In questi giorni sta continuando a circolare la notizia del ritrovamento e restauro di una nuova armatura romana, per la precisione una 𝘭𝘰𝘳𝘪𝘤𝘢 𝘴𝘲𝘶𝘢𝘮𝘢𝘵𝘢, definita “unica nel suo genere” e da “legionario romano”, con datazioni assolutamente vaghe.
Sto vedendo molto sensazionalismo fatto intorno a questa armatura, e soprattutto poca informazione ben fatta, che permetta ai lettori di farsi una buona idea di ciò che stanno guardando.
Per cui, con questo post, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e dare un minimo di contesto in più a questa straordinaria armatura (poiché, a modo suo, comunque lo è).
L’armatura è stata rivenuta nell’antico sito di Satala, oggi Sadak, in Turchia, nel corso degli scavi del 2020, ed è stata recentemente restaurata.
Satala, sul confine orientale dell’impero romano, è stata a tutti gli effetti una fortezza legionaria, teatro di un’importante battaglia tra Romani e Sasanidi/Iranici (la battaglia di Satala del 298) e sede di truppe limitanee nella tarda antichità.
Ora, dire però che la corazza qui rinvenuta sia “da legionario” è completamente fuorviante per il lettore medio, pur appassionato, che magari si figura dei Romani del Principato o, se riesce a fare lo sforzo, del IV secolo.
Questa armatura in realtà, come è evidente dalla forma delle lamelle (e non squame, ma ci torniamo dopo), è da datare a un momento piuttosto avanzato della tarda antichità, e per la precisione in un momento a cavallo tra VI e VII secolo.
Parliamo quindi quasi certamente di un momento, per comprenderci, coevo all’ultima parte di regno di Giustiniano o successivo, fino forse al periodo dell’imperatore Eraclio (565-641).
La forma delle lamelle è la traccia più evidente di questa datazione, visti i numerosissimi paralleli di lamelle identiche a queste, anche di produzione romana, dai Balcani (es. Viminacium), dall’Italia (Roma, Castel Trosino, Nocera Umbra) e alcuni siti del cd. 𝘉𝘢𝘳𝘣𝘢𝘳𝘪𝘤𝘶𝘮 (es. Niederstotzingen), per non parlare di rinvenimenti dall’area di dominio degli Àvari.
Tutti rinvenimenti, appunto, datati tra la fine del VI e il VII secolo.
Si tratta di un’armatura lamellare, in questo periodo tra le più utilizzate dalle truppe imperiali insieme alla cotta di maglia (nello Strategikon dell’imperatore Maurizio rispettivamente chiamate, se la mia interpretazione è corretta, 𝘻𝘢𝘣𝘢 e 𝘭𝘰𝘳𝘪𝘬𝘪𝘰𝘯, nonostante 𝘻𝘢𝘣𝘢 in futuro sia destinato a indicare pezze di cotta di maglia).
Un’armatura lamellare non è da confondersi con una corazza a scaglie.
Se nelle corazze a scaglie, queste ultime sono fissate, oltre che tra loro nella stessa fila, a un supporto sottostante (in lino o cuoio) e si sovrappongono dall’alto in basso, le armature lamellare si sovrappongo dal basso verso l’alto, le file si legano direttamente le une con le altre senza bisogno di un supporto e sono, di fatto, delle “strutture autoportanti”.
Il che rivelerebbe, purtroppo, un difetto di montaggio nel restauro dell’armatura di Satala: le lamelle sono sovrapposte nel senso sbagliato.
Ma questo perché, forse, nella presentazione successiva al restauro, la parte frontale della corazza è stata montata presentando la parte interna dell’armatura come fosse all’esterno (dando quindi l’impressione di una sovrapposizione errata delle lamelle) (grazie a Corrado Re di Res Bellica per la segnalazione).
Tuttavia, sappiamo che quasi certamente i Romani non avrebbero fatto distinzione, a livello di nomenclatura: per loro, una qualunque armatura composta da più lamine metalliche sarebbe rimasta una 𝘭𝘰𝘳𝘪𝘤𝘢 𝘴𝘲𝘶𝘢𝘮𝘢𝘵𝘢 o una 𝘻𝘢𝘣𝘢.
