“È il giorno della morte, che dà alla vita il suo valore”, dicevano in un celebre film.
E se ciò è vero, lo è sicuramente per quanto concerne i due ultimi difensori di Costantinopoli: il capitano genovese Giovanni Giustiniani Longo, e Costantino XI Paleologo, l’ultimo imperatore romano. Tuttavia, l’incertezza e l’oscurità aleggiano sugli ultimi minuti di queste due figure.
Tutte le fonti in nostro possesso che parlano dell’ultimo assedio sono infatti spesso in forte discrepanza discrepanza tra di loro, nel tracciare le ferite mortali che portarono questi due condottieri, e la città di Costantinopoli, alla loro fine. Un problema dovuto al fatto che gli autori delle fonti scritte non vi sono testimoni oculari di nessuno dei due eventi.

La ferita mortale di Giovanni Giustiniani
Come è noto, le difese della Regina delle Città crollarono quando il comandante supremo della difesa terrestre, il capitano genovese Giovanni Giustiniani Longo, abbandonò il suo posto presso Porta San Romano per fuggire dalla città.
Il 29 maggio 1453, quest’azione fu senza alcun dubbio il punto di non ritorno. È anche universalmente noto che Giustiniani lasciò il posto, o fu portato via dai suoi, a seguito di una o più ferite. Ferite, del resto, mortali: sappiamo infatti che morì proprio a causa di queste pochi giorni dopo, poco più che trentenne, sull’isola genovese di Chio.
La natura esatta della sua ferita, o delle sue ferite, è purtroppo sconosciuta. Ciò non tanto perché le fonti non ne parlino, ma per l’esatto contrario. Vi è una sovrabbondanza di testimonianze sulla ferita fatale di Giustiniani, che solo parzialmente combaciano tra loro. La maggior parte di queste fonti parlano solo genericamente di ferite, spesso senza specificarne la natura o in che parte del corpo (in altri casi, specificano solo una delle due cose).
Solo due fonti non citano per niente la ferita di Giustiniani come causa della sua fuga: Niccolò Barbaro e Antonio Ivani. In questi due casi, la testimonianza potrebbe essere falsata, per volontario discredito verso il genovese (entrambi gli autori sono infatti veneziani).
Leonardo di Chio, la Cronaca Altinate e un commento a margine del diario di Niccolò Barbaro, scritto da una seconda mano, parlano espressamente di una ferita da freccia. Leonardo riporta che Giustiniani fu ferito sotto l’ascella, mentre la Cronaca Altinate riferisce di una ferita alla mandibola. Il commento a Barbaro non descrive dove il capitano rimase ferito. Per questi cronachisti, Giustiniani fuggì poiché preso dalla paura, dopo aver visto il sangue sgorgare copioso dalla sua ferita.
Lo Pseudo-Sfranze riporta la ritirata per lo stesso motivo, anche se è l’unico a parlare di una qualche ferita alle gambe, e nello specifico al piede destro.
Altre fonti parlano di una ferita causata da un proiettile di arma da fuoco. Ubertino Pusculo parla di una ferita al braccio, mentre Eparkhos e Diplovatatzes riferiscono soltanto di una generica ferita da arma da fuoco. Jacopo Tetaldo riferisce di una ferita in una parte imprecisata del corpo causata da una colubrina. Giustiniani in questo caso si allontana dal campo per cercare un medico, ma apparentemente senza mettere nessuno al suo posto e senza avvisare i suoi. Questi, presi dal panico credendo che Giustiniani fosse scappato, abbandonarono i loro posti.
La testimonianza più interessante in tal senso, dove è ripreso anche l’allontanamento per cercare un medico, è forse quella di Nestor-Iskander, che gli studi più recenti vorrebbero tra i testimoni oculari dell’assedio. Insieme a Sagundino, Nestor-Iskander è l’unico che parla in modo esplicito di due ferite. Un primo colpo di colubrina avrebbe colpito Giustiniani sul pettorale dell’armatura, fracassandogli lo sterno e facendolo cadere a terra. I suoi dovettero accompagnarlo presso la sua abitazione per farlo curare. Qui perse i sensi appena tentarono di sistemare la ferita. Riavutosi, Giustiniani avrebbe ordinato di essere di nuovo portato sul campo di battaglia, dove però sarebbe stato colpito da un secondo proiettile, alla spalla destra. Con il secondo colpo “cadde a terra come morto”, e fu infine portato via dai suoi, causando la fuga dei suoi uomini.
