Il 216 a.C. è legato in modo ormai indissolubile alla battaglia di Canne, una delle peggiori sconfitte della Storia romana.
Ma pochi ricordano che nello stesso anno, a pochi giorni di distanza, avviene un altro disastro militare romano, per mano dei Galli Boi.
Mentre Lucio Emilio Paolo, console per il 216 a.C., scende a Canne per incontrare il suo destino, in Gallia Cisalpina viene inviato Lucio Postumio Albino (pretore e console designato per il 215 a.C.), con l’incarico di ridurre a più miti consigli i Galli Boi, che si erano uniti ad Annibale e alla sollevazione della quasi totalità dei Celti in Pianura Padana.
Al comando di due legioni e di un numeroso contingente di alleati reclutati dalle coste dell’Adriatico, per un totale di 25.000 uomini, Albino si mette in marcia verso nord.
Non si sa esattamente che strada prende Albino per giungere nel territorio dei Boi, oggi grossomodo nei territori dell’Emila-Romagna nei dintorni di Bologna (allora “Bononia”).
Albino, per motivi che non ci sono noti, seguendo la strada presente allora (la Via Emilia deve ancora essere edificata), si ritrova ad attraversare una grande foresta, che i Galli Boi chiamano “Litana”, in una località ancora oggi non precisamente identificata, nei pressi di un fiume.
Qui, i Galli sono in agguato.
L’esercito di Postumio Albino è colto totalmente di sorpresa, quando gli alberi iniziano a cadere addosso a uomini e animali.
I Boi hanno segato e segnato i tronchi in modo tale che gli alberi stiano ancora in piedi, ma che possano cadere alla loro minima spinta.
Questo avviene lungo tutta la colonna: la maggior parte dell’esercito romano perde la vita nel crollo degli alberi. Quando i Celti spuntano dalla foresta lanciandosi sulle legioni e sugli ausiliari, questi sono troppo sbigottiti per reagire con efficacia, venendo massacrati.
Alcuni legionari tentano di mettersi in salvo attraversando un ponte che stava nei pressi della foresta, ma invano. I Galli infatti hanno circondato il perimetro esterno della Selva Litana.
Solo dieci soldati riusciranno a fuggire.
Postumio Albino muore da valoroso, combattendo per non farsi catturare vivo.
La sua testa sarà spiccata dal busto, portata nel santuario più caro ai Boi e poi, placcata in oro, usata per libagioni agli dèi.
Finita la battaglia, i Celti fanno grande bottino tra i cadaveri e tra i pochi animali sopravvissuti.
A Roma, dove è stata annunciata da poco Canne, la notizia della disfatta totale alla Selva Litana lascia tutti costernati.
Ma il Senato, nonostante queste sconfitte disastrose, riprende in mano le redini dell’Urbe e decide di non desistere dalla lotta, concentrando tutto contro Annibale.
La guerra contro i Galli viene per il momento ignorata, ma solo rimandata.
Come sintetizza Livio, infatti: “[…] la guerra contro i Galli si poteva senza pericolo tralasciare e differire, ché gli dèi e il popolo romano avrebbero sempre avuto il modo di prendere vendetta di quel tradimento.”

Fonti (clicca i link qui sotto per acquistare la tua copia del libro)
Tito Livio, Ab Urbe Condita