Tra i più valenti avversari di Cesare, il suo ex legato Tito Labieno è certamente uno dei più temibili.
Cesare se ne rende pienamente conto durante una delle numerose occasioni durante le quali lo incontra sul campo di battaglia, a Ruspina (Nord Africa), nel 46 a.C.
In una spedizione di ricognizione con un esercito ridotto (30 coorti di legionari, ovvero circa 9000 uomini, 400 cavalieri e 150 arcieri), Cesare viene sorpreso da un veloce attacco di Labieno.
Il comandante ottimate attacca il suo ex comandante con una forza numericamente superiore (almeno 11-12.000 uomini), composta in gran parte dalla terribile cavalleria numida.
I legionari di Cesare resistono caparbiamente agli assalti, subendo numerose perdite e senza riuscire a inseguire il nemico (Cesare stesso ordina che i soldati non vadano più lontano di quattro passi dalle insegne), né a colpirlo con i pila.
Tra questi legionari, vi sono anche quelli della Decima legione, la favorita di Cesare.
La Decima, che forse già esiste quando Cesare ne prende il comando nel 58 a.C., lo ha seguito in tutte le sue campagne, dalla conquista della Gallia alle guerre civili.
Ma non senza scossoni. Nel 47 a.C., solo un anno prima, la Decima si è ribellata (mettendo in pericolo addirittura Roma) perché non ha ricevuto il tanto aspirato, e promesso, congedo.
Ma grazie al suo carisma e all’ascendente sui legionari, Cesare è addirittura riuscito a far sì che i legionari della Decima lo implorino di guidarli in una nuova campagna.
Coloro che hanno guidato l’ammutinamento vengono risparmiati, ma vengono ora messi in prima linea continuamente, nei luoghi più pericolosi.
La Decima combatte con grande valore, per riguadagnare appieno la fiducia del suo comandante, ma finisce accerchiata insieme al resto della forza cesariana, composta in buona parte da reclute.
Labieno, con grande coraggio, comanda i suoi uomini dalla prima linea, a capo scoperto, tanto incitando i suoi quanto rivolgendosi ai legionari di Cesare: chiede loro, chiamandoli in modo denigratorio “reclute”, perché stiano combattendo con Cesare e non con lui.
E’ allora che un legionario di Cesare esce dalle fila e grida a Labieno: “Io non sono una recluta, Labieno, ma un veterano della Decima legione!”
“Non vedo gli stendardi della Decima”, risponde Labieno.
Al che, il soldato si toglie l’elmo per farsi riconoscere e replica: “Adesso saprai chi sono!”.
L’anonimo legionario scaglia il suo pilum proprio al centro del petto del cavallo di Labieno, che stramazza a terra.
Cesare non è in grado di vincere la battaglia di Ruspina, ma riesce a disimpegnarsi con una serie di manovre che gli consentono di portare in salvo sé stesso e i suoi uomini di nuovo al riparo delle fortificazioni.
Una ritirata in buon ordine possibile non solo grazie all’acume tattico di Cesare, ma anche e soprattutto grazie alla tempra di veterani come quelli della Decima, che riescono a far reggere anche le reclute.
La Decima (e chissà, forse anche il veterano che ha abbattuto il cavallo di Labieno) parteciperà insieme a Cesare anche a Tapso e alle ultime battaglia della guerra civile contro gli Ottimati, fino alla morte di Labieno pochi anni dopo.
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Fonti (clicca i link qui sotto per acquistare la tua copia del libro)
Cesare, De Bello Africo