Infine, Cristoforo Riccherio menziona una sola ferita, e alla schiena, ma unico tra tutti racconta di un caso di fuoco amico. Un errore, poiché il colpo sarebbe stato diretto al nemico al suo fianco. Anche in questo caso, Giustiniani si sarebbe allontanato per cercare un medico, però ponendo uno dei suoi al comando della difesa.
La concordanza tra le fonti sembra essere solo su una grave ferita al corpo inferta da distanza e non durante un combattimento corpo a corpo, ferita che avrebbe causato l’allontanamento dal campo di battaglia.
Sembra realistico ipotizzare che dopo aver subito una prima grave ferita, alla parte alta del corpo (braccio, spalla, petto), Giustiniani abbia deciso di allontanarsi dal campo di battaglia per cercare un medico. Se la ferita fosse stata debilitante, non avrebbe potuto proseguire lo scontro. Non è improbabile che il genovese sia quindi tornato sul campo di battaglia, ma solo per assistere al crollo definitivo della difesa, causato anche dal suo allontanamento, e per ricevere forse una seconda ferita. A questo punto, avrebbe definitivamente abbandonato il suo posto per lasciare la città.
Per quanto la scelta sia stata dettata probabilmente sia dalla situazione della battaglia che dalle condizioni fisiche di Giustiniani, la scelta del capitano genovese di abbandonare il campo ha offuscato in modo indelebile il coraggio e la determinazione mostrati per tutti i giorni dell’assedio. È a questo punto, se non già al primo allontanamento, che entra in scena il secondo, grande protagonista del 29 maggio 1453: Costantino XI.
Costantino, alla notizia che Giustiniani si stava allontanando dal campo di battaglia (che fosse alla prima o alla seconda occasione, non sappiamo), si precipitò a cavallo presso Porta San Romano, tentando invano di convincere il capitano a rimanere.
Non passò molto tempo prima che una cinquantina di Turchi riuscissero a penetrare a Costantinopoli attraverso la Kerkoporta: una postierla che, nel caos della battaglia, forse a seguito di una sortita, era rimasta aperta. Questi cinquanta scalarono una delle torri di difesa e vi issarono la bandiera del Sultano.
La città era presa. Tutto era perduto.
Nonostante i tentativi di Costantino di esortarli a combattere, i difensori iniziarono a fuggire e ad abbandonare i loro posti. Proprio presso Porta San Romano, dove il combattimento proseguiva più ferocemente che altrove, Costantino XI fu visto vivo per l’ultima volta.
Come l’ultimo imperatore esattamente sia morto, tuttavia, non lo sappiamo con certezza. Le fonti non sono coerenti tra loro, anche perché non esiste, tra queste, una che riporti le parole di un testimone oculare. Come nel caso di Giustiniani, bisognerà quindi ricostruire la sequenza degli eventi.
Leonardo di Chio e una nota al testo di Niccolò Barbaro riportano che l’imperatore, rendendosi conto della fine ormai certa, avesse chiesto ai suoi compagni di ucciderlo, probabilmente per non finire in mano ai Turchi. Nessuno però ebbe il coraggio di farlo. Per entrambe le fonti, Costantino finì in mezzo alla mischia, cadde una prima volta, si rialzò per poi cadere definitivamente una seconda, sparendo alla vista. Niccolò Barbaro riporta inoltre che, in realtà, a un certo punto nessuno sapeva più dove fosse finito l’imperatore, e che circolassero anche voci sul fatto che si fosse impiccato.
La descrizione più bella ed eroica della morte di Costantino, anche se non sappiamo quanto totalmente veritiera, ce la fornisce la cronaca dell’assedio dello Pseudo-Sfranze (che, nel materiale spurio, contiene probabilmente anche parte del testo originale di Sfranze, il più fidato amico dell’imperatore). Vale la pena riportarla per intero.
