Se dico “obolo di Belisario”, scommetto che a molti di voi verrà in mente la storia della fine del celebre generale di Giustiniano.
Secondo la leggenda Belisario, fedele servitore dell’impero ma sempre sospettato di accumulare su di sé troppo potere, viene fatto accecare da Giustiniano e costretto a chiedere l’elemosina come un mendicante qualsiasi.
Famosa è la celebre frase che l’ex generale pronuncia, mentre mendica, a seconda delle versioni, presso Porta Pinciana a Roma o presso il Palazzo di Lauso a Costantinopoli: 𝘋𝘢𝘵𝘦 𝘰𝘣𝘰𝘭𝘶𝘮 𝘉𝘦𝘭𝘪𝘴𝘢𝘳𝘪𝘰 (“Fate l’elemosina a Belisario”).

Questa storia ha avuto moltissimo successo nel Medioevo e, grazie al romanzo “Bélisaire”, di Jean-François Marmontel e pubblicato nel 1767, proprio alla fine del XVIII secolo sarà il soggetto di numerose opere d’arte.
Peccato solo che la storia dell’obolo di Belisario sia totalmente inventata – questa si trova per la prima volta solo nel XII secolo, nella Patria Costantinopolitana e nelle Storie di Giovanni Tzetzes.
Cosa dicono invece le fonti precedenti al XII secolo?
Certamente è vero che Belisario cade in disgrazia, un’ultima volta, nel 562.
Nonostante la sua ultima, straordinaria vittoria alla battaglia di Chettos del 559, in difesa di Costantinopoli, Belisario viene accusato dalle malelingue di voler prendere per sé la porpora dall’anziano Giustiniano (Belisario ha probabilmente poco più di sessant’anni, mentre Giustiniano ha superato gli ottanta).
[Leggi anche L’ultima impresa di Belisario: la battaglia di Chettos (559).]
Pochi anni dopo, nel 562, secondo Giovanni Malala viene ulteriormente accusato di aver preso parte a una congiura ai danni dell’imperatore, e viene messo sotto processo.
A giudicarlo vi è il prefetto di Costantinopoli, che altri non è, secondo diverse ricostruzioni, il suo ex segretario: Procopio di Cesarea.

Belisario viene trovato colpevole e condannato agli arresti nel palazzo di Lauso, ma Giustiniano lo fa rilasciare poco tempo dopo, perdonandolo e riammettendolo alla sua corte con tutti gli onori nel 563, secondo Teofane Confessore.
Tolte le testimonianze che contraddicono in pieno la celebre leggenda, sappiamo anche che punizioni corporali come l’accecamento o simili iniziano a prendere davvero piede, come condanna per reati politici, solo circa un secolo dopo, in pieno VII secolo.
Il grande generale, che certo in passato ha espresso parole poco lusinghiere nei confronti di Teodora (pagandone le conseguenze), da quanto ne sappiamo non si è mai sognato di prendere per sé la porpora, dimostrandosi sempre un leale servitore della causa imperiale.
Finalmente riabilitato, ma certamente non sempre trattato come si sarebbe meritato uno dei più grandi comandanti della Storia romana, Belisario muore probabilmente in tranquillità (e certo non mendicando per strada) a Costantinopoli, nel 565 – proprio lo stesso anno di Giustiniano.
Fonti
Agazia Scolastico, Storie
Teofane Confessore, Cronaca
Giovanni Malala, Cronaca
Giovanni Tzetzes, Storie
