“Barbari” (Netflix). Un passo (molto) imperfetto nella giusta direzione.

Decido scientemente di scrivere questa recensione (o forse meglio, opinione e punto di vista) sulla serie “Barbari” prodotta da Netflix solo ora, al parziale abbassamento del polverone che è scaturito alla notizia della sua uscita – almeno sui social italiani.

Se ne stava parlando già troppo, e in un momento ancora troppo “caldo”.

Preferisco invece parlarne ora, a mente fredda e motori appena spenti, cercando di guardarne gli aspetti storici, narrativi e logici.

Sono un grande appassionato della fiction storica in generale, dal film al romanzo storico.
Dove il romanzo storico, quando ci sono imprecisioni ed errori grossolani, viene giustamente spernacchiato, un film o serie storica ben difficilmente passa lo stesso trattamento, se non da parte della nicchia dei più appassionati – ai quali comunque spesso sfuggono alcuni meccanismi della narratologia e di come una storia dovrebbe funzionare.

Ebbene, “Barbaren” a mio parere passa piuttosto bene il traguardo di buon prodotto di fiction storica, seppur con non poche imperfezioni, nonché con qualche vera e propria pigrizia o caduta a livello di sceneggiatura che sarebbe stato meglio evitare.

Vediamo perché.

Una nuova storia della battaglia di Teutoburgo

A livello generale, non posso che dirmi abbastanza soddisfatto di alcune scelte a livello narrativo e di sceneggiatura.

Come ogni buon romanzo storico, la serie mischia gli elementi fattuali descritti dalle fonti (in massima parte, Tacito) con elementi e personaggi di fantasia, e va a colmare con una versione dei fatti inventata quanto dalle fonti non ci è dato sapere – rapporti tra personaggi, svolgersi degli eventi, personalità dei protagonisti, etc.

Saper ben dosare verità e finzione, nonché creare una storia che riesca a prendere il fruitore finale, che abbia tratti originali e non già visti, è uno dei maggiori problemi che uno scrittore di fiction storica debba affrontare.

Ebbene, la storia di “Barbari” reputo si trovi in una via di mezzo.

Da una parte è una piacevole nuova versione della battaglia di Teutoburgo (o meglio, degli eventi che ad essa portarono), con elementi narrativi solidi e originali; dall’altra, si prende alcune libertà di troppo rispetto alle fonti storiche, e in alcuni casi la sceneggiatura ha davvero delle cadute troppo vistose.

L’elemento di maggiore originalità è sicuramente stato quello di non ascrivere ad Arminio il ruolo principale di ideatore e fomentatore della rivolta dei Germani.
Un elemento che noi diamo per scontato, mentre nella serie un suo coinvolgimento avviene piuttosto tardi, come ancora più tardi è posta la sua leadership sui Germani.

Non altrettanto ben riuscito, tuttavia, è il percorso attraverso il quale Arminio si unisce alla rivolta.
In particolare, i due passaggi che segnano il cambio di rotta di Arminio sono a mio avviso mal riusciti rispettivamente dal punto di vista narrativo e dal punto di vista storico.

Il primo, con la caccia e salvataggio dell’amico Folkwin (personaggio fittizio), sembrano incoerenti con l’Arminio conosciuto fino a quel momento.
In teoria un naturale seguito all’ordine di tirare giù i Cherusci crocifissi – il quale, però, poteva essere un semplice gesto di pietà –, in pratica qualcosa di troppo repentino e che non ha avuto modo di essere sviluppato.
E no, il centurione stronzo che sgozza il giovane germano indifeso non è abbastanza.

Ancora meno probabile, la rabbia e la delusione di Arminio nei confronti di Varo (nella serie rappresentato come una sorta di padre adottivo, un rapporto quasi certamente inventato), quando quest’ultimo gli rivela che il suo futuro sarebbe stato quello di re Cherusci “per conto” dei Romani, e che di più non avrebbe potuto avere.
Questo è in effetti il momento definitivo che fa “aprire gli occhi” ad Arminio, ma a livello storico è decisamente irrealistico, come vedremo più avanti.

Parlare di Varo mi dà il giusto assist per parlare di un altro elemento che ho molto apprezzato a livello narrativo: il conflitto.

Quasi tutti i personaggi principali sono coinvolti in vari livelli di conflitto (esterni quanto interiori), spesso ben riusciti.

In questo senso, le due figure che più hanno attirato la mia attenzione sono le due figure paterne di Segimer e Varo.

Il primo tra i due, sicuramente il personaggio della serie che ho preferito e col quale ho empatizzato di più. Dilaniato interiormente dal conflitto che gli causa il dover sempre scegliere tra la sua famiglia e il suo popolo, tra il suo orgoglio e gli interessi della sua gente, Segimer è un personaggio al quale è impossibile non affezionarsi.