“Quando il mio sfortunato signore e imperatore vide cosa stava succedendo, implorò Dio con le lacrime agli occhi, e spronò i suoi soldati a essere coraggiosi. Non vi era speranza di aiuto o soccorso. Spronò il suo cavallo e raggiunse il punto dove i Turchi erano più numerosi. Combatté come Sansone contro i Filistei. Col suo primo assalto li respinse scagliandoli dalle mura, ed era uno strano e meraviglioso spettacolo per coloro che poterono assistere. Ruggendo come un leone e brandendo la spada nella mano destra, massacrò moltissimi nemici; il sangue scorreva a fiumi dalle sue mani e dai suoi piedi.”
Sfranze riporta anche le gesta di coloro che combatterono al fianco di Costantino: Don Francisco da Toledo (che proclamava di essere cugino di Costantino), Teofilo Paleologo (che era davvero cugino di Costantino), e Giovanni Dalmata.
“Due e tre volte furono attaccati e ci fu battaglia; mettevano gli infedeli in fuga, ne uccidevano una moltitudine, e ne scagliavano altri dalle mura. Fecero un gran massacro di nemici, prima di essere a loro volta uccisi. […]”
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Solo due fonti turche, Tursun Beg e Ibn Kemal, riportano invece che Costantino sarebbe stato ucciso mentre tentava la fuga, seppur caricando i suoi nemici.
Sempre dallo Pseudo-Sfranze, sappiamo che il Sultano avrebbe chiesto del corpo dell’imperatore, che venne riconosciuto tra i cumuli di morti solo per le aquile dorate presenti sugli schinieri e sulle scarpe dell’imperatore.
Come l’ultimo imperatore sia morto esattamente, tuttavia, non è chiaro.
Moltissime delle fonti riportano che sicuramente la testa dell’imperatore fu spiccata dal corpo, ma queste sono discordanti tra loro nel riportare se ciò sia successo durante il combattimento, o quando l’imperatore era già morto.
Isidoro di Kiev riporta che la testa di Costantino, una volta trovato il corpo, fu consegnata a Maometto, che la riportò come trofeo ad Adrianopoli. Un simile resoconto è riportato da Benvenuto di Ancona, che sostiene che la testa di Costantino fu tagliata dal cadavere, infilzata su una lancia e portata al Sultano.
Secondo il diario del cosiddetto “giannizzero polacco” (in realtà un uomo del contingente serbo del Sultano), Costantino sarebbe stato decapitato in combattimento da un giannizzero, che avrebbe portato la testa a Maometto II, ricevendo per questo una ricompensa dal Sultano.
Anche secondo Tursun Beg e Ibn Kemal, a Costantino sarebbe stata mozzata la testa durante il combattimento, ma senza che i Turchi si rendessero conto di chi fosse.
Dalla lettura delle fonti, è unanime che Costantino XI sia morto in combattimento, quasi sicuramente nei pressi di Porta San Romano, dopo che nessuno dei suoi se l’era sentito di ucciderlo, come aveva implorato. È inoltre molto probabile che sia riuscito effettivamente a organizzare intorno alla sua persona un’ultima, disperata resistenza, e che questa sia stata sopraffatta dopo due o tre assalti dei Turchi.
È anche quasi certo che il dettaglio della sua testa mozzata, presentata a Maometto II, sia veritiero. L’ipotesi più probabile è che il corpo sia stato decapitato dopo la morte.

Un dubbio destinaro a rimanere tale
Una risposta chiara e definitiva sulle ferite mortali di Giustiniani e sulla morte di Costantino XI è quasi impossibile da ottenere.
Gran parte del fascino generato dagli ultimi due difensori di Costantinopoli deriva molto probabilmente proprio da quest’alone di dubbio e incertezza (mistero, se vogliamo) che avvolge le due figure.
Tuttavia, se Giustiniani è ricordato, forse ingiustamente, in modo ambiguo e contraddittorio per aver abbandonato il suo posto, o per essere stato costretto a farlo, Costantino XI è rimasto in modo molto più chiaro e limpido nella memoria dei posteri.
Costantino XI, figura drammatica e allo stesso tempo imponente, non può non esercitare in noi contemporanei fascino e ammirazione. Un uomo che, portando sulle spalle la responsabilità consapevole e l’eredità di duemila anni di Storia romana, è morto onorando tale eredità e lasciando alla Storia il ricordo eroico dell’impero romano e del suo ultimo imperatore.
Bibliografia
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