
Quando un rievocatore combatte, sta compiendo un rito sacro.
Le battaglie rievocative sono spettacoli, intrattenimento, divertimento, anche per i rievocatori storici coinvolti. Tutto sommato un gioco, o uno sport.
In realtà, però, sono molto più di questo, anche se a volte non se ne rendono conto nemmeno i rievocatori stessi.
Osservate i rievocatori prepararsi alla battaglia, al duello, allo scontro imminente.
Osservate come cambiano. Il loro sguardo cambia, l’espressione cambia, persino la loro gestualità è diversa. Vedrete come il loro respiro sia mutato.
Sarà tutto simulato, sarà un gioco, sarà spettacolo. Eppure, improvvisamente, tutto acquista una solennità che fino a prima non c’era.
I rievocatori non se ne accorgono consciamente, ma stanno prendendo parte a un rito. Un rito nel quale si riporta in vita il respiro di chi era su quel campo, il sangue che ribolliva nelle vene e che è stato versato, le urla e lo scontro di legno, ferro, carne.
Cola di nuovo il sudore lungo i muscoli, sale di nuovo l’adrenalina, tutti i sensi sono tesissimi.
Il rievocatore sa che non sta per morire, eppure rivive tutto questo. È consapevole di correre qualche rischio, ma ha stretto un tacito patto con sé stesso e con gli altri rievocatori: è parte del rito.
All’improvviso, poi, il rito finisce, e il rievocatore torna in sé. Ci si siede assieme, a parlare e a ricordare il rito.
Sotto la pelle, però, il rievocatore freme, perché sa. Sa che, anche se dovrà aspettare ancora, come ogni rito che si rispetti, prima o poi anche questo si ripeterà.
E non vede l’ora di esserne di nuovo parte.