Anche se può essere per noi fonte di confusione, l’armatura dalla Turchia è quindi a tutti gli effetti una 𝘭𝘰𝘳𝘪𝘤𝘢 𝘴𝘲𝘶𝘢𝘮𝘢𝘵𝘢, ma allo stesso tempo un’armatura lamellare e non una corazza a scaglie.
[Leggi anche Le armature dei Romani (VIII sec. a.C.-XV sec.). Da Romolo a Costantino XI]
Ci sono ancora due punti da sciogliere, a riguardo di questa corazza di VI-VII secolo dalla Turchia: è un esemplare unico al mondo? E soprattutto, è romana?
Le risposte a queste due domande si intrecciano.
L’armatura, che ha l’eccezionalità di essere stata rinvenuta quasi intera, non è un unicum di per sé.
Non solo perché coeve armature lamellari complete o quasi sono state rinvenute anche altrove, ma perché anche un suo aspetto estremamente peculiare non è unico al mondo.
Si nota infatti molto chiaramente che, sulla fascia addominale, è presente una striscia di maglia di ferro (dalla ricostruzione, assente dalla parte posteriore, dove è presente una fila di lamelle).
Ebbene, questa curiosa caratteristica, per la quale non si ha una chiara motivazione (forse per aumentare la mobilità del busto, utile specie se il proprietario fosse stato un cavaliere), ha già un parallelo con una corazza lamellare praticamente integra rinvenuta nel 2016 in una tomba di un guerriero àvaro da Derecske, in Ungheria, datata alla prima metà del VII secolo.
In questo caso, la striscia di cotta di maglia correva per tutta la circonferenza del busto, ma la somiglianza e la stessa modalità di costruzione sono assolutamente palesi.
Potremmo affermare, senza rischio di errore, che è proprio la stessa tipologia di armatura.
Quanto alla provenienza della corazza di Satala, abbiamo due plausibili scenari.
Uno è che sia appartenuta effettivamente a un mercenario àvaro al servizio imperiale: sappiamo che ne vengono reclutati diversi durante la campagna del 572-591 contro i Persiani in Oriente, e che alcuni scontri avvengono proprio in Anatolia.
Tuttavia, sappiamo dalle fonti archeologiche e scritte come i Romani abbiano velocemente fatto propri innumerevoli pezzi di equipaggiamento provenienti dal mondo àvaro, e che li producessero a loro volta nelle loro 𝘧𝘢𝘣𝘳𝘪𝘤𝘢𝘦.
Tra questi, per l’appunto, le armature lamellari, e le lamelle di questa determinata tipologia, che come abbiamo visto prima sono diffuse dall’Italia, ai Balcani e ora, come sappiamo da questo ritrovamento, all’Anatolia.
In conclusione quindi, al di là di ogni titolo sensazionalistico e fuorviante, con la corazza da Satala siamo di fronte a un’armatura di VI-VII secolo quasi certamente romana, derivata da prototipi àvari, molto probabilmente appartenuta a un cavaliere delle truppe imperiali.
Fonti, studi, articoli
Maurizio imperatore, Strategikon
M. Caprioli 2017, L’equipaggiamento militare bizantino in Occidente tra VI e VII sec., tesi di laurea magistrale
R. D’Amato, V. Pflaum 2019, Two Suites of Lamellar Armour from Kranj (Carnium), Slovenia, in the Light of Archaeological Analogies, Written Sources and Contemporary Iconography, in “Acta Militaria Mediaevalia”, XV, pp. 7-50
T. Dawson 2013, Armour Never Wearies. Scale and Lamellar Armour in the West, from the Bronze Age to the 19th Century
The Kagan’s Rider, dal sito di Kazar Bazar
Mi sono beata nel leggere tutte queste minuziose spiegazioni! Grazie infinite per la chiarezza e approfondimento dell’argomento!!!
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