Le 𝘴𝘱𝘰𝘭𝘪𝘢 𝘰𝘱𝘪𝘮𝘢 (italianizzato in spoglie opime o spolie opime) sono uno dei riconoscimento miltari più alti del mondo romano.
Si tratta delle armi del comandante nemico ucciso, preso a mo’ di trofeo e usualmente dedicate in un tempio, prese solamente se questi è stato ucciso dal comandante dell’esercito romano.
Solo tre uomini nella Storia di Roma hanno guadagnato tale ambito trofeo: Romolo, Marco Claudio Marcello e, prima di lui, Aulo Cornelio Cosso…ma quest’ultimo in teoria non è il comandante dell’esercito romano.
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Come è possibile?
Andiamo con ordine.
Aulo Cornelio Cosso conquista le 𝘴𝘱𝘰𝘭𝘪𝘢 𝘰𝘱𝘪𝘮𝘢 nel 437 a.C., uccidendo in duello il re etrusco di Veio, Lars Tolumnio.
Durante la battaglia di Fidene tra gli Etruschi e i loro alleati contro Roma, alla confluenza tra il Tevere e l’Aniene, i primi indietreggiano sotto l’impeto dei Quiriti.
Almeno la fanteria: i cavalieri tirrenici infatti, e il re in testa, oppongono un’accanita resistenza, dando filo da torcere ai Romani ma divenendo fatalmente un bersaglio.
A questo punto un tribuno militare, Aulo Cornelio Cosso (“dal fisico assai prestante e dal coraggio pari alla forza”), individua il re di Veio e, notando che la cavalleria romana è timorosa nell’attaccare i cavalieri etruschi, si lancia all’assalto.

Il combattimento si conclude con pochi, brutali colpi: Cosso colpisce Tolumnio scaraventandolo a terra. Sceso da cavallo a sua volta, Cornelio Cosso colpisce ripetutamente il re etrusco con lo scudo mentre sta cercando di rialzarsi, per poi inchiodarlo a terra con la lancia, uccidendolo e volgendo i nemici in fuga.
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Aulo Cornelio Cosso riporta trionfalmente le 𝘴𝘱𝘰𝘭𝘪𝘢 𝘰𝘱𝘪𝘮𝘢 a Roma – la corazza di lino, o linothorax, di Tolumnio, ci dice Livio -, dedicandole nel tempio di Giove Feretrio, e “in suo onore i soldati cantavano rozze canzoni paragonandolo a Romolo”.
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Ora, c’è però un problema: Cosso avrebbe dovuto essere un console per ottenere l’ambito trofeo, mentre dal racconto di Livio sappiamo che è un tribuno militare – ergo, non il comandante in capo.
Com’è quindi possibile?
Tito Livio stesso tenta di risolvere questa incongruenza. Infatti ammette che tutti gli autori che lo hanno preceduto menzionano Cosso come tribuno militare, ma che l’iscrizione nel tempio ad accompagnamento della “reliquia” (vista, a sua detta, tra l’altro anche da Augusto in persona) riporta che Cornelio Cosso, al momento della vittoria, era un console.
Pur non volendo sbilanciarsi troppo, e lasciando che sia il lettore decidere a quale fonte credere, Livio sembra sposare maggiormente la tesi secondo cui Cosso sia stato console – tuttavia riportando, in modo equilibrato e corretto, tutte le fonti disponibili per entrambe le versioni della storia.
Fonti
Tito Livio, Ab Urbe condita