Quanto a Varo, ho trovato impossibile non provare una certa dose di affetto per il personaggio, probabilmente perché mostrato molto meno peggiore di come le fonti antiche romane ce lo hanno dipinto – quasi mai preda di conflitti interiori, ma vittima dei conflitti che animano il suo “figlioccio” Arminio, e verso quest’ultimo genuinamente premuroso e affettuoso.

Se questi sono tra i meriti che ho trovato a livello narrativo, i difetti non sono purtroppo pochi.

Il furto dell’aquila è realizzato in modo scandalosamente stupido. Fine. Non c’è davvero altro modo per commentarlo.

Inoltre, qualcuno prima o poi mi spiegherà perché in “Barbari” tutti fanno tutto sempre di notte.

Sempre. Di. Notte.

Posso capire certi incontri tra Folkwin e Thusnelda. Ma tutti i thing? Tutti gli inseguimenti nei fitti boschi della Germania? Ogni cosa di una certa rilevanza?
Forse abbiamo perso la percezione di come davvero si stia al buio (al vero buio). Forse è perché sembrava più bello a vedersi. Ma di per sé, non ha senso.

La maggior parte delle altre incongruenze, che purtroppo non mi hanno fatto apprezzare la serie quanto avrei voluto, sono intrecciate molto da vicino con gli aspetti narrativi, ma appartengono più propriamente al campo della ricostruzione storica degli eventi e dell’ambiente.

(In)congruenze storiche

Premessa: prima di proseguire con questa parte, vi invito a vedere questo video dell’amico Gioal Canestrelli, che fa una disamina precisa e puntuale su molti aspetti storici e ricostruttivi della serie.
Nelle mie righe che seguono, parlerò delle cose tralasciate in questo video, soprattutto di ciò che, purtroppo, a livello storico in “Barbari” non funziona.

Partiamo dai Romani, forse perché è l’elemento riuscito meglio nel complesso.

La ricostruzione è ottima, seppur con non poche imprecisioni – il look generale è forse troppo da fine del I sec. d.C.; specie alcuni elmi, sia imperiali gallici che tutti gli imperiali italici, sono troppo posteriori ai fatti di Teutoburgo. Menzione d’onore però per i Coolus e gli elmi degli ausiliari di cavalleria.

Il fatto che i Romani parlino in latino, con la pronuncia cosiddetta restituta, è una chicca in più. E non tanto per l’uso della lingua originale in sé, quanto perché aiuta a stabilire più solidamente il punto di vista con il quale stiamo vivendo la Storia, cioè quello dei Germani.

Per quanto in tanti si siano poi “offesi” (cosa che trovo ridicola) perché i Romani sembrano stronzi e cattivi: invito a leggere le parole di Cassio Dione su come i Romani stavano gestendo la loro dominazione in Germania sotto Varo, e soprattutto invito a leggere più spesso le parole degli autori antichi.

Greci e Romani si consideravano effettivamente due popoli superiori a tutti gli altri, e non avevano la minima vergogna nel scriverlo e nell’esprimere questa superiorità (l’attore che interpreta Varo secondo me in questo senso fa un lavoro eccellente).

Per cui l’atteggiamento dei Romani verso i Germani è molto in linea con quanto avrebbero poi fatto sul serio. Come dire, per quanto mi riguarda i Romani sono “stronzi” al punto giusto, esattamente come me li sarei aspettati.

Chiaro, la cosa viene enfatizzata ed esasperata con l’atteggiamento del centurione e di alcuni altri (per esempio quel viscidone dell’interprete), che ci dovrebbero portare a disprezzare molto i Romani.
Tuttavia, come detto, in realtà alla fine della stagione non si può che provare una certa empatia anche nei confronti di Varo.

Leggi anche Il “fardello dell’uomo romano”. Plinio e i Cauci

Non ultimo, per i Romani è stata molto azzeccata anche la scelta di cast, impiegando almeno per il centurione e per Varo due attori italiani – cosa che penso abbia anche influito moltissimo sulla loro pronuncia del latino, estremamente convincente.

Un’ulteriore e ultima chicca: la capigliatura di Arminio, che sembra davvero presa da statue del periodo altoimperiale.

Arminio mi collega ai Germani, con i quali iniziano i punti maggiormente dolenti.

Inizio però da un punto decisamente positivo: i Germani che sanno bene di non essere “Germani”, e che sanno di essere chiamati così dai Romani. Una chicca che ammetto di aver molto apprezzato.

…apprezzamento spazzato via appena si sentono (in almeno 2 o 3 occasioni) i Germani chiamare se stessi “barbari”. Stendo un velo pietoso.

Forse nel tentativo di rendere allo spettatore più facile un’immedesimazione con le popolazioni germaniche, gli sceneggiatori si inventano di sana pianta il fatto che questi ultimi non hanno, tra le loro pene, la condanna a morte.

