A partire soprattutto dal III sec. d.C., la Storia romana ha visto numerosi esempi di personaggi partiti dal gradino più basso della scala sociale e ascendere, letteralmente, fino alla vetta.
Una delle storie più incredibili e forse più iconiche, in questo senso, è quella di uno dei più grandi imperatori romani di sempre: Diocleziano.
Diocleziano non è nemmeno il “vero” nome di questo personaggio, proveniente dalla Dalmazia. Il suo nome originale, infatti, è Diocle – almeno stando ad Aurelio Vittore e Lattanzio.
Non sappiamo quando Diocle nasca esattamente, né dove.
A seconda dell’interpretazione delle fonti, la data di nascita di Diocle varia tra il 236 e il 242-243. Se sappiamo per certo che è nato in Dalmazia, il suo luogo di nascita preciso varia da Doclea (oggi vicino a Podgorica, in Montenegro), menzionata nelle fonti, e Salona, come supposto da alcuni storici.
Diocle è di umile origine, figlio di un liberto (lo scriba di un senatore).
Ma ciò, grazie alle riforme che rapidamente si sono succedute negli anni precedenti, non gli impedisce di fare carriera tra i ranghi dell’esercito.
Infatti, grazie alle decisioni dell’imperatore Gallieno, a partire dal 260 non solo i ranghi intermedi dell’esercito, ma anche quelli superiori non sono più appannaggio né del rango equestre, né dell’aristocrazia senatoria.
Letteralmente chiunque, partendo dal nulla, può aspirare alle massime cariche.
Forse con questa grande visione in mente, o solo per la volontà di elevarsi dal rango di 𝘩𝘶𝘮𝘪𝘭𝘪𝘰𝘳 a quello di 𝘩𝘰𝘯𝘦𝘴𝘵𝘪𝘰𝘳, già prima del 270 Diocle entra nell’esercito romano, iniziando la sua rapida ascesa.
Da quanto sappiamo, Diocle avrebbe servito sotto Aureliano e Probo in Gallia, quindi forse partecipando a battaglie come quella dei Campi Catalaunici del 274.
[Leggi anche La battaglia dei Campi Catalaunici (274). La vittoria di Aureliano sull’Impero delle Gallie]
Già nel 280, Diocle è diventato, secondo Zonara, 𝘥𝘶𝘹 𝘔𝘰𝘦𝘴𝘪𝘢𝘦 (comandante delle truppe in Mesia, a difesa del Danubio), e solo due anni dopo, con l’assassinio dell’imperatore Probo, Diocle ha un ulteriore scatto di carriera, divenendo il comandante dei 𝘱𝘳𝘰𝘵𝘦𝘤𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴 𝘥𝘰𝘮𝘦𝘴𝘵𝘪𝘤𝘪 del nuovo sovrano, Aurelio Caro.
Ormai uomo con un potere e un’influenza non da poco, Diocle probabilmente è in questo momento che inizia a muovere le sue pedine per puntare al gradino più alto di tutti.
Nel 283, Diocle partecipa alla campagna persiana di Caro. Secondo la tradizione, quest’ultimo muore improvvisamente, colpito da un fulmine o per malattia – e in realtà, nulla andrebbe contro questa semplice e più lineare ipotesi.
Qualche storico ha tuttavia supposto che Caro possa essere rimasto assassinato, e i sospetti si addenserebbero sulla figura di Arrio Apro, prefetto del pretorio e suocero del figlio di Caro, Numeriano.
Dobbiamo però considerare che Numeriano succede al padre come imperatore senza intoppi.
È proprio da questo momento, tuttavia, che le cose si fanno più strane e confuse.
Lungo la via del ritorno dalla Persia, infatti, in Asia Minore Numeriano viene trovato morto nella sua carrozza, nella quale era rimasto chiuso per giorni interi per via di un’infezione agli occhi – la stessa che lo avrebbe ucciso.
Qui non sappiamo se nella morte di Numeriano sia in realtà coinvolto qualcuno, che sia Arrio Apro o Diocle (e ricordiamo anche che, secondo alcuni resoconti, Numeriano sarebbe stato invece catturato e scuoiato a seguito di una battaglia contro i Persiani, come Valeriano molti anni prima).
Ma quel che è certo è che proprio in questo momento Diocle scopre finalmente le sue carte e passa all’azione: il momento è perfetto, e certamente il dalmata ha progettato da molto tempo l’opportunità per la sua presa del potere, insieme ad altri ufficiali.
Sono proprio questi infatti a deliberare che sarà Diocle a dover succedere a Numeriano – e questo nonostante ci sia già un legittimo erede al trono: Carino, fratello maggiore di Numeriano e già augusto.
Riunito l’esercito, Arrio Apro viene arrestato, con l’accusa di aver assassinato Numeriano, e condotto in catene di fronte alle truppe. Diocle giura di non aver avuto parte nella morte di Numeriano, e prima che Arrio Apro possa parlare, viene passato a fil di spada da Diocle in persona.
L’esercito proclama così Diocle augusto, e Diocle stesso decide di cambiare il suo nome nel più latinizzante “Diocleziano”, il nome con il quale è passato alla Storia.
Ora, l’esecuzione sommaria di Apro e la dichiarazione di Diocle non indica necessariamente che quest’ultimo sia responsabile della morte di Numeriano, che potrebbe essere effettivamente morto di malattia.
Ma non è da escludere che almeno girassero voci su una morte non naturale, e che Diocle le abbia sapientemente sfruttate a suo vantaggio.
Dopo la proclamazione a imperatore, resta solo da sistemare l’ultimo discendente di Caro, il figlio Carino, che ha intanto (giustamente) dichiarato Diocleziano un usurpatore e gli ha mosso guerra.
Lo scontro decisivo tra i due avviene nella moderna Serbia, sul fiume Margus, nel 285.
Carino ha un esercito più grande di quello di Diocleziano, ma ciò non serve a nulla, poiché viene assassinato, prima o all’inizio dello scontro, da uno dei suoi ufficiali, che lo ha tradito – quasi certamente il suo prefetto del pretorio Aristobulo, che è stato comprato da Diocleziano.
Sconfitto l’esercito di Carino e liberatosi di Carino stesso, ora Diocleziano può reclamare lo scettro imperiale.
Uno scettro che manterrà fino alla sua volontaria abdicazione (caso unico nella Storia romana), nel 305 – facendo di questo ambizioso soldato, figlio di un liberto, uno dei più longevi imperatori del III secolo, nonché colui che porrà fine all’anarchia militare.
Bibliografia essenziale
Fonti
Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus
Historia Augusta
Studi
T.D. Barnes 1982, The New Empire of Diocletian and Constantine
M. Cappelli 2021, Per un pugno di barbari
W. Treadgold 1997, A History of the Byzantine State and Society