La magia era una pratica condannata dall’ortodossia e dal mondo cristiano, ed era assimilata per gravità all’omicidio.
Solitamente ad essere accusate di praticarla erano più le donne che non gli uomini.
Le più soggette ad accuse erano solitamente le donne indipendenti e le prostitute.
Queste ultime anche perché praticavano l’aborto e innescavano nell’uomo il desiderio sessuale, che si pensava fosse generato dal demonio.
Ancora nel VII secolo, nonostante la condanna del cristianesimo (che riprendeva comunque una concezione già presente nel mondo classico nei confronti della magia), la nuova religione continuava a risentire degli influssi delle pratiche pagane.
Ciò avveniva anche presso la corte dove, per esempio, si ritrovava la ripetizione, quasi maniacale ed ossessiva, di forme geometriche in decorazioni parietali e tessili, che si pensava avessero significati magici.
Oggetti molto diffusi, in questo periodo, erano gli amuleti.
Questi ciondoli venivano spesso cristianizzati e realizzati in oro con gemme e pietre preziose. Questo perché si riteneva, specie ad Occidente, che le gemme avessero capacità taumaturgiche.
Erano soprattutto le donne a procurarsi questi amuleti, come protezione per la salute dei propri figli o come buon auspicio per il parto.
Si trattava tuttavia di un commercio illegale: pena per chi smerciava questi oggetti erano sei anni di reclusione.
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