Ovviamente niente di più falso, almeno da come ci riporta anche Tacito:

“La distinzione delle pene è fatta in base al reato: impiccano agli alberi i traditori e i disertori, immergono nel fango di una palude, dopo averci gettato sopra dei graticci, gli ignavi, i codardi e i pervertiti. In quel luogo la diversità del supplizio tiene in considerazione che come è opportuno mostrare i delitti mentre vengono puniti, così è bene nascondere i misfatti vergognosi.”
[Tacito, Germania, 12]

Torno qui anche su un punto toccato prima, ovvero lo shock di Arminio nello scoprire di essere stato destinato a regnare sui Cherusci, a dover restare in Germania, a non poter essere qualcosa in più.
Nello scoprire, insomma, di essere stato “tradito” da Varo.

In realtà, è molto improbabile che Arminio stesso non sapesse di tutto questo, o che non fosse stato cresciuto presso i Romani anche con questo scopo e con questa consapevolezza.

Se pensiamo che il nipote Italico, figlio di Flavo, diverrà proprio re dei Cherusci, inviato presso di loro dall’imperatore Claudio, ci si rende conto di come Arminio probabilmente fosse destinato ad avere la stessa sorte: un tassello della romanizzazione della Germania, del quale lui stesso doveva essere più che consapevole.

Tra l’altro: prima o poi spero si smetta di rappresentare il dare in ostaggio i figli dei regnanti come un vero e proprio rapimento, o qualcosa di orchestrato all’ultimo secondo.
Ovvio che non sarà stato facile per i genitori dei figli inviati come ostaggi – cosa che è avvenuta davvero spesso nel coso della Storia –, ma si tratta di cose che venivano probabilmente pianificate, discusse, e infine attuate quasi certamente non come un rapimento.

Gli sceneggiatori potevano forse giocare meglio questa carta.

E parlando di questo, un’ulteriore nota dolente va sulla dipartita di Segimer. Nella serie è rappresentata come, di fatto, causata dal conflitto interiore di Segimer come padre e dalle parole di Varo…ma nella realtà, ciò non è mai avvenuto.

Segimer, infatti, fu il comandante in seconda di Arminio durante la clades variana. Il momento nella serie è toccante, ma storicamente non ha davvero senso di esserci.

Dal punto di vista storico, stendo poi un (altro) velo pietoso sulla rappresentazione della battaglia. A dir poco vergognosa, una scelta che non ho capito – non solo sullo svolgimento, ma anche su certe scelte ben poco chiare, tipo…ma i Romani che gettano via i pila, che problemi hanno?

Responso: un migliorabile passo in avanti

Considerato tutto, quindi, cosa pensare di “Barbari” di Netflix?

Nonostante le numerose imprecisioni, gli errori e gli scivoloni anche a livello narrativo, per quanto mi riguarda la serie supera l’esame per essere un buon prodotto di fiction storica.

Gli elementi positivi, se non superano, almeno ben bilanciano quelli negativi. Finalmente abbiamo anche un prodotto che, nel curare piuttosto bene la parte materiale, non tralascia la trama e la sceneggiatura, rivelandosi una visione godibile e di intrattenimento – a differenza, sempre per citare prodotti Netflix, di quel pippone di Outlaw King.

Da come è stata impostata la serie come la abbiamo vista, è chiaro che ci si aspetti o si prepari una seconda stagione, nella quale vedremo Flavo e probabilmente anche Idistaviso.

Avrei preferito un lavoro maggiormente autoconclusivo, vista anche la tendenza di Netflix ad annullare serie molto facilmente. Se vi sarà una seconda stagione, tuttavia, credo proprio la vedrò.

Per approfondire

Visto l’argomento, vi lascio qui due letture: un’alternativa narrativa, e un saggio storico.

Se volete ripercorrere la storia di Teutoburgo, o meglio la vita di Arminio, da un punto di vista maggiormente “filoromano”, allora non posso che indicarvi il romanzo “Teutoburgo” di Valerio Massimo Manfredi.

Un romanzo che, devo ammettere, non mi è particolarmente piaciuto, e che sconta (tra le altre cose) uno dei difetti di “Barbari”: il cambiamento troppo repentino e di fatto non ben spiegato di Arminio, che da Romano modello passa con i Germani.

Ho tuttavia apprezzato che si sia cercato di sfruttare un rapporto, e un conflitto, che speravo già emergesse di più anche nella serie TV: quello tra i
fratelli Arminio e Flavo.

Quanto alla seconda lettura, si tratta di un recente saggio storico del prof. Umberto Roberto: “Il nemico indomabile. Roma contro i Germani”.

Nonostante il titolo apparentemente di ampio respiro, in realtà il prof. Roberto studia un contesto più limitato, con un grande focus sulle campagne in Germania di Tiberio, Germanico, e su Arminio.

Non da ultimo, un capitolo sulla percezione della lotta tra Roma e i Germani dal Medioevo all’età moderna e contemporanea, fino al XX secolo.

Un capitolo molto utile anche a capire molte prese di posizione sterili che sopravvivono ancora nell’Italia di oggi – e che tanta polvere hanno sollevato all’uscita della serie, anche alla notizia (orrore!) che è di produzione tedesca.


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