Quando si parla dell’Italia della fine del VI e dell’inizio del VII secolo, siamo usualmente portati a credere che il Papa fosse detentore già di un potere e di un’autonomia che lo portarono naturalmente a distaccarsi dall’impero.
Ciò però non corrisponde al vero, e anzi: fino almeno alla metà del VII secolo, il potere dell’imperatore in Italia, espresso attraverso l’esarco d’Italia, con sede a Ravenna, era indiscusso e assoluto.
Questo è provato in modo eccellente dalla vicenda del 𝘤𝘩𝘢𝘳𝘵𝘶𝘭𝘢𝘳𝘪𝘶𝘴 Maurizio.
Questo personaggio (un funzionario non meglio specificato) emerge nelle fonti per la prima volta nel 640, quale istigatore dell’𝘦𝘹𝘦𝘳𝘤𝘪𝘵𝘶𝘴 𝘙𝘰𝘮𝘢𝘯𝘶𝘴, le truppe stanziate a Roma, contro la curia.
Maurizio aveva convinto infatti i soldati non solo che il tesoro lateranense fosse troppo ingente, ma che proprio per questo lì vi fossero trattenute le paghe che aspettavano da mesi.
Il 𝘤𝘩𝘢𝘳𝘵𝘶𝘭𝘢𝘳𝘪𝘶𝘴 istigò talmente bene i soldati (“dal più giovane al più vecchio”, riporta il 𝘓𝘪𝘣𝘦𝘳 𝘗𝘰𝘯𝘵𝘪𝘧𝘪𝘤𝘢𝘭𝘪𝘴) che papa Severino, in realtà non ancora consacrato (serviva, all’epoca, l’approvazione imperiale) e la curia furono costretti ad asserragliarsi nell’episcopio per tre giorni, fino all’arrivo di Isacio, l’esarco più famoso.
E Isacio, del resto, non era venuto a salvare la situazione, ma a ribadire proprio al papa la sua autorità e quella dell’imperatore, Eraclio.
Infatti, dietro alla rivolta della guarnigione di Roma al pontefice ci deve essere stata proprio la mano di Isacio.
Severino si era rifiutato apertamente di accettare l’𝘌𝘬𝘵𝘩𝘦𝘴𝘪𝘴, un editto che si proponeva di risolvere le dispute cristologiche in corso tramite l’affermazione della fede monotelita.
Al diniego di Severino, era stato orchestrato l’ammutinamento delle truppe romane. Il tesoro della curia fu in parte confiscato da Isacio stesso, in parte spedito all’imperatore. Solo in quel momento, ergendosi quale autorità suprema, l’esarco consacrò Severino a pontefice. Dopodiché, tornò a Ravenna.
Isacio, con l’aiuto di Maurizio, aveva mostrato al papa che non era il caso di mettersi contro l’imperatore.
Ma nemmeno contro l’esarco stesso, come scoprì Maurizio poco dopo.
Infatti, per motivi che dalle fonti non sono del tutto chiariti, Maurizio si ribellò a Isacio, forse con la speranza, seguendo le orme dell’esarco Eleuterio, di rovesciare Isacio e prendere addirittura la porpora (alcuni termini usati nel 𝘓𝘪𝘣𝘦𝘳 𝘗𝘰𝘯𝘵𝘪𝘧𝘪𝘤𝘢𝘭𝘪𝘴 lo farebbero supporre).
La fase iniziale della sedizione ebbe successo, poiché Maurizio riuscì a portare dalla sua la guarnigione romana e ad assicurarsi il controllo delle fortezze circostanti l’Urbe.
Ma fu una ribellione che ebbe appena tempo di nascere.
Isacio infatti inviò il 𝘮𝘢𝘨𝘪𝘴𝘵𝘦𝘳 𝘮𝘪𝘭𝘪𝘵𝘶𝘮 Dono con delle truppe verso Roma. Non dovettero nemmeno giungere a destinazione: alla notizia che l’esarco inviava soldati, l’esercito di Roma abbandonò immediatamente Maurizio, lasciandolo solo.
Maurizio si rifugiò nella chiesa dedicata alla 𝘣𝘦𝘢𝘵𝘢 𝘔𝘢𝘳𝘪𝘢 𝘢𝘥 𝘗𝘳𝘢𝘦𝘴𝘦𝘱𝘦 (ovvero Santa Maria Maggiore a Roma), ma il potere dell’esarco oltrepassava anche il diritto di asilo.
Maurizio fu prelevato, decapitato nei pressi dell’odierna Cervia e la sua testa esposta da Isacio in persona nel circo di Ravenna.
Un tremendo monito al fatto che, almeno fino alla metà del VII secolo, il potere dell’esarco e, di conseguenza, il potere imperiale, erano assoluti e, almeno nei propri territori, ben saldi.

Reenactor Numerus Italorum
Letture consigliate (clicca i link qui sotto per acquistare la tua copia del libro)
A. Lonardo 2012, Il potere necessario. I vescovi di Roma e il governo temporale da Sabiniano a Zaccaria (604-752)
G. Ravegnani 2011, Gli esarchi d’Italia