è l’ultima notizia disponibile su Riothamus. Non abbiamo idea se sia morto, magari per le ferite riportate, o se sia riuscito a rientrare in Britannia guidando i superstiti.
Qualche storico supporta questa seconda ipotesi, sovrapponendo perfettamente il personaggio di Riothamus con l’ultimo condottiero del quale parliamo, colui che dalla grande maggioranza degli storici è ritenuto il vero Artù: Ambrosius Aurelianus.

Ambrosius Aurelianus è menzionato per la prima volta da Gildas nell’𝘌𝘹𝘤𝘪𝘥𝘪𝘰 𝘦𝘵 𝘤𝘰𝘯𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘶 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘢𝘯𝘯𝘪𝘢𝘦, ed è definito uno dei pochi Romani sopravvissuti alla “grande tempesta” dell’invasione sassone.
Ambrosius deve essere il membro di un’importante famiglia aristocratica, poiché ci viene detto, con una frase sibillina che ancora oggi fa discutere, che i suoi genitori avrebbero “indossato la porpora”.
Ambrosius è colui che riesce a riunire gli abitanti della Britannia, a organizzarli militarmente e a condurli vittoriosamente in battaglia contro i Sassoni.
Poche righe dopo, Gildas menziona il fatto che Britanni e Sassoni si combattono con alterne fortune, fino alla grande vittoria di Monte Badon.
Questa viene da molti attribuita proprio ad Ambrosius Aurelianus, ma a guardare bene la battaglia sembra essere riferita a un momento successivo all’ascesa del condottiero e Gildas, così come per esempio gli 𝘈𝘯𝘯𝘢𝘭𝘦𝘴 𝘊𝘢𝘮𝘣𝘳𝘪𝘢𝘦, non dicono esplicitamente che fosse lui al comando.
Questo sembra confermato da una terza fonte, per quanto anch’essa tarda: la 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘙𝘰𝘮𝘢𝘯𝘢 di Paolo Diacono.
Pochi lo ricordano infatti, ma Ambrosius Aurelianus è citato per le sue imprese contro i Sassoni dallo storico longobardo, che le data al 493.
La data, come abbiamo visto all’inizio, è curiosamente proprio una di quelle proposte per la grande vittoria di Monte Badon…che però, in Paolo Diacono, non è nemmeno nominata.

Al di là di personaggi romani che abbiamo visto, che hanno tutti qualcosa in comune con l’Artù delle fonti successive, ci sono anche diversi personaggi e comandanti nativi della Britannia che potrebbero aver ispirato e costruito la leggenda di Artù (es. per quanto riguarda Excalibure, la sua corte, etc.), ma non li tratteremo qui.
Arrivati fino a questo punto, vorrei provare a dare la mia personale risposta al quesito che ho posto all’inizio.
Artù, o meglio Arthur, è esistito davvero?
Fornirò la risposta esaustiva in un articolo a parte, ma qui vorrei limitarmi a qualche riflessione.
A parte l’incertezza sull’attribuzione della vittoria a Monte Badon, ho citato velocemente il fatto che la più tarda 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘵𝘰𝘯𝘶𝘮 di Nennio potrebbe non essere la prima fonte nella quale compare Arthur.
Infatti, la prima menzione del 𝘥𝘶𝘹 𝘣𝘦𝘭𝘭𝘰𝘳𝘶𝘮 si troverebbe nel poema 𝘠 𝘎𝘰𝘥𝘰𝘥𝘥𝘪𝘯, composto nel VII secolo.
Il poema racconta le gesta e la tragica ed eroica morte dei trecento migliori guerrieri del regno settentrionale di Gododdin alla battaglia di Catraeth, combattuta poco prima del 600 d.C.

Ebbene, il poema in un passaggio parla del coraggio di uno di questi guerrieri…dicendo semplicemente che, pur essendo molto valoroso, “non era Arthur”. Una menzione en passant, senza spiegazioni, e che non tornerà più.
Se il passaggio non è stato interpolato successivamente, come è possibile, questa sarebbe la menzione più antica di Arthur.
Un personaggio che sarebbe rimasto talmente famoso per il suo valore militare e coraggio, da non avere bisogno di presentazioni.
In più non si può non notare che, proprio tra la seconda metà del VI secolo e la prima parte del VII, vi sia un curioso proliferare di leader e condottieri della Britannia con nomi molto simili o uguali ad “Arthur”, indicando che almeno per un certo periodo doveva essere un nome molto in voga.

Il mio parere personale, che approfondirò appunto in un post apposito, è che sia molto probabilmente esistito un condottiero, un 𝘥𝘶𝘹 𝘣𝘦𝘭𝘭𝘰𝘳𝘶𝘮 di nome Arthur, che ha combattuto vittoriosamente contro i Sassoni tra la fine del V sec. e gli inizi del VI sec.
La sua figura è stata poi ingigantita nel tempo, attribuendole anche imprese di altri e iniziando la costruzione di una leggenda che ha reso quasi impossibile ritrovare il nocciolo originario.
Naturalmente, non è possibile stabilire con certezza se Arthur sia esistito davvero.
Ma è incredibile quanto le gesta di un uomo, o più uomini, vissuti più di 1500 anni fa, ancora facciano parlare di loro e ci facciano appassionare non solo a quello che è uno dei miti più amati di tutti i tempi, ma anche alla vera Storia che vi si nasconde dietro.
P.S. noterete che non ho citato Lucius Artorius Castus…non certo perché me ne sia dimenticato, ma perché con Artù, in realtà, non c’entra proprio niente.
Ma ve ne parlerò nel dettaglio in un futuro articolo che uscirà la prossima settimana.
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Fonti essenziali
𝘈𝘯𝘯𝘢𝘭𝘦𝘴 𝘊𝘢𝘮𝘣𝘳𝘪𝘢𝘦
Gildas, 𝘋𝘦 𝘦𝘹𝘤𝘪𝘥𝘪𝘰 𝘦𝘵 𝘤𝘰𝘯𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘶 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘢𝘯𝘯𝘪𝘢𝘦
Giordane, 𝘎𝘦𝘵𝘪𝘤𝘢
Goffredo di Monmouth, 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘙𝘦𝘨𝘶𝘮 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘢𝘯𝘯𝘪𝘢𝘦
Gregorio di Tours, 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘍𝘳𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘶𝘮
Nennio, 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘉𝘳𝘪𝘵𝘵𝘰𝘯𝘶𝘮
Paolo Diacono, 𝘏𝘪𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘙𝘰𝘮𝘢𝘯𝘢
Sidonio Apollinare, 𝘌𝘱𝘪𝘴𝘵𝘶𝘭𝘢𝘦
Zosimo, 𝘚𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘕𝘶𝘰𝘷𝘢

2 thoughts on “Chi era davvero re Artù? I comandanti romani dietro alla leggenda”