Dopo un viaggio compiuto in diverse province dell’impero, tra 388 e 390, il poeta Decio Magno Ausonio decide di comporre un poemetto celebrativo di quelle che, secondo lui, sono le più importanti città dell’impero.
Il poemetto è oggi noto come “Ordo Urbium Nobilium” (Ordine delle città celebri), anche se nei secoli è stato pubblicato con diversi titoli.
Ausonio stila così una “classifica” delle venti città dell’impero romano del suo periodo che considera le più importanti o prestigiose – alcune città sono tra loro messe sullo stesso piano.
Nella mappa sono disposte e numerate così come compaiono nel poema.
Si tratta naturalmente di una classifica soggettiva, come si evince anche dalla concentrazione di città nominate per l’Occidente (Ausonio è nativo di Burdigala, e Teodosio della Spagna) e della scarsità di quelle orientali – mancano, per esempio, moltissime città dell’Illirico e della Tracia.
Possiamo anche supporre che il viaggio di Ausonio abbia toccato più località dell’Occidente che non dell’Oriente, aiutandolo così a formare la sua lista.
Cinque città sono presenti per la Gallia da sola (definita “potente nelle armi”), quattro per la Spagna e sei per l’odierna Italia (quattro per lo stivale e due per la Sicilia, che storicamente ha sempre fatto capo a sé).
Che alcune città siano inserite solo per il loro prestigio è esplicitato anche dal testo del poema. Una tra tutte è Aquileia che, pur avendo un’importanza enorme, Ausonio dichiara essere al nono posto e non più in basso per la sua recente fedeltà dimostrata a Teodosio – solo una decina di anni prima, proprio ad Aquileia era terminata l’usurpazione di Magno Massimo.
Tra le altre cose, l’Ordo Urbium Nobilium è anche un manifesto del sentimento di romanità e del sentimento di appartenenza a Roma.
Infatti Roma, nominata al primo posto semplicemente come “aurea Roma, casa degli dèi”, torna anche quando Ausonio menziona Burdigala (odierna Bordeaux), la sua città natale.
Queste, infatti, le sue parole:
“Questa è la mia patria. Ma Roma supera tutte le patrie. Amo Burdigala, ma venero Roma.”
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