Recensione: “La caduta di Roma e la fine della civiltà”, di Bryan Ward-Perkins

Titolo: “La caduta di Roma e la fine della civiltà”

Autore: Bryan Ward-Perkins

Anno prima pubblicazione: 2008

Editore: Laterza

La fine dell’impero in Occidente: transizione graduale e non sentita (la “caduta senza rumore” del grande Arnaldo Momigliano) o evento traumatico e vero proprio crollo?

Il prof. Bryan Ward-Perkins, archeologo che ha studiato e scavato anche in Italia (oltre a essere nato e cresciuto a Roma), non ha dubbi: la fine della struttura imperiale in Occidente è stata senz’altro un evento traumatico, che non è affatto passato inosservato agli occhi dei contemporanei che vissero, nel V secolo, questa incredibile e drammatica fase storica.

Lo illustra in modo brillante e chiarissimo in quello che è senza dubbio uno dei miei libri preferiti e che mi ha segnato di più: “La caduta di Roma e la fine della civiltà”.

La caduta di Roma e la fine della civiltà” è un grande manifesto della corrente discontinuista, che vede appunto nella fine dell’impero romano in Occidente un evento traumatico e niente affatto di semplice transizione – e del resto, si potrebbe osservare, quasi nessuna transizione storica è mai davvero senza traumi o almeno tensioni.

Come spiega il prof. Ward-Perkins:

“Malgrado la mia educazione, io non ho mai amato gli antichi Romani – che troppo spesso mi appaiono boriosi e compiaciuti di sé – e provo molta simpatia per il mondo difficile e caotico dell’età post-romana. D’altro canto, è sempre risultato evidente quanto i Romani fossero stati capaci di grandi cose, che dopo la caduta dell’impero non si poterono replicare per molti secoli.

[…] È stata quindi per me una sorpresa constatare che di recente si è diffusa in tutto il mondo di lingua inglese una visione assai meno drammatica della fine dell’impero.”

Si tratta di una visione iniziata dal grande storico Peter Brown, autore nel 1971 di “Il mondo tardo antico” (e di fatto coniando e identificando questo nuovo e originale periodo storico), ma poi esasperata in seguito anche da correnti di studio come la Scuola di Vienna e, in anni più recenti, la Scuola di Toronto.
La visione principale di queste correnti continuiste è una sostanziale e graduale continuità e trasformazione del mondo romano tardo antico verso quello alto medievale, senza eccessivi o particolari traumi.

Il libro del prof. Ward-Perkins è una chiara presa di posizione contro questa visione, come esplicita lui stesso:

“Io, persuaso come sono che l’avvento delle genti germaniche arrecò grandi sofferenze alla popolazione romana, e che gli effetti a lungo termine del crollo dell’impero furono drammatici, non posso che contestare simili idee.”

Il libro, che si snoda per poco meno di 300 pagine (di cui circa una trentina dedicate a note e bibliografia), usa in modo magistrale sia le fonti scritte che, soprattutto, le fonti archeologiche: queste ultime mostrano in modo molto inequivocabile la scomparsa, o almeno il fortissimo ridimensionamento in certi casi, senz’altro traumatica di un vero e proprio sistema-mondo.
Al di là del dato scritto, è proprio quello archeologico, materiale, che ci può far letteralmente toccare con mano la vita, l’economia, a volte persino il pensiero di un mondo ormai scomparso.

Proprio due dei capitoli principali della seconda parte del volume sono dedicati a questo, chiamati significativamente “La scomparsa del benessere” e “Perché la scomparsa del benessere?”

Non mancano poi i necessari riferimenti e confronti, anche a livello archeologico, con la pars Orientis dell’impero, che ben dimostrano la situazione drammatica dell’Occidente – tra V e VI secolo, nelle province orientali si assiste addirittura a un’espansione dal punto di vista demografico ed economico, al contrario dell’Occidente, e i primi segni di cedimento arriveranno solo nel VII secolo.

Nella prima parte del libro, particolarmente interessante è un capitoletto dedicato ai motivi secondo cui, secondo il prof. Ward-Perkins, sia stato proprio l’Oriente romano a sopravvivere alle migrazioni e invasioni germaniche (e non solo: ricordiamo che il V sec. è il periodo dell’arrivo degli Unni di Attila).

“Nessuna storia della caduta dell’impero d’Occidente può essere soddisfacente se non ci si chiede come mai l’Oriente riuscì a resistere a una pressione esterna del tutto analoga.”

La risposta del prof. Ward-Perkins è sorprendente: “Qui fu decisiva, io credo, soprattutto la buona sorte, più che una maggiore forza innata.”

Dopo aver smontato il mito che l’Oriente fosse intrinsecamente più forte dell’Occidente, il prof. Ward-Perkins vede soprattutto nella geografia la grande fortuna della sopravvivenza dell’Oriente, che scatena a cascata tutta una serie di altri effetti…

…ma non vi dico di più, per non rovinarvi il piacere della lettura di questo saggio straordinario.

La caduta di Roma e la fine della civiltà” è un grande libro, una pietra miliare per comprendere a fondo un periodo complesso e senza dubbio drammatico della storia romana.

Un libro che non può davvero mancare alla vostra libreria.

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“La caduta di Roma e la fine della civiltà”


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