L’abbandono (non calcolato) della Britannia

Nel corso della Storia romana, più volte territori romani sono stati volontariamente abbandonati, di solito perché diveniva impossibile assicurarne la difesa (es. Dacia e Agri Decumati).

Usualmente associamo questo fenomeno anche alla Britannia, abbandonata al proprio destino, con una data ben precisa: il 410 d.C.

In realtà, l’abbandono dell’isola fu un processo lungo e, soprattutto, non calcolato.
Ma una volta raggiunte determinate condizioni, fu impossibile tornare indietro.

L’isola fu per la prima volta sguarnita di militari già ai tempi della ribellione di Magno Massimo e del suo tentativo di prendere la porpora – naufragato nel 388, anno in cui fu sconfitto e ucciso da Teodosio.

La spedizione di Magno Massimo lasciò l’isola preda delle incursioni di Pitti, Scoti dall’Irlanda e Sassoni.

Da qui all’anno 407, quando l’usurpatore Costantino III fu proclamato imperatore, gli eventi non sono chiari.
È assai probabile che delle truppe furono di nuovo inviate nell’isola per contrastare queste incursioni (forse sotto direttiva di Stilicone).

Si spiegherebbe così meglio quali fossero i soldati che Costantino III portò con sé in Gallia nel 407 per combattere sia le popolazioni germaniche sia i legittimi detentori del potere imperiale (anche se non è da escludere un massiccio reclutamento locale in Britannia).

Dopo questo passaggio sul continente, nessun esercito romano rimetterà più piede in Britannia.
Secondo Gildas i Romani, salpando dall’isola, avrebbero fatto chiaro che mai più sarebbero tornati o si sarebbero impegnati in difficili campagne per salvarla.

Ma, tolta la dubbia affidabilità di Gildas in molti passaggi della sua opera, è assai improbabile (se non impossibile) che Costantino III non prevedesse di tornare o almeno di assicurare difesa anche alla Britannia, una vola risolta la situazione sul continente.

Visto il precipitare della situazione in Occidente, anche dopo la sconfitta di Costantino III, dopo il 407 fu impensabile riuscire a destinare nuovamente risorse e uomini verso un territorio così periferico.

I rapporti con la Britannia continuarono, ma ormai la provincia era persa e irrecuperabile.
Nel giro di cinquant’anni, in tutte le cronache tardo antiche si legge che l’isola stava ormai finendo sotto il dominio di Sassoni, Angli e Juti.

A nulla valse la lettera conosciuta come “Gemitus Britannorum”, indirizzata nel 447 a Flavio Ezio. L’impero era impegnato a sopravvivere su troppi fronti in quel momento, particolarmente contro i Vandali e contro l’emergente minaccia unna.
La lettera così recita:
“I barbari ci ricacciano in mare, il mare ci ricaccia verso i barbari. Presi tra questi due modi di morire, restiamo uccisi o annegati.”

Avrete notato che non ho mai menzionato il 410 d.C.

Usualmente a questa data si associa il cosiddetto “Rescritto di Onorio”, una lettera che l’imperatore avrebbe inviato alle civitates britanniche, di fatto dicendo agli abitanti dell’isola che si sarebbero dovuti difendere da soli.

Ora, il testo del cosiddetto Rescritto in realtà non esiste, e non si può quindi esaminare.
La notizia della lettera di Onorio viene unicamente da Zosimo, autore del VI secolo, che lo menzionerebbe indirettamente.

In realtà Zosimo, che in quello specifico passaggio sta parlando dell’Italia, sta probabilmente riferendosi non alla Britannia (che risulterebbe alquanto fuori luogo), ma ai Bruzi o alla Retia – in quel periodo entrambe minacciate da Alarico.

La Britannia, insomma, non è stata abbandonata in modo calcolato, ma perduta.

Letture consigliate (clicca i link qui sotto per acquistare la tua copia del libro)

G. Cascarino 2012, L’esercito romano. Armamento e organizzazione. Vol. IV: l’Impero d’Oriente e gli ultimi romani


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