I centurioni, particolarmente nel periodo tra la tarda repubblica e il Principato, sono ormai viste come figure quasi mitiche.
Vere colonne portanti dell’esercito romano, la loro fama non è di certo del tutto immeritata: sono innumerevoli le fonti che riportano atti di coraggio estremo, disciplina e sacrificio.
Un centurione sicuramente valoroso che si è meritato il rispetto dei commilitoni e dei nemici è Giuliano, coinvolto nell’assedio di Gerusalemme del 70 d.C.
Il lungo assedio di Gerusalemme, raccontato nel dettaglio da Flavio Giuseppe, è impossibile da sintetizzare qui, ma basti sapere che una delle fasi dello scontro si concentra per la conquista della Fortezza Antonia, uno dei principali bastioni di Gerusalemme, e la difesa giudea del Tempio, poco distante.
Grosso modo è mezzogiorno, e combattimento si protrae ormai dalle due del mattino. I Giudei hanno avuto temporaneamente la meglio, e Tito, figlio dell’imperatore Vespasiano e comandante dell’esercito, decide momentaneamente di accontentarsi di mantenere il possesso dell’Antonia, occupata a seguito di aspri combattimenti.
Tuttavia, stremati dal prolungato combattimento, i Romani danno segni di cedimento. A questo punto compare Giuliano, un centurione della Bitinia “grande esperto nell’uso delle armi, con una prestanza fisica ed una forza d’animo superiore a tutti quelli che io [Flavio Giuseppe] conobbi nel corso di questa guerra”.
Giuliano, da solo, decide di calarsi dalle mura della Fortezza Antonia e di lanciarsi contro i Giudei più in basso nel piazzale, per tentare di allontanarli e far riprendere fiato ai suoi commilitoni.
[Leggi anche Il legionario repubblicano. Un combattente individuale]

Nel giro di poco, Giuliano riesce da solo a tenere testa ai nemici: “Davanti a lui tutti scappavano, poiché appariva come un uomo di forza e coraggio superiori. Mentre i nemici fuggivano in ogni direzione, uccideva tutti quelli che raggiungeva, sotto lo sguardo ammirato di Tito Cesare e il terrore dei Giudei.”
Tuttavia, l’equipaggiamento di Giuliano gli gioca un terribile tiro: per via dei chiodi della sua caligae, il centurione scivola sul selciato del piazzale e stramazza a terra, “con un gran rumore dell’armatura”. I Romani che stanno assistendo dall’Antonia lanciano un grido di spavento, preoccupati per il loro commilitone.
I nemici che stavano scappando da lui si accorgono della cosa e si gettano su Giuliano, che però non si arrende senza combattere.
“Egli riuscì a ripararsi da molti colpi con lo scudo e più volte cercò di rimettersi in piedi, ma non vi riuscì poiché gli assalitori erano troppo numerosi, e pur rimanendo disteso riuscì a ferirne molti con la sua spada.”
Giuliano si difende al meglio che può, incassando il collo nelle spalle e cercando di sfruttare al meglio elmo e corazza.
[Leggi anche La scherma dei Romani (VIII sec. a.C. – XV sec.). (I) Armi e tecnica]
Ma la sua resistenza non può andare avanti per sempre: ferito (e amputato) agli arti, e senza che nessun soldato romano si sia mosso per soccorrerlo, Giuliano alla fine muore con la gola tagliata.
I Giudei si impossessano delle sue spoglie (da qui in poi non sappiamo cosa ne è del suo corpo) e riprendono presto il contrattacco contro i Romani nella Fortezza Antonia.
Fonti
Flavio Giuseppe, Guerra giudaica

Salve, leggo i suoi articoli con piacere e interesse. Posso fare una piccola nota? Caliga è femminile della 1a, caligae è (oltre che genitivo) plurale: -> “per via dei chiodi dellE suE caligae” che ci sta, dubito ne avesse solo una chiodata. Cordiali saluti AP, che mastica latino da 50+ anni… 🙂
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Grazie della correzione, è stato banalmente un refuso (purtroppo mi capita spesso con a ed e sulla tastiera!).
Grazie mille, correggo subito
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